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ToggleCorte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 12116.
Non integra domanda nuova la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta
Non integra domanda nuova, inammissibile in appello, la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta, in quanto le indagini di carattere petitorio sono consentite nel giudizio possessorio soltanto al fine di valorizzare e qualificare situazioni di fatto denuncianti di per sé l’esistenza del possesso, cioé ad colorandam possessionem, potendosi il titolo esaminare solo come fatto probativo del possesso e non come fonte del diritto, sicché ogni nuova prospettazione di carattere petitorio da parte dell’attore in possessorio riguarda solo il fondamento del possesso, senza integrare domanda nuova.
Ordinanza|| n. 12116. Non integra domanda nuova la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta
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Tag/parola chiave: Azione di reintegrazione nel possesso – Ballatoio e scalinata comune – Mutatio libelli ed emendatio libelli – Deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta – Esclusione di mutatio libelli – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere
Dott. ROLFI Federico V.A. – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10350/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO POTENZA n. 606/2018 depositata il 19/09/2018 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/04/2023 dal Consigliere VALERIA PIRARI.
Non integra domanda nuova la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta
RILEVATO
che:
1. Con ricorso del 5 giugno 2000, (OMISSIS) chiese al Tribunale di Melfi la reintegrazione nel possesso del ballatoio e della scalinata comune, quali pertinenze dell’appartamento di sua proprieta’, nel quale svolgeva attivita’ commerciale, sito in (OMISSIS), del cui possesso era stato spogliato da (OMISSIS), proprietaria dell’appartamento soprastante, la quale aveva apposto un cancello alla base della scalinata e del ballatoio comune senza consegnargli le chiavi.
In sede interdittale, la domanda fu accolta nella prima fase e rigettata, invece, all’esito del reclamo, mentre il giudizio di merito si concluse con la sentenza n. 429, pubblicata il 13 Novembre 2007 e notificata il 4 Marzo 2008, con la quale il Tribunale di Melfi rigetto’ la domanda, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite, previa loro compensazione per un quarto.
Il giudizio d’appello, incardinato da (OMISSIS), nel quale si costitui’ (OMISSIS) chiedendone il rigetto, si concluse con la sentenza n. 163/2018, depositata il 19 settembre 2018, con la quale la Corte d’appello di Potenza accolse il gravame, disponendo la reintegrazione di (OMISSIS) nel possesso della rampa e del ballatoio e condannando (OMISSIS) alla rimozione immediata, a proprie spese, del cancello posto in corrispondenza del civico (OMISSIS) o, in alternativa, di consegnarle le chiavi all’appellante e al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.
2. Contro la predetta sentenza (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Sono rimasti intimati (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS).
Non integra domanda nuova la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’articolo 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere i giudici di secondo grado ritenuto l’infondatezza dell’eccezione di mutatio libelli sollevata, in quella sede, dalla ricorrente, sul presupposto che la deduzione dell’appellante sulla condominialita’ della scala costituisse pretesa petitoria, diversa da quella possessoria originariamente prospettata, sostenendo che il divieto di cui all’articolo 345 c.p.c. riguardasse il diverso caso in cui la pretesa fosse obiettivamente diversa da quella originaria, in ragione del diverso petitum o di una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima o su fatto costitutivo differente, e che, nella specie, non vi fosse stata alcuna modificazione dei fatti rappresentati in primo grado, ne’ una diversa qualificazione giuridica, avendo il ricorrente invocato fin dall’origine la proprieta’ comune del ballatoio e della scala, senza specificamente qualificare il proprio diritto, sicche’ la mera invocazione in appello di un presidio normativo non invocato espressamente in secondo grado non costituiva modifica del tema di indagine. Ad avviso della ricorrente, i giudici di merito non avevano, invece, considerato che la pretesa originaria aveva fondamento nel possesso asseritamente esercitato dal ricorrente, di cui si era chiesta la reintegrazione e che era rimasto indimostrato, riservando ad altro giudizio la pretesa petitoria, e che in appello il medesimo ricorrente aveva, invece, chiesto la tutela possessoria quale derivante dal diritto dominicale vantato in base al titolo, sicche’, senza la diversita’ della predetta prospettazione giuridica e del fatto costitutivo, il giudice non avrebbe potuto affermare che la prova del possesso era in re ipsa al diritto dominicale, il cui titolo era, peraltro, rimasto indimostrato e sarebbe stato, comunque, rilevante nel giudizio possessorio soltanto ad colorandam possessionem, ne’ riconoscere, come accaduto, la proprieta’ comune dei beni oggetto della domanda.
