Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 26 ottobre 2020, n. 6520.
Il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, 23 giugno 2016, recante «Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico», che ha disciplinato le modalità di ammissione ai meccanismi pubblici di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, in attuazione dell’articolo 24 del Dlgs n. 28 del 2011, stabilisce i criteri di priorità per la formazione della graduatoria dei Registri e delle aste, tenendo conto anche dell’anteriorità dei titoli autorizzativi o concessori, in modo da favorire la selezione dei progetti quanto più prossimi alla realizzazione. Pertanto, ai fini dell’applicazione del criterio prioritario della anteriorità del titolo autorizzativo, la data rilevante è quella in cui l’Amministrazione competente ha rilasciato l’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione dell’impianto rinnovabili, e quindi l’atto sostanzialmente idoneo a garantire l’effettivo avvio in produzione dell’impianto richiedente l’accesso al beneficio economico, a prescindere dal nomen iuris del provvedimento di volta in volta preso in considerazione, essendo indifferente che nella specie si tratti di Autorizzazione o di Denuncia Inizio Attività (Dia) o di un permesso di costruire, assumendo rilievo unicamente la data di conclusione favorevole dell’iter amministrativo che abilita la costruzione e l’esercizio dell’impianto.
Sentenza 26 ottobre 2020, n. 6520
Data udienza 25 giugno 2020
Tag – parola chiave: Energia elettrica – Incentivi – Graduatoria formata a seguito dell’iscrizione al registro – Art. 10, comma 5, del DM 23 giugno 2016 – Graduatoria non soggetta a scorrimento – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modalità di incentivazione – Titoli autorizzatori per la costruzione e l’esercizio degli impianti alimentati a fonti rinnovabili – Impugnazioni – Ricorso collettivo e cumulativo – Eccezioni
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 2269 del 2019, proposto dalle società
S.A. s.r.l. ed altri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Mi. Vi. e Ma. Ye., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ge. dei Se. En. (GS.) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Se. Fi., e An. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione terza ter, n. 1295 del 1° febbraio 2019, resa tra le parti, concernente il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, del 23 giugno 2016, avente ad oggetto “Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico” e la conseguente graduatoria degli aventi diritto.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ge. dei Se. En. (GS.), del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020, svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, il consigliere Nicola D’Angelo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con DM 23 giugno 2016, recante “Incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico”, il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e con il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ha disciplinato le modalità di ammissione ai meccanismi pubblici di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, in attuazione dell’art. 24 del d.lgs. n. 28 del 2011.
1.1. In particolare, l’art. 9 del DM ha demandato al Ge. dei Se. En. (di seguito GS.) la pubblicazione di un bando per l’iscrizione degli operatori all’apposito registro informatico, con fissazione dei contingenti massimi di potenza incentivabili per ciascuna fonte e tipologia di impianto. L’art. 10 ha invece fissato i requisiti e le modalità per la richiesta di iscrizione al registro ed i relativi criteri di selezione.
1.2. Il GS., con atto del 20 agosto 2016, ha quindi adottato il bando pubblico per l’iscrizione ai diversi registri informatici, comunicando gli specifici requisiti e le modalità per la richiesta di iscrizione, tra i quali anche quelli relativi al registro n. IDRO_RG2016 per gli Im. Id..
1.3. La graduatoria degli Im. Id. di quest’ultimo registro, che rientravano nel limite di contingente di potenza previsto (Tabella A), è stata quindi pubblicata in data 25 novembre 2016.
2. L’associazione Federazione Produttori Idroelettrici e quattro imprese titolari di altrettanti Im. Id. che non sono risultate ammesse nella graduatoria in posizione utile (la S.A. s.r.l., la S.T. Co. Ge. s.r.l., la Ay.-Br. En. s.r.l. e la Ca. s.r.l.), hanno impugnato i suddetti atti con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, lamentando la non corretta applicazione, nell’elaborazione della graduatoria, del criterio di priorità previsto dall’art. 10, comma 3, lett. g, del DM 23 giugno 2016, ossia quello relativo alla “anteriorità del titolo autorizzativo”. Secondo le ricorrenti, infatti, molte imprese (risultate ammesse in graduatoria, in posizione utile) avrebbero indicato una data di conseguimento del titolo autorizzativo non corrispondente a quella effettiva, in quanto non coincidente con l’ultimo atto di assenso necessario per l’avvio dei lavori di costruzione dell’impianto. Tale data sarebbe stata comunque considerata dal GS. ai fini di determinare le posizioni in graduatoria, mediante applicazione del suddetto criterio di priorità .
