Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 4 settembre 2019, n. 6095.
La massima estrapolata:
Con la soppressione delle Unità Sanitarie Locali e l’istituzione delle Aziende U.S.L., non si è verificata una successione a titolo universale delle seconde nei rapporti giuridici di cui erano titolari le prime in quanto, mediante l’art. 6, comma 1, della l. 23 dicembre 1994, n. 724 e l’art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, sono state individuate nelle “gestioni liquidatorie” affidate ai Direttori generali delle Aziende USL, l’attività di accertamento delle obbligazioni degli Enti soppressi da quella relativa alle Aziende di nuova istituzione. Le Regioni hanno attribuito le funzioni di Commissari liquidatori ai Direttori generali delle Aziende U.S.L. Questi, tra l’altro, amministrano e liquidano le situazioni debitorie delle U.S.L. esistenti alla data di subentro delle nuove Aziende. Fino a quando non si disporrà con un provvedimento specifico l’estinzione delle gestioni liquidatorie, già gestioni stralcio, la legittimazione processuale spetta soltanto ad esse, perché, pur essendo prive di personalità giuridica e agendo nell’interesse e per conto dell’Ente regionale, hanno un’autonomia funzionale, amministrativa e contabile e una propria capacità processuale, sia pure limitata alla gestione.
Sentenza 4 settembre 2019, n. 6095
Data udienza 25 luglio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10658 del 2018, proposto da
Asl n. 2 Pentria in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Ri. Pa. Fo., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;
nei confronti
Regione Molise, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, non notificata e depositata in data 8 maggio 2018, con cui era accolto il ricorso e per l’effetto era condannata la Gestione Liquidatoria ex ASL Pentria N.2, al risarcimento del danno in favore del ricorrente oltre alla refusione in favore del ricorrente, delle spese di lite;
e, per quanto riguarda l’appello incidentale presentato il 15 gennaio 2019:
in riforma dell’appellata sentenza, condannare la Gestione liquidatoria della ASL n. 2 Pentria in persona del Commissario liquidatore, nonché per essa, la Regione Molise, in persona del Presidente della Giunta Regionale, domiciliata presso l’Avvocatura Generale dello Stato, disgiuntamente o in solido tra loro, al pagamento della maggior somma dovuta a titolo di danno biologico e di danno estetico;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Molise;
Visto l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dall’appellato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 luglio 2019 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati Ri. Pa. Fo., Ri. Ma. e l’Avvocato dello Stato Is. Pi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
I – Con il ricorso in appello indicato in epigrafe, la ASL appellante chiede l’annullamento della sentenza di primo grado.
A tal fine espone il lungo iter giudiziario che ha caratterizzato il presente contenzioso.
In seguito al riconoscimento della causa di servizio da parte della Commissione Medica, l’originario
ricorrente, nel 2000, proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Molise, volto ad ottenere il risarcimento del danno biologico. In quel giudizio si costituiva l’Azienda Sanitaria Locale n. 2 la quale, nulla eccependo in merito alla giurisdizione, chiedeva il rigetto del ricorso per essere stato il ricorrente – a suo dire – integralmente risarcito grazie all’erogazione dell’equo indennizzo.
Con sentenza n. -OMISSIS- del 2002, il giudice amministrativo di primo grado dichiarava il proprio difetto di giurisdizione ritenendo che la cognizione spettasse al giudice ordinario.
Tale decisione veniva impugnata dal ricorrente dinanzi al Consiglio di Stato, che, con ordinanza n. -OMISSIS- del 2003 respingeva l’istanza cautelare di sospensione degli effetti della pronunzia, attesi anche i profili di difetto di giurisdizione.
Nel giudizio dinanzi al Consiglio di Stato la ASReM restava contumace.
A fronte di tali pronunce il ricorrente, con nota del 18 maggio 2007, procedeva alla richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c..
Poiché tale fase stragiudiziale non andava a buon fine, per mancata comparizione dell’Amministrazione, lo stesso depositava ricorso dinanzi al Tribunale di Isernia notificandolo quindi alla ASReM-Zona Territoriale di Isernia, in persona del Commissario liquidatore ed alla ASReM di Campobasso.
Si costituivano entrambe le Amministrazioni.
La ASReM-Zona Territoriale di Isernia eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva ed
entrambe le Amministrazioni convenute eccepivano:
1) l’improcedibilità del ricorso; 2) la prescrizione del diritto azionato; 3)l’infondatezza della
domanda; 4) l’inammissibilità del quantum richiesto.
