Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 17 giugno 2019, n. 4050.
La massima estrapolata:
Nelle gare pubbliche l’atto di nomina della Commissione giudicatrice, al pari degli atti da questa compiuti nel corso del procedimento, non produce di per sé un effetto lesivo immediato, e comunque tale da implicare l’onere dell’immediata impugnazione nel prescritto termine decadenziale. Come è noto, la nomina deve invece essere effettuata dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte (art. 77 comma 7). La nomina dei componenti della commissione può essere impugnata dal partecipante alla selezione che la ritenga illegittima solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni concorsuali, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell’interessato.
Sentenza 17 giugno 2019, n. 4050
Data udienza 28 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 10080 del 2018, proposto da
ConsorzioLe. Se. e La. soc. coop. consortile stabile, in proprio e quale capogruppo mandataria di costituendo Rti con Co. Vi. Gi. s.p.a. e Iv. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Or., con domicilio digitale come da pec Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Regione Toscana, Regione Toscana – soggetto aggregatore, non costituiti in giudizio;
Estar – Ente di supporto tecnico-amministrativo regionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Fa., con domicilio digitale come da pec Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
nei confronti
Co. s.c.p.a., in proprio e quale mandataria di costituendo Rti con El. Sy. s.r.l. e Si. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Co. e Ma. Co., con domicilio digitale come da pec Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Co. in Roma, via (…);
El. Sy. s.r.l., in proprio e nella qualità di mandante di Rti, Si. s.p.a., in proprio e nella qualità di mandante di Rti, non costituite in giudizio;
In. Se. Se. Vi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Fr., Mi. Gu. e Al. Vo., con domicilio digitale come da pec Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Fr. in Roma, via (…);
Ra. s.r.l. e Il Gl. Vi. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Ri. Pa., con domicilio digitale come da pec Registri di giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione Terza, n. 01325/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Estar – Ente di supporto tecnico-amministrativo regionale, di Co. s.c.p.a., di In. Se. Se. Vi. s.p.a., di Ra. s.r.l. ed Il Gl. Vi. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 marzo 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Or., Fa., Gu., Fr., Vo. e Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con bando pubblicato il 14 ottobre 2016 la Regione Toscana indiceva procedura aperta per la stipula di convenzione quadro finalizzata all’affidamento del servizio di vigilanza per le strutture sanitarie e amministrative della stessa Regione (lotto n. 3).
Aggiudicatario della gara risultava il Rti capeggiato da Co. s.c.p.a.
2. Avverso il provvedimento di aggiudicazione e altri atti della gara il Consorzio Le., in proprio e quale capogruppo di costituendo Rti collocato al quarto posto in graduatoria, proponeva ricorso al Tribunale amministrativo per la Toscana.
Il ricorso veniva integrato da successivi motivi aggiunti e censurava complessivamente anche l’omessa esclusione della seconda (i.e., In. Se. Se. Vi.) e della terza concorrente in graduatoria (i.e., Rti capeggiato da Ra.), lamentando altresì l’inattendibilità e illegittimità delle relative offerte.
3. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza di Estar, di Co., di In. Se. nonché di Ra. e Il Gl. Vi. (mandante del Rti capeggiato da Ra.), respingeva il ricorso.
4. Ha proposto appello il Consorzio Le., in proprio e quale capogruppo di costituendo Rti con Co. Vi. Gi. e Iv., articolando i seguenti motivi di gravame:
A) sul concorrente Rti Co.:
I) error in iudicando. Violazione dell’art. 6, commi 1 e 2, nonché dell’art. 10 del disciplinare di gara; violazione degli artt. 31 e 95 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del principio di unicità e immodificabilità dell’offerta; violazione della par condicio competitorum; irragionevolezza manifesta;
B) sui concorrenti Rti Co., In. Se. e Rti Ra.:
II) error in iudicando. Violazione del punto III.1.1 del bando e dell’art. 3 del disciplinare; violazione dell’art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del d.m. interno n. 115 del 4 giugno 2014; violazione dell’art. 134 r.d. n. 773 del 1931; violazione del r.d. n. 635 del 1940; violazione del d.m. interno n. 269 del 2010; violazione della par condicio competitorum; irragionevolezza manifesta;
C) sui concorrenti In. Se. e Rti Ra.:
III) error in iudicando. Violazione dell’art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del d.lgs. n. 81 del 2008; violazione e falsa applicazione del d.m. lavoro 21 marzo 2016; violazione della lex specialis di gara; indicazione di oneri della sicurezza aziendali insufficienti; violazione della par condicio competitorum;
IV) Violazione del d.m. n. 37 del 2008; violazione del capitolato speciale di gara; irrealizzabilità dell’offerta; inattendibilità del progetto tecnico per impossibilità ad eseguire una prestazione essenziale; violazione della par condicio competitorum;