3.1. Nel ricorso hanno quindi evidenziato:
a) quanto all’impianto della Is. Co. s.r.l. (posizione n. 1 in graduatoria), iscritto nel registro in base alla data dell’11 giugno 2008 (giorno di conseguimento dell’autorizzazione unica) che la data effettiva di conseguimento del titolo sarebbe stata posteriore (14 marzo 2012) e cioè coincidente con il giorno in cui è stata rilasciata una nuova autorizzazione unica da parte della Provincia di Roma;
b) quanto all’impianto della S.I.- Società Im. Id. s.r.l. (posizione n. 13), iscritto in base alla data del 28 novembre 2012 (giorno di conseguimento del permesso di costruire): risulterebbe invece che solo in data 30 gennaio 2013 il Comune di (omissis) abbia approvato una variante al Piano Urbanistico Generale ed apposto il vincolo preordinato all’esproprio sui terreni interessati dall’intervento; allo stato, mancherebbe ancora una valida dichiarazione di pubblica utilità per la realizzazione dell’opera (ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 387 del 2003), non essendo ancora stato rimosso il vincolo di uso civico esistente sulle aree;
c) quanto all’impianto della Re. s.r.l. (posizione n. 31), iscritto in base alla data del 24 dicembre 2013 (giorno di conseguimento dell’autorizzazione unica): la concessione di derivazione d’acqua a scopo idroelettrico è stata rilasciata solo successivamente, in data 27 aprile 2016;
d) quanto all’impianto della Id. Pr. s.r.l. (posizione n. 39), iscritto in base alla data del 29 aprile 2014 (giorno di conseguimento dell’autorizzazione unica). Anche in questo caso, la concessione di derivazione d’acqua è stata conseguita in un momento successivo, il 22 aprile 2015;
e) quanto all’impianto della C.L. Re. Es. s.r.l. (posizione n. 50), iscritto in base alla data del 18 giugno 2014 (giorno di conseguimento dell’autorizzazione unica). La concessione di derivazione d’acqua è stata però conseguita in un momento successivo, il 5 ottobre 2015;
f) quanto all’impianto della Id. Se. s.r.l. (posizione n. 117): l’autorizzazione unica risulterebbe essere stata annullata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche;
g) quanto all’impianto del Comune di (omissis) (posizione n. 63), iscritto in base alla data del 7 ottobre 2014 (giorno di conseguimento dell’autorizzazione unica), risulterebbe, tuttavia, oggetto di una nuova e successiva autorizzazione unica, rilasciata in data 23 febbraio 2016;
h) quanto alle posizioni in graduatoria nn. 12, 17, 28, 38, 47, 49 e 52, accomunate dal fatto di trattarsi di impianti tutti ubicati nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia, dove la concessione di derivazione d’acqua è strutturalmente rilasciata dopo il conseguimento dell’autorizzazione unica la cui efficacia è condizionalmente sospesa all’ottenimento della concessione, ai fini dell’applicazione del criterio di priorità de quo, occorreva far riferimento alla data di conseguimento della concessione di derivazione d’acqua e non come avvenuto a quella di rilascio dell’autorizzazione unica;
Con riferimento, poi, ad Im. Id. ubicati nella Regione Trentino-Alto Adige, dove non trova applicazione il d.lgs. n. 387 del 2003, le ricorrenti hanno contestato le seguenti posizioni:
– impianto del Comune di (omissis) (n. 11 in graduatoria) per il quale risulterebbe una “variante ai lavori”, successiva alla data di rilascio del titolo autorizzativo;
– impianto della El. We. s.c.r.l. (n. 15 in graduatoria) per il quale vi sarebbero due concessioni edilizie successive al rilascio del titolo autorizzativo;
– impianto della Te. En. s.r.l. (n. 20 in graduatoria), dopo il rilascio del titolo autorizzativo (coincidente con la concessione di derivazione in variante ad uso idroelettrico, del 13 agosto 2013), è stata assentita un’ulteriore variante in data 16 aprile 2014, con deposito di una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività ) solo in data 24 marzo 2015;
– impianto della Wo. En. s.r.l. (n. 37 in graduatoria), dopo il titolo autorizzativo risulterebbero rilasciate due concessioni edilizie;
– impianto del Consorzio Elettrico di (omissis) (n. 44 in graduatoria), la data indicata nella domanda (19 maggio 2014) si riferisce sia al titolo autorizzativo che a quello concessorio, mentre essa corrisponderebbe, in realtà, solo alla concessione di derivazione d’acqua; inoltre, il valore di potenza media indicato in domanda sarebbe di kW 224,15, mentre nella Tabella A della graduatoria risulta indicato il valore di kW 465;
– impianto dell’ASUC Castello (n. 61 in graduatoria), successivamente al titolo autorizzativo, risulterebbe rilasciato un nulla osta della Provincia di Trento per la realizzazione, in sanatoria, di alcuni lavori in variante sulla centralina idroelettrica.