2. Col secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i giudici d’appello, nel valorizzare la questione petitoria, a fronte di una domanda possessoria nella quale la proprieta’ era stata riservata a diverso giudizio, avevano proceduto ad una diversa qualificazione giuridica della domanda, rispetto alla pronuncia del giudice di primo grado, benche’ questa non fosse stata oggetto di specifica impugnazione, cosi’ violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
3. Col terzo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere i giudici di merito posto a fondamento della decisione fatti non provati e decisamente contestati, allorche’ avevano affermato che la scalinata fosse di proprieta’ comune in assenza di titolo e che l’edificio, a piu’ piani, sulla quale era inserita fosse costituito da varie proprieta’ esclusive e avesse struttura condominiale, nonostante fosse stata contestata sia la comunione sul bene, sia la stessa condominialita’ dell’edificio, esistendo solo proprieta’ distinte facenti parte di diverse strutture. Peraltro, la prova della natura condominiale del fabbricato e della comproprieta’ della scalinata avrebbe dovuto fornirla il ricorrente e non la resistente e questa non poteva evincersi dal titolo di acquisto del predetto, il quale aveva ad oggetto la sola sua unita’ immobiliare, senza contemplare la scala, ne’ poteva trovare applicazione l’articolo 1117 c.c. in quanto i fabbricati non erano serviti dalla stessa scalinata, che, non essendo di uso comune, non poteva considerarsi condominiale. Cosi’ facendo, i giudici avevano violato il principio sulla disponibilita’ delle prove, che impone al giudice di porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, nonche’ i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.
Non integra domanda nuova la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta
4. Col quarto motivo, infine, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2729 e 1168 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i giudici di merito, ritenendo presunta la comunione della scalinata e la conseguente sua condominialita’, nonostante la stessa servisse la sola proprieta’ esclusiva della ricorrente, avevano affermato la sussistenza in re ipsa della prova del possesso del bene senza accertare l’esistenza del titolo, cosi’ violando il principio dell’onere della prova e dell’utilizzabilita’ probatoria della presunzione semplice nei procedimenti possessori. Ad avviso della ricorrente, infatti, la sua controparte, pur gravata dal relativo onere probatorio, non aveva dimostrato il titolo, ne’ l’atto costitutivo del condominio, da escludersi in quanto il piano su cui insisteva la sua proprieta’ era rialzato rispetto alla cantina e al deposito sottostanti, ma non anche rispetto alla proprieta’ della ricorrente, ne’ tantomeno l’esercizio del possesso, come accertato dai giudici di primo grado con la sentenza non impugnata sul punto. Pertanto, in assenza di prova del possesso, i giudici d’appello avevano errato allorche’ lo avevano ritenuto dimostrato in re ipsa alla stregua della sola qualificazione della detenzione condominiale, avendo esonerato il ricorrente dal relativo onere probatorio.
5. Il primo motivo e’ infondato.
La questione relativa alla novita’, o meno, di una domanda giudiziale e’ correlata all’individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela e’ richiesta, per cui non puo’ esservi mutamento della domanda ove si sia in presenza di un ipotetico concorso di norme, anche solo convenzionali, a presidio dell’unico diritto azionato, presupponendo il cambiamento della domanda la mutazione del corrispondente diritto, non gia’ della sua qualificazione giuridica, con la conseguenza che se l’attore invoca, a sostegno della propria pretesa, un presidio normativo ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti che ne costituiscono il fondamento, cio’ non determina alcuna mutatio libelli, restando invariato il diritto soggettivo del quale e’ richiesta la tutela (Cass., Sez. 3, 27/9/2018, n. 23167).