D) sul concorrente Co.:
V) error in iudicando. Violazione degli artt. 30, 95, comma 10, 97 d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del CCNL di categoria; violazione del d.lgs. n. 81 del 2008; eccesso di potere sotto i profili di assoluto difetto d’istruttoria e di motivazione; contradditorietà manifesta; violazione della par condicio competitorum; irragionevolezza manifesta; sproporzione; illogicità ;
E) sui concorrenti Cooperservice, In. Se. e Rti Ra.:
VI) error in iudicando. Violazione degli artt. 30 e 95 d.lgs. n. 50 del 2016; inattendibilità e insufficienza del progetto tecnico a garantire le prestazioni dell’appalto; eccesso di potere sotto i profili di assoluto difetto d’istruttoria e di motivazione; contraddittorietà manifesta; violazione della par condicio competitorum; irragionevolezza manifesta; sproporzione; illogicità ;
F) sul concorrente In. Se.:
VII) error in iudicando. Violazione degli artt. 30 e 95 d.lgs. n. 50 del 2016; inattendibilità e insufficienza del progetto tecnico a garantire le prestazioni dell’appalto; violazione del capitolato speciale di gara; irrealizzabilità dell’offerta; inattendibilità del progetto tecnico per impossibilità ad eseguire una prestazione essenziale; violazione della par condicio competitorum;
G) sul concorrente Rti Ra.:
VIII) error in iudicando. Violazione degli artt. 30 e 95 d.lgs. n. 50 del 2016; inattendibilità, irrealizzabilità e insufficienza del progetto tecnico a garantire le prestazioni dell’appalto; violazione del capitolato speciale di gara; irrealizzabilità dell’offerta; inattendibilità del progetto tecnico per impossibilità ad eseguire una prestazione essenziale; violazione della par condicio competitorum;
H) in via subordinata:
IX) error in iudicando. Violazione dell’art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016; eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto; sviamento; violazione dell’art. 97 Cost. (il motivo è numerato nell’atto d’appello quale n. 6 della parte B);
X) error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016; svilimento del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; sviamento; eccesso di potere per irragionevolezza manifesta (motivo numerato nell’atto d’appello quale n. 7 della parte B);
XI) error in iudicando. Omessa pronuncia; difetto di motivazione; violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 4 e 93 d.lgs. n. 50 del 2016; eccesso di potere sotto i profili di assoluto difetto di istruttoria e travisamento in punto di richiesta di conferma delle offerte e delle cauzioni provvisorie; contradditorietà manifesta; irragionevolezza manifesta; sproporzione; illogicità (motivo numerato nell’atto d’appello quale n. 8 della parte B).
5. Hanno resistito all’appello, chiedendone il rigetto, la Co., la Ra. e Il Gl. Vi., quali componenti del corrispondente Rti, la In. Se. nonché la Estar, che ha a sua volta spiegato appello incidentale deducendo:
I) Violazione degli artt. 29, 35 e 39 Cod. proc. amm.; violazione dell’art. 100 Cod. proc. civ.; violazione dei principi generali del processo amministrativo; difetto ed erroneità della motivazione;
II) Violazione dell’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm.; difetto ed erroneità della motivazione;
III) Violazione sotto altro profilo degli artt. 29, 35 e 39 Cod. proc. amm. e dell’art. 100 Cod. proc. civ.; violazione dei principi generali del processo amministrativo.
6. Dopo la rituale discussione all’udienza pubblica del 28 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
0. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari, stante l’infondatezza dell’appello principale, salvo quanto di seguito precisato in relazione al IX motivo (rubricato nell’atto d’appello quale motivo n. 6 della parte B).
Inoltre l’infondatezza, nei termini di seguito indicati, dei motivi di gravame relativi alla posizione dell’aggiudicataria Co. rende superfluo il vaglio delle censure rivolte nei confronti della seconda e terza classificata, salvo il necessario scrutinio dei motivi proposti in via subordinata volti a denunciare l’illegittimità dell’intera procedura di gara.
1. Col primo motivo di gravame l’appellante censura l’indicazione, nel dettaglio economico allegato all’offerta di Co., di un importo finale e per singole prestazioni superiore alla base d’asta, in violazione di quanto previsto dalla lex specialis.
Il motivo è infondato e va respinto.
L’art. 6 del disciplinare di gara stabiliva che l’offerta economica dovesse indicare un valore complessivo non superiore né uguale all’importo annuale a base di gara, pena l’esclusione (art. 6, sub par. C.1); a tal fine il dato da prendere a riferimento coincideva con l’importo totale annuale offerto “IVA esclusa”. Coerentemente l’art. 10 indicava fra le cause d’esclusione “il fatto che l’offerta economica di cui al punto C.1 [fosse] pari o in aumento rispetto all’importo stimato a base di gara per il lotto di riferimento”. Nel caso del lotto 3 detto importo, a norma dell’art. 6, ammontava a Euro 1.862.547,80 oltre Iva.
Analoghe previsioni erano stabilite in relazione alle singole voci componenti l’offerta esposte nel dettaglio economico (art. 6, par. C.2; art. 10 disciplinare).