Le ricorrenti hanno anche dedotto l’illegittimità sia dell’art. 10, comma 3, lett. g, del DM 23 giugno 2016, che attribuisce priorità alla “anteriorità del titolo autorizzativo”, ove interpretato nel senso che la nozione di “titolo autorizzativo” non coincide con l’ultimo atto di assenso emesso tale da consentire l’avvio dei lavori, sia dell’art. 10, comma 5, del medesimo DM secondo cui “La graduatoria formata a seguito dell’iscrizione al registro non è soggetta a scorrimento fatto salvo l’art. 11, comma 4”, laddove interpretato nel senso di non consentire lo scorrimento della graduatoria per escludere gli impianti che vi sono stati illegittimamente inseriti, ma solo di scorrere nel caso di rinuncia al beneficio tariffario da parte dell’impresa ammessa.
4. Il GS. ha poi chiesto la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale e di conseguenza le ricorrenti hanno provveduto a riassumere il giudizio dinnanzi al TAR per il Lazio, sede di Roma.
5. Dinanzi al Tar, il GS. ha eccepito la tardività del ricorso per mancata tempestiva impugnazione del DM 23 giugno 2016 e delle relative procedure applicative (pubblicate dal GS. in data 15 luglio 2016), nonché l’inammissibilità dello stesso, limitatamente alla posizione della ricorrente Federazione Produttori Idroelettrici in ragione del suo conflitto di interesse, data la presenza di alcune delle sue associate tra le ammesse al registro, e l’inammissibilità del gravame anche nei confronti delle altre ricorrenti, in quanto esse non avrebbero fornito la c.d. prova di resistenza.
5.1. Anche la difesa erariale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa allegazione della c.d. prova di resistenza e per mancata tempestiva impugnazione del DM 23 giugno 2016 e delle procedure applicative.
6. Successivamente, le ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti contro i procedimenti di verifica documentale conclusi positivamente dal GS. sulle società contro interessate a seguito delle contestazioni sollevate dalle ricorrenti rinunciando all’impugnativa nei confronti dell’impresa prima classificata in graduatoria.
7. Il Tar per il Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe:
a) ha dichiarato improcedibile l’impugnativa relativa alla prima classificata in graduatoria (la società Is. Co.);
b) ha dichiarato inammissibile – per difetto di legittimazione riveniente nella potenziale situazione di conflitto di interessi in cui versava – il ricorso proposto dalla associazione di categoria Federazione Produttori Idroelettrici;
c) ha respinto l’eccezione di tardività e di inammissibilità dell’impugnativa del DM 23 giugno 2016 e delle procedure applicative del medesimo approvate dal GS. in data 15 luglio 2016;
d) ha dichiarato illegittimo, in accoglimento della pertinente doglianza, l’art. 10, comma 5, DM 23 giugno 2016, assodando conseguentemente la possibilità dello scorrimento della graduatoria dipendente da un provvedimento giurisdizionale;
e) ha implicitamente respinto l’impugnativa dell’art. 10, comma 3, dello stesso DM, di cui ha fatto applicazione per saggiare gli esiti della prova di resistenza;
f) ha accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti delle quattro imprese, per mancato superamento della prova di resistenza, da effettuarsi nei confronti delle stesse complessivamente considerate, alla stregua dei principi in materia di limitata ammissibilità del ricorso collettivo nel processo amministrativo;
g) ha effettuato un riscontro analitico, ma limitato alla saturazione del contingente di potenza reso in astratto disponibile, della posizione di alcune imprese inserite nella graduatoria degli ammessi;
h) infine, ha compensato fra le parti le spese di lite.
8. Contro la predetta sentenza hanno proposto appello le società S.A., S.T. Co. Ge., Ay.-Br. En. e Ca., ad esclusione dei capi della stessa decisioni relativi all’improcedibilità del ricorso di primo grado contro la prima classificata in graduatoria (Is. Co.) e all’inammissibilità del medesimo gravame per difetto di legittimazione (derivante dalla situazione di conflitto di interessi in relazione alla posizione) della associazione Federazione Produttori Idroelettrici.
Nell’appello hanno quindi prospettato tre mezzi di gravame (da pagina 29 a pagina 36 del ricorso), riproponendo, nella sostanza, i due complessi motivi dell’originario ricorso di prime cure, di seguito compendiati.