Mentre la mutatio libelli implica, infatti, che la pretesa avanzata sia obiettivamente diversa da quella originaria, in quanto introduttiva nel processo di un petitum diverso e piu’ ampio oppure di una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo, l’emendatio sussiste allorche’ si incida sulla causa petendi, in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo piu’ idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass., Sez. L, 27/7/2009, n. 17457), sicche’ esorbita dai limiti di una consentita emendatio libelli il mutamento della causa petendi che consista in una vera e propria modifica dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio, tale da introdurre nel processo un tema di indagine e di decisione nuovo perche’ fondato su presupposti diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo del giudizio, cosi’ da porre in essere una pretesa diversa da quella precedente (Cass., Sez. 2, 12/12/2018, n. 32146).
Non integra domanda nuova la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta
Proprio nello specifico campo di interesse, ossia quello dell’azione di reintegrazione nel possesso, questa Corte ha affermato come non integri domanda nuova, inammissibile in appello, la deduzione dell’attore che abbia prima affermato di essere proprietario esclusivo e poi comunista della cosa posseduta, in quanto le indagini di carattere petitorio sono consentite nel giudizio possessorio soltanto al fine di valorizzare e qualificare situazioni di fatto denuncianti di per se’ l’esistenza del possesso, cioe’ ad colorandam possessionem, potendosi il titolo esaminare solo come fatto probativo del possesso e non come fonte del diritto, sicche’ ogni nuova prospettazione di carattere petitorio da parte dell’attore in possessorio riguarda solo il fondamento del possesso, senza integrare domanda nuova (in tal senso Cass., Sez. 2, 8/11/1977, n. 4775).
Nella specie, deve escludersi che l’appellante avesse modificato l’originaria domanda, avente ad oggetto la richiesta di tutela possessoria, sostituendola con altra di natura petitoria, come sostanzialmente affermato nella censura, non potendosi confondere le richieste delle parti, operanti a monte, con il decisum del giudice, emergente a valle.
Risulta, per vero, dalla sentenza impugnata che (OMISSIS) avesse chiesto, in primo grado, di essere “reintegrato nel possesso del ballatoio e della scalinata “comune”, quale pertinenza dell’appartamento di sua proprieta’”, e, parimenti, in grado di appello di essere “reintegrato nel possesso della rampa e del ballatoio comune, con rimozione immediata in danno del cancello o di altro ostacolo o in via alternativa con la consegna di chiave dello stesso all’appellante”, nell’un caso sostenendo di essere stato spogliato del relativo possesso da (OMISSIS), proprietaria dell’appartamento soprastante, mediante apposizione di un cancello alla base della scalinata e del ballatoio comune, senza che gli venissero consegnate le chiavi, nell’altro caso lamentando il medesimo fatto di spoglio, realizzato dalla controparte in violazione dei “principi in materia di condominio”.
Orbene, la palese identita’ delle due domande rende del tutto infondata la doglianza della ricorrente, non avendo la sua controparte affatto proposto in appello un’azione petitoria, alternativa a quella originaria possessoria, ma essendosi limitata a qualificare in termini “condominiali” il titolo del possesso sui beni contesi fin dall’origine indicati comunque come “comuni”.
E’, dunque, evidente come la questione della dedotta condominialita’ del bene conteso non abbia in alcun modo inciso ne’ sul petitum, ne’ sulla causa petendi, incidendo, cosi’, sul contenuto della domanda, ma abbia indotto i giudici di merito a trarne, a valle, le conclusioni in ordine alla prova del possesso asseritamente leso.