Dal dettaglio economico allegato all’offerta dell’aggiudicataria, prodotto dallo stesso Consorzio Le. (sub doc. 14), risulta come il suddetto limite sia stato pacificamente rispettato dalla Co..
L’importo complessivo è pari infatti a Euro 1.923.956,06 Iva inclusa, corrispondente al valore di Euro 1.577.012,50 al netto dell’Iva, come risultante dall’offerta economica e dalla stessa “dichiarazione d’offerta” della Co. (cfr. doc. 37 e 38 Estar).
L’analisi puntuale delle singole voci conferma tale dato, atteso che per ciascuna di tali voci l’importo offerto dall’aggiudicataria – esposto al netto dell’Iva nell’indicazione unitaria, ai sensi dell’art. 6, par. C.2 del disciplinare – è inferiore al corrispondente valore massimo previsto e riportato nella tabella (mentre nel risultato per riga Co. indica la somma totale per prestazione comprensiva dell’Iva, solo per tale ragione apparentemente superiore a quella del format, riportata al netto della stessa imposta).
Il che consente di pervenire al risultato finale (pari all’importo di Euro 1.577.012,50 al netto dell’Iva, a fronte di Euro 1.862.547,80 previsti dal disciplinare) e di generare un ribasso pari al 15,33% sulla base d’asta.
Di qui l’infondatezza della censura del Consorzio Le. che erroneamente compara il dato offerto dalla Co. al lordo dell’Iva (i.e., Euro 1.923.956,06) con il limite determinato dalla lex specialis al netto dell’imposta (i.e.,Euro 1.862.547,80).
2. Con il secondo motivo l’appellante si duole della carenza, in capo all’aggiudicataria (oltreché delle altre concorrenti appellate), della necessaria licenza d’istituto di vigilanza di cui all’art. 134 r.d. n. 773 del 1931 (cd. “Tulps”) avendo la Co. perso in corso di gara, per alcune delle province interessate, il suddetto requisito per non avere avviato le attività autorizzate entro sei mesi dalla notifica d’estensione della licenza, con conseguente revoca della stessa ai sensi dell’art. 257-quater r.d. n. 635 del 1940.
Anche tale motivo è da respingere.
La lex specialis di gara prevedeva quale requisito d’idoneità professionale per le concorrenti il possesso della licenza d’istituto di vigilanza in relazione a tutte le province ricadenti nel lotto per il quale veniva presentata offerta, oppure, in alternativa, il “possesso di una licenza ex art. 134 Tulps […] per una qualsiasi delle province o parti di provincia del territorio unitamente alla/e notifica/e di estensione presentata/e alla competente Prefettura entro la data di scadenza del termine per presentare l’offerta […]” (art. 3 disciplinare; art. III.1.1 bando).
Emerge dalla disposizione di gara come, ai fini dell’integrazione del requisito, fosse sufficiente il possesso della licenza in una qualsiasi provincia, affiancata dalla notifica di estensione al Prefetto in relazione alle province interessate dalla gara e non ricomprese nella licenza.
Il requisito così definito risultava posseduto da Co. in quanto provvista di licenza prefettizia (doc. 12 Co.) affiancata da comunicazione di estensione per le province interessate (doc. 44 Estar). In proposito la stessa Prefettura, richiesta dalla Co. di attestare la formazione del silenzio assenso e la conclusione del procedimento in relazione alla suddetta estensione rispondeva citando l’art. 257-ter, comma 5, r.d. n. 635 del 1940 che prevede la possibilità di esercitare le attività decorsi novanta giorni dalla notifica al Prefetto dell’estensione senza che questo ne abbia disposto il divieto (cfr. doc. 15 Co.).
La circostanza che l’attività non sia stata intrapresa da Co. entro il termine di sei mesi dalla richiesta di estensione risulta irrilevante ai fini dell’integrazione del requisito, non incidendovi direttamente: la lex specialis richiede a riguardo la mera notifica dell’estensione, certamente sussistente nel caso di specie; a ciò si aggiunga che parte appellante non ha fornito in ogni caso prova di alcuna revoca ex se derivata dalla circostanza riferita.
3. Con il quinto motivo di gravame, pure relativo alla posizione dell’aggiudicataria, l’appellante si duole delle inadeguate giustificazioni fornite da Co. in fase di verifica dell’anomalia dell’offerta, con conseguente conferma dell’inattendibilità e incongruità di questa.
Il motivo non è meritevole di favorevole considerazione.
3.1. Lamenta anzitutto l’appellante una serie di criticità in ordine al costo del lavoro sotteso all’offerta, fra cui in primis l’inadeguata considerazione di quello relativo alle sei unità di VI livello indicate, rispetto alle quali non si sarebbe tenuto conto dell’incremento stipendiale previsto dal CCNL una volta decorsi 24 mesi.