8.1. Violazione e/o falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e ai DD.MM. 10 settembre 2010, 6 luglio 2012, 31 gennaio 2014 e 23 giugno 2016 e relative Procedure applicative – Violazione e/o falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 3 della legge n. 241/1990 e s.m.i. – Violazione e/o falsa applicazione di legge in riferimento all’art. 75 del D.P.R. n. 445/2000 e al bando pubblico per l’iscrizione ai Registri informatici di cui al D.M. 23 giugno 2016, pubblicato dal GS. il 20 agosto 2016 – Violazione e/o falsa applicazione di legge in riferimento agli artt. 107, 108, 119 e 120 del TFUE e dei principi nazionali ed europei in materia di concorrenza e par condicio dei partecipanti ad una procedura selettivo/concorsuale – Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. – Eccesso di potere sotto il profilo della illogicità manifesta, contraddittorietà, disparità di trattamento, difetto di istruttoria e di motivazione – Sviamento.
8.1.1. Per le società appellanti, i vizi della graduatoria impugnata risulterebbero dalla disamina in diritto delle suddette disposizioni, in cui è stata evidenziata la problematica applicazione dei criteri di priorità di cui all’art. 10 del D.M. 23 giugno 2016, che presuppongono la disciplina dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 a domande di incentivazione di impianti non assoggettati a tale disciplina autorizzativa.
Nelle Regioni a statuto ordinario la concessione di derivazione è infatti rilasciata congiuntamente o precedentemente all’autorizzazione unica mentre nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano, in cui non è legislativamente previsto un provvedimento autorizzativo unico, i singoli atti autorizzativi o concessori sono rilasciati separatamente dalle varie autorità competenti.
8.1.2. In questo quadro, il GS. si è invece attenuto alla data formale dell’autorizzazione unica (o di altro atto autorizzativo) al fine della graduazione cronologica delle domande, non tenendo conto della peculiarità delle diverse situazioni autorizzative. In questo modo le ricorrenti si sono viste precedere in graduatoria da concorrenti i cui impianti non avevano completato l’iter autorizzativo o lo avevano completato in data posteriore al loro. Peraltro, tale criterio di priorità è derivato dall’art. 10, comma 3, lett. g), del D.M. 23 giugno 2016 (ripreso nel bando GS. del 20 agosto 2016), determinando la conseguente graduazione di posizioni non omogenee in violazione della parità tra i concorrenti.
8.1.3. D’altra parte, anche l’Autorità per la concorrenza (AGCM) ha segnalato al MISE il 12 giugno 2017 come le disposizioni del D.M. 23 giugno 2016 e la loro applicazione da parte del GS. non abbiano assicurato la par condicio dei concorrenti in conseguenza della disomogeneità delle procedure autorizzative adottate dai vari Enti locali, proponendo di conseguenza di modificare la normativa in materia.
8.1.4. L’erronea applicazione del criterio della priorità connessa alla data di ottenimento dell’autorizzazione è poi evidenziata rispetto agli undici impianti indicati nel ricorso di primo grado, la cui contestata posizione involge l’interesse delle appellanti in ragione del possibile scorrimento derivante dalla loro esclusione.
8.2. Violazione di legge in riferimento agli artt. 24, 111 e 113 Cost. – Violazione/falsa applicazione di legge in riferimento agli artt. 1 e 7 del d.lgs. n. 104/2010 – Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
8.2.1. Il motivo è relativo al divieto di scorrimento di graduatoria di cui all’art. 10, comma 5, del D.M. 23 giugno 2016, secondo cui “la graduatoria formata a seguito dell’iscrizione al registro non è soggetta a scorrimento fatto salvo l’art. 11, comma 4″, che riguarda il caso della rinuncia”; tale motivo sarebbe stato dal Tar accolto solo incidentalmente “l’effetto dello scorrimento di graduatoria non potrebbe, nel caso di specie, essere impedito dalla previsione di cui all’art. 10, comma 5, del d.m. 23 giugno 2016… che non può trovare applicazione nell’ipotesi in cui la cancellazione di un impianto dalla graduatoria sia dipesa da un provvedimento giurisdizionale di suo annullamento in parte qua, in ossequio all’effettività della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa in giudizio”.
8.2.2. In realtà, secondo gli appellanti, l’esclusione di un concorrente privo dei requisiti dovrebbe consentire, a chi li possiede, di accedere agli incentivi.