Con sentenza n. -OMISSIS- del 13 il Tribunale, definitivamente pronunciando, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, ritenendo la natura contrattuale della responsabilità del datore di lavoro per violazione del principio di cui all’art. 2087 c.c..
Veniva, quindi, proposto ricorso in Cassazione per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione, definito con sentenza delle Sezioni unite, n. -OMISSIS- del 2014.
Il ricorrente, quindi, con ricorso in riassunzione notificato in data 20 gennaio 2015, chiedeva al
Tribunale amministrativo regionale per il Molise la condanna della ASReM di Campobasso e della ASReM -Zona Territoriale di Isernia al risarcimento dei danni subiti per aver contratto il virus -OMISSIS-, nel corso del contratto di lavoro presso l’Ospedale -OMISSIS-.
Con sentenza n. -OMISSIS- del 2015, il Tribunale respingeva il ricorso ritenendo fondata l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione e comunque quella di prescrizione del diritto per difetto di prova in ordine all’evento interruttivo allegato dal ricorrente.
Il ricorrente, quindi, con nuovo ricorso notificato il 19 gennaio2016, invocando le favorevoli conclusioni della CTU espletata nel corso del giudizio dinanzi al Giudice del lavoro, proponeva domanda nei confronti della ASReM-Gestione liquidatoria della disciolta ASL N. 2 Pentria, la quale si costituiva eccependo la prescrizione del diritto azionato e, comunque, l’infondatezza della domanda nel merito.
Il giudizio si concludeva con la sentenza qui appellata per i motivi di seguito indicati.
1) Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2945, co.3 c.c., in quanto il ricorrente ha avuto conoscenza e consapevolezza della malattia fin dal settembre del 1990, non potrebbe dunque essere condivisa la tesi avversa secondo cui il termine per l’esercizio del diritto decorrerebbe dal riconoscimento della malattia per causa di servizio effettuato dalla Commissione Medica Ospedaliera in data 11 ottobre 1995.
A nulla varrebbe, come interruzione della prescrizione, la richiesta inviata con posta raccomandata in data 8 agosto 2000. Tale atto, mai depositato nei precedenti giudizi, dimostrerebbe – asseritamente – l’avvenuta spedizione in data 2 agosto 2000 di una busta raccomandata postale all’ASL n. 2 Pentria, ma non anche che il contenuto della busta fosse la nota in questione. Il ricorrente, successivamente a tale diffida, avrebbe proposto unicamente il ricorso in data 15 settembre 2000 conclusosi con la sentenza n. -OMISSIS-/2002, declinatoria della giurisdizione. Erroneamente il Tribunale di prime cure avrebbe inteso che il termine di prescrizione sarebbe cominciato a decorrere di nuovo dalla dichiarazione di perenzione del 20 settembre 2011, poiché la pronuncia di perenzione di un ricorso non costituisce una decisione di merito, bensì un
provvedimento estintivo del giudizio che incide soltanto sul rapporto processuale tra le parti in
causa; solo nel 2016 la Gestione Liquidatoria della ex ASL N.2 Pentria, sarebbe stata ritualmente convenuta in giudizio con la conseguenza che non essendo mai stata destinataria di atti interruttivi, il diritto del ricorrente dovrebbe pertanto ritenersi ampiamente prescritto essendo decorsi sedici anni;
2) Violazione di legge in relazione all’art. 2902 c.c., poiché come riportato nella sentenza impugnata il Tribunale di prime cure si era già pronunciato con la sentenza n. -OMISSIS-, che, oltre a dichiarare il difetto di giurisdizione, rigettava il ricorso anche nel merito.
3) Eccesso di potere per travisamento delle risultanze istruttorie e violazione di legge in relazione all’art. 20187 c.c. e al d.P.R. n. 547/1955, poiché dagli atti prodotti non risulterebbe il nesso di causalità tra gli eventi lesivi, dedotti dal ricorrente, e l’insorgere della patologia; in merito il ricorrente riferisce di essersi punto, durante l’espletamento del servizio, con aghi di siringhe non protetti e, questo avrebbe causato il contagio con il virus da -OMISSIS-, ma non sarebbe stato accertato che gli aghi siano stati utilizzati su pazienti affetti dal predetto virus con la conseguenza che – non essendo stata raggiunta alcuna certezza sul punto – nessuna responsabilità potrebbe essere ascritta all’Amministrazione convenuta; ed, ancora, l’esclusione della responsabilità dell’Azienda sarebbe provata dal fatto che i tre episodi riportati dal ricorrente risalgono rispettivamente al 1982 al 1986 ed al -OMISSIS- e, solo per quest’ultimo, si rinviene una dichiarazione nella quale si riporta che l’ago era stato utilizzato su paziente che in passato era stato affetto da -OMISSIS-, tuttavia il virus dell’-OMISSIS- era -OMISSIS- solo nel -OMISSIS-.