6. Il secondo motivo e’ parimenti infondato.
Le considerazioni sopra esposte rilevano anche rispetto alla doglianza espressa in ordine alla lamentata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Sul punto, occorre innanzitutto osservare come, in materia di procedimento civile, l’applicazione del principio iura novit curia di cui all’articolo 113 c.p.c., comma 1, fa salva la possibilita’ per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonche’ all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale regola deve essere, peraltro, coordinata con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’articolo 112 c.p.c., che viene violato quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato; resta, in particolare, preclusa al giudice la decisione basata non gia’ sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto, ma su diversi elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa (Cass., Sez. L, 24/07/2012, n. 12943).
Nel sistema delle impugnazioni, il principio della domanda incide, in particolare, sul potere-dovere del giudice di qualificazione della domanda nei gradi successivi al primo, in quanto gli preclude di mutare d’ufficio – violando il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato – la qualificazione ritenuta dal primo giudice in mancanza di gravame sul punto ed in presenza, quindi, del giudicato formatosi su tale qualificazione (Cass., Sez. L, 01/12/2010, n. 24339), quando detta qualificazione abbia condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito (Cass., Sez. 6-3, 1/6/2018, n. 14077; Cass., Sez. 2, 1/8/2013, n. 18427).
Il giudicato puo’ formarsi, infatti, anche sulla qualificazione giuridica di un rapporto, se questa abbia formato oggetto di contestazione e sul punto deciso, costituente antecedente necessario ed indispensabile della pronuncia sulla domanda, la parte interessata non abbia proposto impugnazione, con la conseguenza che, ove l’attore abbia domandato l’annullamento di una deliberazione assembleare per violazione del termine minimo di comunicazione dell’avviso di convocazione, di cui all’articolo 66 disp. att. c.c., comma 3deve ritenersi intervenuto il giudicato sull’accertamento compiuto dal primo giudice, e non
tempestivamente appellato, in ordine alla qualificazione del
contesto proprietario come di semplice comunione e non di condominio (Cass., Sez. 2, 24/4/2013, n. 10053).
Nella specie, pero’ non puo’ dirsi che il giudice d’appello abbia qualificato diversamente la domanda proposta, che era ed e’ rimasta, come si e’ detto, quella di reintegrazione del possesso di un bene comune e come tale qualificata in entrambi i gradi del giudizio, avendo la qualificazione del rapporto col bene conteso in termini di condominialita’ inciso sulla mera prova del possesso, valorizzata dai giudici nell’ambito dei poteri di rivalutazione ex novo delle prove raccolte ad essi attribuiti.
7. Il terzo e il quarto motivo, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono parimenti infondati.
La violazione dell’articolo 115 c.p.c. puo’, infatti, essere dedotta come vizio di legittimita’ solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, o abbia disatteso prove legali valutandole secondo il suo prudente apprezzamento o considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9055; Cass., Sez. 6-5, 5/11/2021, n. 32060), mentre la violazione del precetto di cui all’articolo 2697 c.c. si configura, infatti, unicamente nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, la sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere.
Nella specie, nessuno di tali principi e’ stato violato dai giudici d’appello, i quali non hanno detto che fosse pacifica la condominialita’ della scala, ma che lo fosse la comunione e il compossesso del ballatoio sul quale si affacciava la porta d’accesso all’immobile di proprieta’ di (OMISSIS), sia pure apribile solo dall’interno, traendone la conclusione che la comunione si estendesse anche alla scala ad esso collegata e che, alla stregua della struttura delle porzioni immobiliari delle parti, potesse configurarsi un condominio, operando, in tal modo, un ragionamento presuntivo.
Orbene, come sostenuto anche di recente da questa Corte, la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, puo’ prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo puo’ basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravita’ o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (Cass., Sez. 2, 21/03/2022, n. 9054), come accaduto nella specie, tendendo le critiche mosse al decisum ad una sostanziale rivalutazione del compendio probatorio, preclusa al giudice di legittimita’.
Ne consegue l’infondatezza delle censure.
8. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla deve disporsi sulle spese, non avendo gli intimati svolto alcuna difesa.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’articolo 1-bis, stesso articolo 13, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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