8.2.3. Inoltre, il Tar non avrebbe esaminato tutte le domande contestate (in particolare quelle delle imprese contro interessate). Ciò, fra l’altro, avrebbe condotto ad indicare in modo errato il contingente di potenza degli impianti che avrebbero potuto essere esclusi dalla Tabella A per consentire il subentro delle ricorrenti (prova di resistenza), disconoscendo erroneamente l’interesse di queste ultime al ricorso. Anche in ordine alle conclusioni sul ricorso collettivo, il Tar avrebbe erroneamente considerato che l’interesse alla sua proposizione sarebbe derivato dalla prova dell’ammissione di tutte le domande delle ricorrenti, escludendo per contro che sussistesse l’interesse di ciascuna, ovvero che se non fosse raggiunta la prova che tutti gli impianti siano ammessi ad incentivazione, il ricorso sarebbe inammissibile. La proposizione di un ricorso collettivo invece non escluderebbe la necessità di considerare separatamente i motivi di gravame fatti valere dalle singole parti ricorrenti.
9. Il GS. si è costituito il 19 marzo 2019, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato, il 17 aprile 2019, un ricorso incidentale (da intendersi subordinato, come risulta dalla lettura della pagina 6 § 4 del gravame) per contrastare il capo della sentenza nella quale il Tar ha rigettato l’eccezione spiegata in primo grado di tardività e inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione dell’articolo 10, commi 3, lettera g), e 5, del D.M. 23 giugno 2016 e delle procedure applicative.
10. Il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali si sono costituiti in data 20 marzo 2019 ed hanno depositato una memoria il 9 marzo 2020.
11. Il GS. ha depositato ulteriori documenti e una memoria il 27 maggio 2019. Ha poi depositato ulteriori scritti difensivi il 14 giugno 2019, il 9 marzo 2020 e, per ultimo, una memoria di replica il 19 marzo 2020.
12. Le società appellanti hanno depositato ulteriori documenti il 24 febbraio 2020, una memoria il 6 marzo 2020 e una replica il 18 marzo 2020. Hanno, infine, depositato note di udienza ai sensi dell’art. 84, comma 5 del decreto legge n. 18 del 2020, chiedendo contestualmente il passaggio in decisione della causa.
13. Con decreto del Presidente di questa Sezione n. 274 del 20 marzo 2019, è stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti inseriti nella Tabella A del Registro RG_IDRO2016 pubblicata dal GS. il 25 novembre 2016 mediante notifica per pubblici proclami, con inserimento sul Sito Web del Ministero dello Sviluppo Economico di un estratto del decreto, di un sunto del ricorso e con la dichiarazione dello stato attuale del procedimento.
13.1. Con successivo decreto del Presidente di questa Sezione n. 766 del 5 giugno 2019, il GS. è stato autorizzato alla notifica del suo ricorso incidentale per pubblici proclami con le medesime modalità di cui al decreto n. 274/2019.
13.2. Il GS. il 14 giugno 2019 ha adempiuto alla notifica per pubblici proclami nelle modalità di cui ai citati decreti presidenziali. Le appellanti, in pari data, hanno invece rappresentato che il Ministero dello Sviluppo Economico non aveva provveduto alla pubblicazione dei documenti trasmessi in adempimento al decreto presidenziale n. 274/2019, non consentendo l’integrazione del contraddittorio.
14. Nella camera di consiglio del 30 maggio 2019 l’esame dell’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, è stato differito, su richiesta delle parti, alla udienza pubblica destinata alla discussione del merito della causa.
15. La causa è stata trattenuta in decisione, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, nell’udienza pubblica tenutasi in video conferenza il 25 giugno 2020 senza che le parti abbiano richiesto l’esame dell’incidente cautelare.
16. Preliminarmente, il Collegio rileva l’inammissibilità, per violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a., del deposito documentale effettuato in data 24 febbraio 2020 nonché di talune censure di fatto, non articolate in primo grado ritualmente ed invece illustrate per la prima volta nella memoria delle appellanti del 6 marzo 2020.
16.1. In particolare, nella stessa memoria si evidenziano circostanze relative allo scorrimento delle graduatorie non rappresentate in precedenza quali quelle relative al possibile accesso in Tabella A delle domande delle ricorrenti mediante la sola cancellazione degli impianti di potenza complessiva pari a MW 2,152, con conseguente scorrimento della graduatoria e dell’accesso agli incentivi a favore degli impianti collocati nelle prime sei posizioni della Tabella C, tra cui quelli di tre ricorrenti, senza necessità di procedere alle ulteriori esclusioni richieste con il primo motivo di ricorso, per il solo effetto delle cancellazioni dalla graduatoria disposte dal GS. e della conseguente disponibilità del contingente di potenza degli impianti cancellati.
17. Il Collegio prescinde poi, ai sensi dell’art. 95, comma 5, del c.p.a., dal prendere posizione sulle conseguenze del mancato effettivo perfezionamento dell’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami dell’appello principale, disposto con la citata ordinanza del Presidente di questa Sezione n. 274/2019, attesa l’infondatezza del gravame nel merito.