4) Erronea quantificazione del quantum, poiché il ricorrente avrebbe percepito l’equo indennizzo, nonché regolare stipendio e, successivamente, trattamento pensionistico anticipato con
riconoscimento di malattia e, quindi, ha, comunque, beneficiato di un trattamento economico
agevolato.
Si è costituito l’appellato proponendo, altresì, appello incidentale, eccependo i seguenti profili di inammissibilità :
1 – del ricorso per decorrenza dei termini dell’appello per intervenuta decorrenza del termine dei sei mesi;
2 – per intervenuta successione della Regione Molise nella posizione della Gestione liquidatoria ai sensi delle ll. reg. nn. 21/2008 e 22/2014.
Controdeduce l’infondatezza della eccezione di prescrizione, che peraltro, sarebbe stata definita con la sentenza non definitiva del Tribunale amministrativo regionale per il Molise n. -OMISSIS- del 20 marzo 2017.
Chiede ulteriormente la liquidazione del maggior danno a titolo di danno estetico.
Si è costituita in giudizio la Regione Molise per eccepire la nullità della notifica del ricorso di primo grado in quanto effettuata direttamente presso gli uffici della Regione e non dell’Avvocatura dello Stato; chiede, dunque, la reiezione dell’appello incidentale proposto dall’odierno appellato e la rilevazione dell’inammissibilità d’ufficio.
A seguito di ulteriore memoria dell’Amministrazione, con la quale si pone, peraltro, in luce che le voci di danno sono state tutte considerate dal CTU all’udienza pubblica del 25 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
II – La controversia che viene all’esame del Collegio è caratterizzata dalla complessità del giudizio durato molti anni anche a causa dell’incertezza in ordine alla giurisdizione, risolta con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. -OMISSIS- in data 7 ottobre 2014.
Ai fini della decisione è necessario porre in evidenza che:
– non sussistono dubbi sul fatto che l’appellato – seppure è venuto a conoscenza dell’esistenza della malattia in data 4 settembre 1990, solo nel 1995 – come di seguito specificato – ha avuto conoscenza piena della consistenza della stessa e della dipendenza dal servizio reso;
– non può essere in contestazione la dipendenza della patologia da causa di servizio, per come determinato dalla Commissione medica ospedaliera militare di Caserta con verbale dell’11 ottobre 1995;
– nel giudizio incardinato presso il Tribunale in primo grado l’appellato ha prodotto l’attestazione della cartolina di ricevimento del 7 agosto 2000 alla nota del 2 agosto 2000 prot. n. -OMISSIS- avente ad oggetto “richiesta di risarcimento del danno biologico il cui mittente è il sig. (omissis)” con copia del registro del protocollo generale della ASL Pentria (doc. 2 della produzione del 23 gennaio 2017);
– il giudizio era incardinato una prima volta dall’appellato presso il Tribunale amministrativo regionale per il Molise con ricorso iscritto al R.G. n. -OMISSIS- del 2000;
– siffatto giudizio era definito con sentenza n. -OMISSIS-/2002 con la quale il giudice amministrativo dichiarava il difetto di giurisdizione;
– a seguito del conflitto negativo di giurisdizione, la Suprema Corte cassava la predetta pronunzia con la sentenza cit. n. -OMISSIS- del 2012 (il giudizio di appello avverso la sentenza n. -OMISSIS-/2002 era dichiarato perento in data 20 settembre 2011);
– con ricorso in riassunzione notificato in data 20 gennaio 2015 l’appellato chiedeva al Tribunale amministrativa regionale per il Molise la condanna della A.S.Re.M di Campobasso e alla A.S.Re.M – zona territoriale di Isernia il risarcimento dei danni per aver contratto il virus dell’-OMISSIS-; tuttavia, con sentenza n. -OMISSIS- dell’11 settembre 2015 il Tribunale respingeva il ricorso ritendendo fondata l’eccezione di difetto di legittimazione;
– l’appellato proponeva un nuovo ricorso (quello deciso dalla sentenza oggetto di appello) in data 19 gennaio 2016 con notifica alla ASReM – Gestione liquidatoria della disciolta ASL n. 2 Pentria di Isernia subentrata alla disciolta ASL n. 2 Pentria.