3.1.1. In proposito va evidenziato in termini generali come – secondo consolidata giurisprudenza – il giudizio di anomalia debba essere di carattere globale e sintetico, senza concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato o atomistico sulle singole voci di prezzo, dal momento che l’obiettivo dell’indagine è l’accertamento dell’affidabilità dell’offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono (inter multis, Cons. Stato, V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978; III, 29 gennaio 2019, n. 726).
La relativa valutazione è rimessa alla stazione appaltante ed espressiva di un tipico potere tecnico-discrezionale che, come tale, è insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva del giudizio o dell’offerta (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 26 novembre 2018, n. 6689; 17 maggio 2018, n. 2953; 24 agosto 2018, n. 5047; 3 maggio 2012, n. 2552; III, 18 settembre 2018, n. 5444).
3.1.2. Nel caso di specie risulta sotto il profilo istruttorio come l’amministrazione abbia acquisito i giustificativi di Co. in ordine all’anomalia, ottenuto un’integrazione degli stessi giusta nota del 19 gennaio 2018, demandato la relativa analisi e valutazione – in ordine alle componenti del costo del lavoro – a un professionista appositamente designato.
Quest’ultimo chiedeva a sua volta alla Co. più analitici chiarimenti e, con parere del 5 marzo 2018, dopo aver esaminato partitamente i costi del personale esposti in relazione alle singole attività (i.e., servizi di vigilanza fissa armata diurna/notturna, servizi di ronda ispettiva, collegamento e intervento su allarme, etc.) concludeva che le spiegazioni fornite dalla Co. fossero idonee a giustificare l’offerta in relazione al costo del personale.
La commissione giudicatrice reputava l’offerta non inattendibile, ritenendo che il costo del lavoro per il personale dipendente fosse coerente con le tabelle ministeriali e rispettoso dei pertinenti contratti collettivi (doc. 6 appellante), conclusioni cui perveniva successivamente anche il Rup pronunciandosi in termini di affidabilità e sostenibilità dell’offerta.
3.1.3. Ciò posto, sia sotto il profilo istruttorio, sia in relazione alle conclusioni formulate, la valutazione sull’anomalia eseguita della stazione appaltante non risulta di per sé carente, irragionevole, arbitraria, illogica o viziata da travisamento di fatto, presupposti questi che soli consentono l’esercizio del sindacato di legittimità ; al contrario sia le indagini eseguite (con il coinvolgimento anche di apposito consulente), sia le conclusioni raggiunte risultano appropriate rispetto alla fattispecie.
3.1.4. In tale contesto anche le singole censure prospettate dall’appellante si manifestano infondate o tali da non inficiare le conclusioni dell’amministrazione.
In particolare, quanto alla doglianza relativa agli scatti stipendiali dei dipendenti inquadrati al VI livello di partenza, essa, incidendo sul trattamento stipendiale dei lavoratori, potrebbe assumere rilievo se rifluisse in una violazione dei minimi salariali inderogabili: il che non è tuttavia dedotto, né dimostrato, dall’appellante.
D’altra parte, come correttamente rilevato dalla sentenza, la censura – peraltro inattuale, in quanto proiettata su situazioni e circostanze future, al momento solo ipotizzabili – non contraddice l’affermazione contenuta nei giustificativi in ordine alla considerazione, nel costo medio, delle dinamiche di crescita del personale.
A ciò si aggiunga, in via assorbente, che la doglianza finisce per incidere sulla sola redditività dell’offerta e non sulla sua complessiva insostenibilità .
3.1.5. Ugualmente non condivisibile è la censura con cui l’appellante lamenta che il numero di ore di lavoro pro capite previsto per ciascun addetto non troverebbe riscontro nelle tabelle elaborate fra i giustificativi di Co..
In senso contrario va rilevato, in termini generali, che i giustificativi offerti da Co. prevedono il ricorso a nuove assunzioni per la copertura della quota di ore non soddisfatta dal personale assorbito in esito al cambio di appalto; in tale contesto le tabelle giustificative presentano una indicazione teorica e globale della distribuzione del lavoro, nell’ambito della quale risulta assicurato, nel complesso, il numero totale di ore previste, e non smentito quello relativo alle ore medie pro capite (i.e., n. 1578), eseguibili, secondo una lettura aggregata del giustificativo, anche presso sedi diverse, purché sia garantita la prestazione del numero (teorico) di ore, ciò che effettivamente le tabelle confermano.
La sentenza s’è dunque correttamente pronunciata sul punto, dando conto della possibilità che i singoli dipendenti siano impiegati su più province: il che non risulta adeguatamente contraddetto da parte appellante che s’è limitata a invocare in proposito l’omessa dimostrazione di tale circostanza, quando incombeva al contrario sullo stesso Consorzio Le. argomentare in ordine alle ragioni per cui essa – in assenza di divieti o impedimenti all’impego del personale presso province diverse – dovesse ritenersi erronea nel contesto dei giustificativi alla sostenibilità dell’offerta forniti da Co..
3.1.6. Parimenti infondata si rivela la censura relativa alla previsione, nell’offerta dell’aggiudicataria, di tempi d’esecuzione delle prestazioni non conformi alla lex specialis.