18. L’appello non è fondato.
19. Risulta, innanzitutto, inammissibile la doglianza relativa alla legittimità dell’art. 10, comma 5, del DM 23 giugno 2016 “la graduatoria formata a seguito dell’iscrizione al registro non è soggetta a scorrimento fatto salvo l’art. 11, comma 4”. Il Tar ha infatti accolto il motivo di ricorso ritenendo che l’effetto dello scorrimento della graduatoria non avrebbe potuto essere impedito dalla previsione della stessa disposizione. Gli stessi appellanti nella memoria del 6 marzo 2020 hanno quindi affermato “Queste censure sono già state accolte tanto dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato quanto dal T.A.R. per il Lazio nella sentenza gravata.
Nella propria Segnalazione del 12 giugno 2017 del 12 giugno 2017 l’AGCM ha ritenuto infatti che “il divieto di scorrimento della graduatoria, previsto dall’art. 10, comma 5, del Decreto, risulta eccessivamente vincolante e non funzionale alla promozione di un uso efficiente delle risorse di incentivazione disponibili, alterando le dinamiche concorrenziali future nel mercato della produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Il T.A.R. per il Lazio ha affermato che il divieto non opera in caso di annullamento parziale della graduatoria in sede giurisdizionale (“l’effetto dello scorrimento di graduatoria non potrebbe, nel caso di specie, essere impedito dalla previsione di cui all’art. 10, comma 5, del d.m. 23 giugno 2016… che non può trovare applicazione nell’ipotesi in cui la cancellazione di un impianto dalla graduatoria sia dipesa da un provvedimento giurisdizionale di suo annullamento in parte qua, in ossequio all’effettività della tutela giurisdizionale e del diritto di difesa in giudizio”)”.
20. Devono invece ritenersi infondati i profili di appello relativi al criterio di preferenza individuato dall’art. 10, comma 3, del DM 23 giugno 2016.
20.1. Con il suddetto decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono state stabilite le modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, ad esclusione di quelli fotovoltaici. Una delle principali finalità del decreto è stata quella di fornire un primo adeguamento, della normativa esistente in materia di incentivazione alle fonti rinnovabili di energia, alle linee guida in materia di aiuti di Stato per l’energia e l’ambiente di cui alla comunicazione della Commissione europea 2014/C 200/01.
Queste ultime consentono un graduale adattamento della normativa sui regimi di sostegno, richiedendo che solo alcuni requisiti siano improrogabilmente rispettati nell’arco di un periodo transitorio che si è concluso il 31 dicembre 2016. Dal 1° gennaio 2017 tutti gli aiuti di Stato in favore delle fonti rinnovabili all’interno dell’Unione Europea dovranno conformarsi pienamente alle sopra richiamate linee guida della Commissione Europea. Nel periodo transitorio necessario al pieno adeguamento degli strumenti di incentivazione alle nuove disposizioni comunitarie, il decreto ha assicurato la continuità al sostegno economico in favore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nei limiti consentiti dai criteri dettati dalla normativa primaria di riferimento (decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28).
In particolare, il decreto ha essenzialmente mantenuto l’impostazione della previgente disciplina di incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili definita dal decreto ministeriale 6 luglio 2012, soprattutto per quanto riguarda le modalità di accesso all’incentivazione (aste e registri per gli impianti più grandi, accesso diretto per gli impianti di potenza minore) e la tipologia di incentivo (feed in premium). Tenuto conto delle mutate condizioni di contesto sono state poi apportate alcune novità, ad esempio, i contingenti di potenza elettrica incentivabile sono stati predisposti e dimensionati in modo da offrire sostegno alle tipologie di installazioni immediatamente cantierabili, lasciando impregiudicata la potenziale futura eleggibilità delle altre tipologie di impianto nell’ambito di eventuali ulteriori provvedimenti di incentivazione
Nella medesima prospettiva, i criteri di priorità per la formazione della graduatoria dei registri e delle aste tengono conto anche dell’anteriorità dei titoli autorizzativi/concessori, in modo da favorire la selezione dei progetti quanto più prossimi alla realizzazione.
20.2. Le previsioni del decreto sono poi ulteriormente declinate dalle procedure applicative approvate dal GS. il 15 luglio 2016.