III – Così posti in evidenza i punti salienti della vicenda, preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di tardività dell’appello, infatti, in estrema sintesi va rilevato che l’appellato non ha considerato nel contare il decorso del termine, la sospensione feriale di un mese.
IV – Quanto alla posizione della Regione va ribadita la costante giurisprudenza (v., ex plurimis, Cons. Giust. Amm. Sic., 2.7.2010, n. 968; Cons. Stato, sez. V, 26.1.2001, n. 275), secondo la quale, con la soppressione delle Unità Sanitarie Locali e l’istituzione delle Aziende U.S.L., non si è verificata una successione a titolo universale delle seconde nei rapporti giuridici di cui erano titolari le prime in quanto, mediante l’art. 6, comma 1, della l. 23 dicembre 1994, n. 724 e l’art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, sono state individuate nelle “gestioni liquidatorie” affidate ai Direttori generali delle Aziende USL, l’attività di accertamento delle obbligazioni degli Enti soppressi da quella relativa alle Aziende di nuova istituzione. Le Regioni hanno attribuito le funzioni di Commissari liquidatori ai Direttori generali delle Aziende U.S.L. Questi, tra l’altro, amministrano e liquidano le situazioni debitorie delle U.S.L. esistenti alla data di subentro delle nuove Aziende. Fino a quando non si disporrà con un provvedimento specifico l’estinzione delle gestioni liquidatorie, già gestioni stralcio, la legittimazione processuale spetta soltanto ad esse, perché, pur essendo prive di personalità giuridica e agendo nell’interesse e per conto dell’Ente regionale, hanno un’autonomia funzionale, amministrativa e contabile e una propria capacità processuale, sia pure limitata alla gestione (v., sul punto, Cass. 19 maggio 1999, n. 4847; Cons. Stato, VI, 22 gennaio 2001, n. 184).
Ne discende che la posizione della Regione è quella semmai di un interventore ad adiuvandum nei confronti della Gestione liquidatoria.
IV – Venendo al merito del giudizio va precisato – come correttamente ha fatto il primo giudice che il co. 2 dell’art. 2945 del codice civile, intitolato “Effetti e durata dell’interruzione” dispone che “Se il processo si estingue, rimane fermo l’effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell’atto interruttivo”. Ne discende che l’effetto interruttivo della prescrizione decennale (dato non contestato in considerazione della natura del credito vantato) deve ritenersi permanere. Orbene il giudizio era incardinato per la prima volta nel 2000, ed a seguito della richiesta effettuata prima del decorso del termine decennale. Quanto alla valenza della richiesta, non può essere condivisa l’eccezione svolta da parte appellante, poiché dalla documentazione versata in atti emerge con chiarezza la data ed altresì il contenuto della stessa (come da attestazione della stessa amministrazione), a nulla rilevando che tale documentazione non sia stata prodotta nei precedenti giudizi.
Il nuovo ricorso è stato incardinato nel 2016 e dunque, ampiamente nei termini, che devono ritenersi decorrenti dal momento in cui – come sopra specificato – l’interessato ha raggiunto la conoscenza piena.
Del resto la sanzione della perenzione non impedisce alle parti che non hanno coltivato il processo, di promuoverne un secondo sulla medesima situazione sostanziale. Ne consegue che il decreto di perenzione di un giudizio amministrativo non preclude, in via astratta, la possibilità di un ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la tutela della medesima situazione sostanziale; nel caso di specie, la perenzione non pregiudica il nuovo ricorso, poiché i termini di prescrizione sono stati, contemporaneamente, interrotti e sospesi dall’azione proposta.
V – In relazione all’accertamento della responsabilità dell’Amministrazione e alla dipendenza della causa di servizio, va evidenziato che la sentenza del 2002, evocata da parte appellante è stata cassata dalle Sezioni Unite, di tal ché a nulla può valere ai fini della definizione del merito del gravame.
VI – Nel merito vale osservare che stante il riconoscimento della dipendenza dal servizio, non può essere nuovamente messo in discussione il rapporto causale tra l’insorgenza della patologia ed il servizio reso, come tenterebbe di fare l’appellante, al di là delle valutazione sulle altre possibili cause evidenziate dalla parte odierna appellante e ritenute non incompatibili neppure dal CTU. Mentre dalla stessa difesa dell’Amministrazione risulta che non sono state poste in essere tutte le cautele necessarie affinché la salute del dipendente fosse tutelata, al di là della conoscenza della specifica malattia.