A tal riguardo è sufficiente rilevare come il calcolo proposto dall’appellante, eseguito “sommando tutti i tempi minimi richiesti”, non sia di per sé solo attendibile, dal momento che il capitolato tecnico prevede che le prestazioni di ronda possano avvenire con modalità variabili a seconda delle esigenze del caso (punto 3.a e ss.), sicché non può avere ex se rilevanza il riferimento a un parametro costituito dalla sommatoria di tutti i tempi minimi indicati.
In tale contesto, come correttamente osservato dall’Estar, solo una specifica tipologia di prestazioni (i.e., ronde ispettive con ispezione esterna, di cui alla lett. b) prevede un durata maggiore di dieci minuti, sicché non vale a provare la difformità dell’offerta dalla lex specialis una determinazione dei tempi “medi” delle prestazioni – riconducibili alle varie tipologie – nella misura di 6,22 minuti. A tal proposito è altresì irrilevante l’errore di calcolo sulla misurazione in ore dei servizi offerti – errore riprodotto anche dall’appellante – atteso il chiaro e inequivoco tenore dell’offerta nei termini riconosciuti dallo stesso Consorzio Le. (i.e., 53.753 prestazioni della durata media di 6,22 minuti ciascuna) e confermati dalla determinazione del costo complessivo annuo nell’ambito della tabella di scomposizione della tariffa.
Quanto alla dedotta inattendibilità globale dell’offerta lamentata dall’appellante,è sufficiente richiamare le considerazioni già svolte in ordine alla natura sintetica del giudizio d’anomalia e al carattere tecnico-discrezionale di esso, espresso sul profilo in esame in modo non manifestamente abnorme o irragionevole dalla stazione appaltante (retro, § 3.1.1 e 3.1.2), soffermatasi anche specificamente sulle prestazioni in esame (cfr. in particolare relazione Rup dell’11 aprile 2018).
3.1.7. Non condivisibile è anche la doglianza relativa all’erronea giustificazione del servizio di vigilanza ispettiva, per il quale Co. prevedeva un costo unitario di Euro 0,41 stimando successivamente, per prestazioni della durata di dieci minuti, l’importo di Euro 2,90, anziché di Euro 4,10.
Anche rispetto a tale voce l’assunto dell’appellante non è corretto, atteso che la tariffa per minuto di Euro 0,41 è indicata da Co. in termini medi, per le varie tipologie di servizi, e avendo a riferimento la durata (anch’essa media) di 6,22 minuti per prestazione: il tutto nella prospettiva di fornire giustificazione sintetica e generale in ordine alla sostenibilità dell’offerta.
Per converso il dato di Euro 2,90 riguarda il dettaglio economico di un singolo servizio, la cui durata è peraltro prevista per un tempo superiore a dieci minuti; di qui la non comparabilità diretta delle due grandezze, attesa la diversa base di riferimento e la differente qualità del dato (i.e., l’uno puntuale, l’altro medio). Riprova ne è che l’applicazione della cifra invocata dall’appellante (i.e., Euro 4,10) eccederebbe l’importo puntuale previsto a base di gara (i.e., Euro 3,00), ciò che la stessa appellante afferma essere inammissibile (retro, sub § 1 in diritto).
3.1.8. Lamenta infine l’appellante che l’aggiudicataria non abbia adeguatamente giustificato i costi di formazione a fronte del consistente numero di ore previste dall’offerta.
Anche tale censura non può essere condivisa, atteso che essa confluisce pur sempre nella valutazione d’anomalia, non irragionevolmente espressa dall’amministrazione.
Al riguardo Co. giustifica il costo richiamando la voce degli oneri di sicurezza e l’applicazione delle tabelle ministeriali di cui al d.lgs. n. 81 del 2008, che prevedono sette ore retribuite non lavorate per ciascun dipendente destinate alla formazione, così da ricomprendere una quota del costo per la formazione nel trattamento retributivo dei dipendenti; detta quota è stata peraltro espressamente considerata fra i giustificativi dell’offerta, sicché il calcolo delle ore lavorate e non lavorate (in specie perché destinate a formazione) effettuato da Co. già teneva conto di tale componente.
L’amministrazione ha valutato a sua volta le giustificazioni così fornite dall’aggiudicataria ritenendole adeguate sia nella valutazione globale di attendibilità dell’offerta, sia in relazione alla specifica voce di costo (cfr. ancora relazione del Rup dell’11 aprile 2018, che richiama i “costi di formazione specifici” aggiunti dalla Co.), fornendo complessivamente una motivazione non irragionevole, illogica, arbitraria o erronea, tenuto conto del più volte cennato carattere sintetico del giudizio di anomalia.
4. Con il sesto motivo l’appellante principale censura la carenza dell’offerta della Coospervice (oltreché dei concorrenti secondo e terzo classificato) e la sua difformità dalle previsioni di gara in quanto essa non prevede la prestazione di servizi per l’area di Pisa, pur ricompresa nell’oggetto del lotto interessato.