21. Secondo le società appellanti, nell’ambito di tale quadro normativo, la definizione dei criteri di priorità di formazione delle graduatorie avrebbe comportato una disparità di trattamento tra gli operatori in ragione delle non omogenee normative regionali in materia di rilascio dei titoli autorizzatori per la costruzione e l’esercizio degli impianti alimentati a fonti rinnovabili. In particolare, in alcune regioni il titolo autorizzativo, che normalmente viene rilasciato solo a valle del rilascio della concessione per gli usi idroelettrici, può essere assentito prima del conseguimento del titolo concessorio, con conseguente disparità tra gli operatori nel godimento del criterio di priorità dell’anteriorità del titolo autorizzativo, previsto per la formazione della graduatoria dei registri dall’art. 10, comma 3, lett. g) del decreto.
21.1. Quanto prospettato dalle appellanti non è fondato. Ai fini dell’applicazione del criterio in questione, la data rilevante è quella in cui l’Amministrazione competente ha rilasciato l’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione, e quindi l’atto sostanzialmente idoneo a garantire l’effettivo avvio in produzione dell’impianto richiedente l’accesso al beneficio economico, a prescindere dal nomen iuris del provvedimento di volta in volta preso in considerazione, essendo indifferente che nella specie si tratti di autorizzazione o di denuncia inizio attività (DIA) o di un permesso di costruire, assumendo rilievo unicamente la data di conclusione favorevole dell’iter amministrativo che abilita la costruzione e l’esercizio dell’impianto.
21.2. D’altra parte, il principio è esplicitato nelle non impugnate procedure applicative (pag. 44 § 2.2.33) là dove è previsto che: “Il titolo autorizzativo/abilitativo si intende conseguito alla data in cui l’amministrazione competente ha rilasciato l’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione. Il titolo autorizzativo/abilitativo non sarà pertanto ritenuto conseguito in presenza di un atto endoprocedimentale, quale, in via esemplificativa, il Verbale della Conferenza dei Servizi, seppur di contenuto positivo, in caso di Autorizzazione Unica. Nell’ipotesi di Denuncia di Inizio Attività (DIA) o di Procedura Abilitativa Semplificata (PAS), per esempio, il titolo abilitativo si intende conseguito decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della relativa documentazione all’Ente comunale competente senza che siano intervenuti espliciti dinieghi e senza che si siano verificate cause di sospensione di detto termine, quali la necessità di acquisire, anche mediante convocazione di Conferenza di servizi, atti di amministrazioni diverse e di attivare il potere sostitutivo (articolo 23 D.P.R. 380/2001 e articolo 6, comma 5, D.Lgs. 28/2011)”.
22. Quanto poi alle contestazioni mosse dalle società contro interessate, ai fini di liberare parte del contingente di potenza di cui alla graduatoria ed alla annessa Tabella A, va ribadito che deve ritenersi inammissibile, per violazione dell’articolo 104, commi 1 e 2, c.p.a. (essendo stata introdotta e asseritamente provata solo in appello), l’allegazione delle ricorrenti secondo cui, alla data del 30 giugno 2018, il GS. avrebbe liberato, per esclusione, 3,456 MW di potenza. In ogni caso, con specifico riferimento al calcolo della potenza da liberare per far rientrare gli impianti delle appellanti, correttamente il Tar ha considerato anche gli impianti che continuerebbero comunque a precederle in graduatoria.
22.1. D’altra parte, la verifica della legittimità dei provvedimenti di ammissione delle contro interssate non va compiuta nell’astratto interesse generale, ma è finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice, non potendosi perdere di vista la relazione funzionale tra azione e bene della vita sostanziale perseguito da chi propone ricorso, in quanto la facoltà di agire in giudizio non è attribuita, indistintamente, a tutti i soggetti che potrebbero ricavare eventuali ed incerti vantaggi dall’accoglimento della domanda (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., n. 9 del 2014 e n. 4 del 2011).
22.2. In concreto, quindi, il contingente di potenza impiegato dalle società appellanti, pari a 4,714 MW, sommato a quello degli impianti collocatisi rispettivamente alle posizioni nn. 1, 2, 3, 4 e 8, pari a 1,134 MW, porta al totale di 5,848 MW che necessariamente debbono liberarsi ai fini dell’ingresso in graduatoria degli impianti di cui è causa. Per tale ragione, così come correttamente affermato dal Tar, è necessario, nel caso di specie, che “affinchè possa dirsi radicato l’interesse ad agire – l’auspicata declaratoria di annullamento liberi, per effetto dell’esclusione dalla graduatoria delle imprese controinteressate in tesi soccombenti, una potenza complessiva pari a MW 5,848”.