Ciò anche risulta inequivocabilmente dall’indagine peritale del 2017, presa in considerazione dal primo giudice in relazione agli eventi del 1986 e -OMISSIS- ed alle violazioni riscontrate degli artt. 355 e ss. del d.P.R. 547 del 1955.
Il giudice di primo grado ha precisato l’imputabilità della condotta dell’Amministrazione anche in ragione dell’omissione di doverose misure di protezione – come nel caso di specie – da parte del datore di lavoro.
VII – Per quanto in fine concerne la misura del danno, il Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, con la sentenza 23 febbraio 2018 -OMISSIS-, ha affermato il seguente principio di diritto: “la presenza di un’unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica e in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario”.
L’Adunanza Plenaria ha precisato che “la Cassazione ha affermato che, in presenza di una danno da emoderivati infetti, il Ministero può essere ritenuto responsabile, ricorrendo i presupposti previsti dall’art. 2043 cod. civ., per omessa vigilanza. La legge 25 febbraio 1992, n. 210 prevede la corresponsione da parte del Ministero della sanità di un “indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati”. La Cassazione ha affermato che l’indennizzo corrisposto al danneggiato deve essere integralmente scomputato dalle somme corrisposte a titolo di risarcimento “posto che in caso contrario la vittima si avvantaggerebbe di un ingiustificato arricchimento, godendo, in relazione al fatto lesivo del medesimo interesse tutelato di due diverse attribuzioni patrimoniali dovute dallo stesso soggetto (il Ministero della salute) ed aventi causa dal medesimo fatto (trasfusione di sangue o somministrazione” (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 584; nello stesso senso, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2014, n. 26152)”.
Tuttavia, nella specie, si può evidenziare che l’indennizzo ed il risarcimento hanno causa diversa: il primo sorge ed è stato riconosciuto indipendentemente dall’accertamento di una condotta illecita dell’Amministrazione e per il sol fatto dell’insorgere della patologia, il secondo discende dalla responsabilità per colpa dell’Amministrazione.
In effetti non si verte in un’ipotesi di duplicazione.
Ne discende che correttamente il primo giudice ha inteso accogliere la domanda di risarcimento del danno dell’interessato.
VIII – Con riferimento alla ulteriore domanda di cui all’appello incidentale, va precisato che il primo giudice ha condiviso le conclusioni del CTU in sede di esame delle controdeduzioni del CT di parte: “La valutazione complessiva indicata nella bozza di CTU (35%) ha dunque tenuto conto anche dell’esito cicatriziale, e sebbene non sia stato specificato il grado di pregiudizio estetico, poiché ritenuto inevitabilmente parte integrante degli esiti di un -OMISSIS-, in risposta alle osservazioni mosse è possibile affermare che esso andrebbe ascritto ad una Classe II – Pregiudizio estetico da lieve a moderato (6-15%), ed equamente quantificato nella misura del 7%-‘8% con conseguente valutazione complessiva del danno pari al 35% come già indicato..
Si ricorda, infatti, che in responsabilità civile non può attuarsi la somma aritmetica dei danni, come in polizza infortuni, ma si deve operare una valutazione complessiva ed integrata degli stessi, nelle loro componenti, al fine di individuare la reale portata della menomazione biologica rispetto all’intero individuo”.
Da tali conclusioni questo Collegio ritiene di non doversi discostare, risultando compiutamente esaminata la questione dei danni estetici a differenza di quanto dedotto dall’appellato.
IX – Per tutto quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto. Deve essere respinto anche l’appello incidentale e, per l’effetto, deve essere confermata la sentenza n. -OMISSIS- del 2018 e conseguentemente viene assegnato all’Amministrazione appellante il termine di trenta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, affinché essa formulino una proposta di pagamento all’attuale appellato di una somma a titolo di risarcimento.
X – L’Amministrazione appellante è condannata – in forza del principio di soccombenza – al pagamento, in favore della parte appellata, delle spese del presente grado di giudizio, che sono liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre IVA e CPA.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza n. -OMISSIS- del 2018, ordinando all’Amministrazione appellante di formulare una proposta di pagamento all’attuale appellato di una somma a titolo di risarcimento del danno subito; condanna l’Amministrazione appellante al pagamento, in favore della parte appellata, delle spese del presente grado di giudizio, che sono liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila/00) oltre IVA e CPA;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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