Anche tale motivo non è condivisibile, essendone errato il presupposto.
Secondo l’appellante il lotto della gara ricomprenderebbe l’area della provincia di Pisa in quanto la “Area Centro” – oggetto del lotto – include l’Asl “Toscana Centro” nella quale rientrano alcuni comuni pisani. Sennonché l’assunto secondo cui l’oggetto della gara sarebbe definito su base soggettiva (i.e., “per Amministrazioni”), in rapporto alla “Area” di riferimento (in specie, “Area Centro”), anziché in ragione della provincia nei termini resi espliciti dalla lex specialis,risulta erroneo, in quanto il disciplinare di gara chiaramente identifica l’oggetto del lotto 3 con le zone di Firenze, Pistoia, Empoli e Prato, non ricomprendendovi la provincia di Pisa.
Né il capitolato normativo smentisce tale dato, giacché prevede in realtà che ciascuna Azienda sanitaria o amministrazione contraente possa aderire ai servizi in relazione al “territorio della provincia di competenza”, così confermando che i lotti sono suddivisi su base territoriale – in specie provinciale – rientrando ciascuna amministrazione nel lotto relativo alla provincia d’appartenenza. In tale contesto non vale a provare il contrario neppure il richiamo alla “Usl Toscana Centro” fra le amministrazioni da servire nel contesto del lotto, atteso che essa ricomprende anzitutto proprio le province di Firenze, Pistoia e Prato.
La provincia di Pisa è ricompresa invece nel lotto 1, relativo all’Area Nord Ovest.
5. Con il nono motivo suindicato (corrispondente alla censura rubricata sub 6 parte B nell’atto d’appello) il Consorzio Le. lamenta l’erronea declaratoria d’inammissibilità del motivo di ricorso relativo alla composizione della commissione giudicatrice, motivo ritenuto tardivo dal Tar a causa della mancata immediata impugnazione del provvedimento di nomina. L’appellante censura poi la motivazione della sentenza sul merito del motivo – esaminato in termini generali dal Tar benché dichiarato inammissibile – e ribadisce le doglianze sull’illegittimità della nomina della commissione in quanto formata da soggetti privi di competenze sul settore interessato.
Il motivo è fondato in rito nei termini che seguono, ma deve essere respinto nel merito.
5.1. Va anzitutto respinta l’eccezione d’inammissibilità del motivo di gravame sollevata da Co., nel presupposto che esso si limiterebbe a riprodurre le doglianze proposte dal ricorrente in primo grado senza rivolgere alcuna specifica censura alla sentenza.
In senso inverso è sufficiente il richiamo all’atto d’appello, che prende in esame le motivazioni della sentenza proponendo argomenti a confutazione sia in relazione alla dichiarata inammissibilità del motivo (cfr. appello, pag. 33 ss.: “la decisione del giudice di prime cure è sul punto errata”) sia in ordine alla motivazione sul merito della doglianza (pag. 35 ss.: “il Giudice di prime cure ha in ogni caso esaminato il motivo nel merito e lo ha respinto sul presupposto che […]. Entrambi i presupposti sono sbagliati […]), nei termini di seguito precisati.
5.2. In rito il motivo di gravame è fondato.
La sentenza, pur esaminando in termini generali il merito della doglianza, s’è pronunciata dichiarandola inammissibile in quanto tardiva, ritenendo che la nomina della commissione debba essere immediatamente impugnata risultando di per sé lesiva; nel caso di specie l’omessa impugnazione della determinazione n. 574 del 10 aprile 2017, con la quale la commissione veniva nominata, renderebbe inammissibile il corrispondente motivo di censura proposto con il ricorso di primo grado.
Sennonché, secondo consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, “nelle gare pubbliche l’atto di nomina della Commissione giudicatrice, al pari degli atti da questa compiuti nel corso del procedimento, non produce di per sé un effetto lesivo immediato, e comunque tale da implicare l’onere dell’immediata impugnazione nel prescritto termine decadenziale. Come è noto, la nomina deve invece essere effettuata dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte (art. 77 comma 7). La nomina dei componenti della commissione può essere impugnata dal partecipante alla selezione che la ritenga illegittima solo nel momento in cui, con l’approvazione delle operazioni concorsuali, si esaurisce il relativo procedimento amministrativo e diviene compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell’interessato (cfr. Cons. Stato, III, 11 maggio 2018, n. 2835; V, 16 gennaio 2015 n. 92; 4 marzo 2011, n. 1386).
Ne consegue la fondatezza del motivo di gravame e la riforma in parte qua della sentenza che lo ha dichiarato inammissibile.
5.3. Nel merito il motivo è comunque infondato.
5.3.1. Al di là delle doglianze espresse in relazione al capo della sentenza che ha ritenuto inapplicabile l’art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016 (anche nei primi due commi) sulla nomina della commissione in mancanza dell’istituzione dell’albo di cui al successivo art. 78, risultano in via assorbente infondate nel merito le censure formulate sulla nomina dei commissari.