22.3. Ai fini del calcolo del dato di potenza che avrebbe potuto liberarsi per effetto della proposizione del ricorso e dei successivi motivi aggiunti, sono stati contestati dalle ricorrenti alcuni impianti messi in graduatoria. In corso di causa, hanno poi rinunciato unicamente alla contestazione dell’ammissione di Is. Co. collocatasi al primo posto nella graduatoria. Per tale motivo, correttamente il Tar ha conteggiato, e poi esaminato, ai fini della verifica della c.d. “prova di resistenza” anche gli impianti collocatosi alle posizioni nn. 12, 17, 28, 38, 47 e 117 in graduatoria, così come correttamente non ha esaminato le posizioni delle società ASUC Castello e Idroelettriche Riunite in quanto non impugnate e contestate.
22.4. Il giudice di primo grado ha quindi scrutinato e verificato la c.d. “prova di resistenza” tenendo conto del differenziale tra il contingente di potenza che si fosse reso disponibile come conseguenza dell’eventuale accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti, e quello necessario a far rientrare gli impianti di tutte le società ricorrenti. Infatti, la reiezione delle censure afferenti a ciascuna posizione in graduatoria comporta “l’abbassamento della soglia necessaria a radicare l’interesse al ricorso, fino all’eventuale suo azzeramento il quale comporterebbe il difetto di interesse alla disamina delle censure ancora non esaminate”.
23. Relativamente ai profili di censura connessi con i temi della prova di resistenza, del ricorso collettivo e della disgiunzione dell’interesse a ricorrere, va preliminarmente evidenziato che la giurisdizione amministrativa ha un carattere soggettivo (da ultimo, Cons. Stato, Ad. plen., n. 10 del 2020; n. 5 del 2015; n. 9 del 2014). Chi agisce in giudizio deve dunque dimostrare che dalla caducazione del provvedimento discenda in via immediata e diretta un vantaggio alla propria sfera giuridica (questo è tanto più evidente per gli interessi pretensivi). Da qui la necessità dell’utilizzo della prova di resistenza per saggiare, come sopra detto, la consistenza dell’interesse ad agire che deve al pari di ogni altra condizione dell’azione permanere dalla data di instaurazione del processo e fino alla sua definizione.
23.1. In questo contesto, la tutela di un interesse strumentale è eccezionale e predicabile solo in presenza di una norma di legge (cfr. Cons. Stato, Ad. plen,. 10 del 2020, Corte cost. n. 271 del 2019; Ad. plen. n. 4 del 2018; n. 9 del 2014).
23.2. In coerenza con il carattere soggettivo della giustizia amministrativa, in base alla disciplina dettata dal c.p.a. (art. 40) il paradigma legale del processo impugnatorio prevede, anche al fine di prevenire l’abuso del processo, l’impugnazione da parte di un solo soggetto di un uno solo provvedimento (Ad. plen. nn. 4 e 5 del 2015). Conseguentemente, il ricorso collettivo e cumulativo sono eccezioni alla regola da interpretarsi restrittivamente. Quanto al ricorso collettivo in particolare, esso si ammette solo ed esclusivamente se è fornita la prova ex ante e in astratto, trattandosi di uno scrutinio sulla causa petendi della domanda ai fini dell’accertamento di una condizione dell’azione, dell’identità della situazione sostanziale e processuale (identità petitum, causa petendi, oggetto impugnativa, motivi) e dell’assenza di un conflitto di interesse anche solo potenziale (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4363 del 2019; sez. IV, n. 2700 del 2017).
23.3. Nella specie, invece, al momento della proposizione del ricorso vi era una situazione potenziale di conflitto di interesse perché l’ammissione delle ricorrenti al beneficio agognato non era garantita contestualmente a tutte le società, dipendendo dalla esatta individuazione della potenza disponibile e dalla loro collocazione di ciascuna di esse nella graduatoria delle escluse.
23.4. Deve essere evidenziata, infine, la genericità, il carattere congetturale e la tardività delle censure con cui si lamenta la falsità delle dichiarazioni rilasciate da alcune delle imprese ammesse, la errata valutazione della posizione della ditta Re. Es., l’omessa considerazione di ulteriori provvedimenti di esclusione dalla graduatoria, successivamente alla deliberazione della impugnata sentenza.
24. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
25. Di conseguenza va dichiarato improcedibile l’appello incidentale subordinato proposto dal GS..
26. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale del GS..
Condanna le società appellanti al pagamento, in solido fra loro, delle spese del presente grado di giudizio che liquida nella misura di euro 10.000,00(diecimila/00) in favore di ciascuna parte appellata (GS. e Ministeri costituiti), per un totale di euro 20.000,00 (ventimila/00), oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15% in quanto dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2020, svoltasi da remoto in audio conferenza ex art. 84, comma 6, del decreto legge n. 18 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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