Considerata infatti la natura complessa dell’oggetto dell’appalto – affermata dalla stessa appellante – i profili professionali dei commissari designati non risultano nell’insieme inappropriati, diversificandosi fra loro in funzione del carattere composito delle operazioni e valutazioni da eseguire.
In particolare i commissari Ri. e Pa. risultano essere dirigenti con funzioni organizzative nel settore medico e farmaceutico, ben in grado perciò di apprezzare offerte aventi a oggetto la prestazione del servizio di vigilanza in favore anzitutto di Aziende sanitarie e ospedaliere; in tale prospettiva pertinente si rivela anche la specifica esperienza maturata dalla Ri. in qualità di responsabile di magazzino farmaci.
Del pari adeguata deve ritenersi la designazione dei commissari Or. e Ve. In., il primo avente la qualifica di perito industriale esperto di impianti elettrici – incaricato in tale veste quale responsabile del settore elettrico di un’Azienda Usl – competente nella valutazione dei profili correlati all’apparato tecnologico ricompreso nelle offerte, il secondo ingegnere con esperienza dirigenziale, anche nel settore delle gare pubbliche (essendo stato delegato tra l’altro quale Rup per attività di programmazione e affidamento di commesse per conto di un’Azienda ospedaliera universitaria), perciò certamente in grado di apprestare l’occorrente supporto tecnico-amministrativo.
Incontestata è infine la competenza del Macchia quale esperto di sicurezza e viabilità interna.
Alla luce di ciò le qualifiche e i profili professionali dei componenti della commissione giudicatrice risultano complessivamente esenti dalle censure formulate dall’appellante, a mente dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, da un lato, la legittima composizione della commissione (che deve essere formata da “esperti nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto”, ex art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016, e già ex art. 84 d.lgs. n. 163 del 2006) presuppone solo la prevalente, seppure non esclusiva, presenza di membri esperti del settore oggetto dell’appalto (Cons. Stato, V, 11 luglio 2017, n. 3400); dall’altro il requisito enunciato deve essere inteso in modo coerente con la poliedricità delle competenze richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare, considerando anche, secondo un approccio di natura sistematica e contestualizzata, le professionalità occorrenti a valutare sia le esigenze dell’amministrazione sia i concreti aspetti gestionali ed organizzativi sui quali i criteri valutativi siano destinati ad incidere. Non è in proposito necessario che l’esperienza professionale di ciascun componente copra tutti gli aspetti oggetto della gara, potendosi le professionalità dei vari membri integrare reciprocamente, in modo da completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, ad esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 18 giugno 2018, n. 3721; VI, 10 giugno 2013, n. 3203; III, 17 dicembre 2015, n. 5706; 9 gennaio 2017, n. 31).
Alla luce di ciò il motivo, pur accolto in rito, va respinto nel merito, in una al corrispondente motivo del ricorso di primo grado dichiarato inammissibile dal Tar.
5.3.2. Neppure possono trovare accoglimento, in tale contesto, le doglianze sul merito delle valutazioni comparative della commissione giudicatrice: è in proposito assorbente rilevare come tali doglianze incidano sull’esercizio della discrezionalità tecnica della commissione rispetto a cui, per costante giurisprudenza, il sindacato del giudice amministrativo è limitato ai casi d’irragionevolezza, illogicità o manifesta erroneità (tra le tante, Cons. Stato, III, 11 gennaio 2019, n. 276; V, 8 gennaio 2019, n. 173; 22 ottobre 2018, n. 6026; 15 marzo 2016, n. 1027; 11 dicembre 2015, n. 5655).
Nel caso di specie non ricorrono tali presupposti, avendo la commissione operato la valutazione applicando alle singole offerte tecniche i criteri predeterminati dal disciplinare di gara (sub art. 8) e affiancato una motivazione sintetica di “valutazione qualitativa”di per sé non irragionevole (cfr. verbale 11 agosto 2017).
Le censure espresse dall’appellante – peraltro mediante rinvio a un allegato in atti – non consentono di ravvisare un’irragionevolezza o manifesta erroneità di giudizio passibile di sindacato, risolvendosi nella prospettazione d’una diversa alternativa ricostruttiva, ovvero in generiche e non circostanziate critiche all’operato della commissione (cfr. ad es., rispettivamente, censura all’applicazione dei criteri n. 1 e 8).
In tale contesto anche il richiamo alla valutazione similare dei progetti tecnici pur a fronte delle loro differenze – oltreché di quelle economiche fra le offerte – non è sufficiente a dimostrare di per sé profili d’irragionevolezza o abnormità dei giudizi espressi dalla commissione (sul punto cfr. anche infra, sub § 6).
A tanto consegue il rigetto della doglianza, la quale non dimostra alcun profilo d’illegittimità nell’operato della commissione, né vale a confermare la denunciata inadeguatezza o incongrua composizione di quest’ultima.
6. Con il decimo motivo (rubricato quale motivo 7 parte B dell’atto d’appello) il Consorzio Le. si duole dell’illegittimo svilimento del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, avendo la commissione espresso punteggi pressoché uguali sulle offerte tecniche ed essendo pervenuta così all’aggiudicazione sulla base del (solo) prezzo offerto dalle concorrenti.
Anche tale motivo va respinto per l’assorbente ragione che esso si risolve nell’inammissibile censura – in difetto di specifiche e circostanziate critiche all’operato della commissione – della valutazione espressa da quest’ultima.
In proposito, a fronte dell’assunto “svilimento” della componente tecnica dell’offerta, l’appellante non dà conto di specifici errori valutativi posti in essere dalla commissione tali da ridondare nella manifesta abnormità o irragionevolezza dei giudizi da questa espressi.
7. Con l’undicesimo motivo (corrispondente al n. 8 parte B nella numerazione di cui all’atto d’appello) il Consorzio Le. lamenta la sopravvenuta decadenza delle offerte esaminate dalla commissione e delle relative garanzie, non avendone la stazione appaltante richiesto il rinnovo decorso il termine di efficacia di 180 giorni previsto dalla legge.
Il motivo non è condivisibile.
Al di là dell’erronea ricostruzione in fatto, essendosi in realtà i concorrenti vincolati alla loro offerta per 240 anziché 180 giorni, la doglianza è infondata, atteso che per costante giurisprudenza non può ritenersi illegittima una procedura di gara per il fatto che l’aggiudicazione definitiva è intervenuta in un momento in cui erano già scaduti il periodo (di 180 giorni) di vincolatività delle offerte ex art. 32, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 (già art. 11 comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006) e quello di validità delle cauzioni provvisorie ex art. 93, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 (già art. 75 comma 5, d.lgs. n. 163 del 2006), “atteso che la ratio della disposizione del bando [così come quella di legge] relativa ad un termine di 180 giorni è mantenere ferma l’offerta per tutto il periodo di presumibile durata della gara, e non di limitare nel tempo la validità o, meglio, l’efficacia dell’offerta, non corrispondendo certamente tale limitazione ad un interesse dell’amministrazione. Con l’effetto che le offerte […], una volta scaduto il termine di validità opposto in ossequio alle disposizioni degli atti di gara non possono, in assenza di una univoca manifestazione di volontà in tal senso da parte degli interessati, considerarsi private di efficacia” (cfr. Cons. Stato, III, 25 febbraio 2013, n. 1169; V, 7 gennaio 2009, n. 9; VI, 24 novembre 2010, n. 8224; cfr. in proposito anche delibera Anac n. 321 del 29 marzo 2017).
Peraltro l’interesse e la conferma dell’offerta ben possono desumersi dal comportamento concludente del concorrente, quale ad esempio la presentazione delle giustificazioni di anomalia, come nella specie avvenuto.
È pertanto privo di rilievo si rivela il richiamo al principio d’invarianza dell’offerta – collegato a sua volta dall’appellante all’ipotetica eventualità che alcuni concorrenti dovessero “ritirarsi” – atteso il diverso significato e valore dei due istituti, non potendosi in particolare ricavare dal suddetto principio un’interpretazione delle disposizioni sull’efficacia temporale delle offerte tale da privarle sic et simpliciter di ogni vincolatività allo spirare dei 180 (nel caso di specie 240) giorni nonostante il diverso intendimento dello stesso concorrente interessato, oltreché dell’amministrazione.
8. Essendo stati respinti tutti i motivi relativi alla posizione dell’aggiudicataria, nonché quelli volti a travolgere l’intera procedura di gara, non vi è ragione di esaminare i motivi di gravame relativi alla posizione della seconda e terza classificata.
9. Al rigetto dell’appello principale consegue l’improcedibilità per difetto d’interesse dell’appello incidentale dell’Estar in quanto volto alla declaratoria d’irricevibilità o inammissibilità di alcuni dei motivi del ricorso principale.
10. In conclusione l’appello principale va respinto, salvo l’accoglimento in rito del nono motivo (i.e., motivo n. 6 parte B dell’atto d’appello) con conseguente rigetto in parte qua del ricorso di primo grado, mentre va dichiarato improcedibile per sopraggiunta carenza d’interesse l’appello incidentale.
11. Le spese di lite vanno poste, secondo criterio di soccombenza, a carico dell’appellante principale, non avendo peraltro l’accoglimento in rito del nono motivo un peso rilevante nella valutazione di soccombenza, stante l’infondatezza nel merito di tale motivo, e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo a beneficio di ciascuna appellata costituita, con la precisazione che l’importo così indicato è riconosciuto – nel caso di Ra. e Il Gl. Vi. – complessivamente (e non singolarmente) per le due appellate costituite con il medesimo difensore.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge in parte qua il ricorso di primo grado, respingendo per il resto l’appello principale; dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Condanna l’appellante principale alla rifusione delle spese di lite che liquida nella misura di Euro 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore delle appellate costituite, come precisato in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
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