Consiglio di Stato, Sentenza|1 marzo 2021| n. 1726.
L’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992, come sostituito dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha trasferito alla giurisdizione tributaria ogni controversia avente ad oggetto rapporti di natura tributaria, rimanendo escluse solo le controversie in cui non è direttamente coinvolto un rapporto tributario, ma viene impugnato un atto di carattere generale (art. 7, comma V, ultimo periodo, d.lgs. n. 546 del 1992), o si chiede il rimborso di una somma indebitamente versata a titolo di tributo, e di cui l’amministrazione riconosce pacificamente la spettanza al contribuente.
Sentenza|1 marzo 2021| n. 1726
Data udienza 12 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Avvisi di accertamento – Annullamento in autotutela – Rigetto – Silenzio rifiuto – Difetto di giurisdizione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8780 del 2012, proposto dal signor Pa. Am., rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. D’A., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ma. Gr. in Roma, via (…)
contro
l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Prato, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…)
nei confronti
di Eq. ce. S.p.A. – ex Ge. Li. S.p.A.- in persona del direttore pro tempore, non costituita in giudizio
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima n. 1530/2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Prato;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2021, in collegamento da remoto in videoconferenza, il Cons. Antonella Manzione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor Pa. Am. impugna la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Toscana, sez. I, ha dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso promosso in primo grado onde ottenere l’annullamento del provvedimento implicito di rigetto dell’istanza di autotutela avanzata il 20 giugno 2006 per l’annullamento degli avvisi di accertamento nn. 8622000095 e 8621000402 per l’anno d’imposta 1995 e n. 8622000180 per l’anno d’imposta 1996, emessi dall’Ufficio “Prato 2” dell’Agenzia delle Entrate.
Con l’appello interposto si afferma, sotto tre distinti profili, la giurisdizione del giudice amministrativo, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., in ragione dell’oggetto dell’impugnativa, costituito da un atto di esercizio di discrezionalità nell’ambito dell’autotutela tributaria. Nella parte in fatto, sono riproposte le ragioni di merito sottese alla asserita ingiustizia dell’accertamento, essendo il ricorrente estraneo alle violazioni addebitategli, in quanto avrebbe agito solo come prestanome per aiutare un amico in difficoltà economica.
L’Agenzia delle entrate si è costituita per resistere all’impugnazione con atto di stile.
Con note di udienza depositate il 5 gennaio 2021 la difesa dell’appellante ha chiesto pretermettersi la discussione orale.
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2021, svoltasi con modalità da remoto ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legge n. 137 del 28 ottobre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Il Tribunale adito, dopo aver succintamente ricostruito la fattispecie, ha affermato che la controversia, pur avendo ad oggetto un silenzio rifiuto sull’istanza di annullamento in autotutela di avvisi di accertamento, ricade tuttavia nell’alveo della giurisdizione tributaria ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, siccome modificato dall’art. 12, comma 2, della l. 28 dicembre 2001, n. 448.
Le argomentazioni che sorreggono la sentenza impugnata sono condivisibili.
L’art. 12, comma 2, della l. 28 dicembre 2001, n. 448 ha stabilito che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie o relative alle sanzioni irrogate da uffici finanziari e agli interessi e accessori, con la conseguenza che, a decorrere dall’entrata in vigore di detta previsione, la giurisdizione tributaria ha acquisito un carattere generale esteso a qualunque contestazione alla quale sia sotteso uno specifico rapporto tributario, rimanendo escluse dal suo ambito soltanto le impugnazioni degli atti a carattere generale ai sensi dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546/1992 (la cui cognizione è riservata al giudice amministrativo) e l’accertamento del diritto al rimborso di una somma indebitamente versata a titolo di tributo, ma spettante al contribuente (questione appartenente alla giurisdizione ordinaria).
In applicazione di tale chiara enunciazione di principio generale, costituisce da tempo ius receptum presso i giudici di legittimità quello in forza del quale va riconosciuto carattere pieno ed esclusivo alla giurisdizione tributaria, tale da estendersi non soltanto all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del prodromico procedimento (Cass. civ., sez. un., 7 maggio 2010, n. 11082; id., 30 marzo 2010, n. 7612), ivi inclusi i dinieghi all’esercizio dell’autotutela (Cass. civ., sez. un., nn. 2870/2009 e 9669/2009). Nel caso di specie peraltro il ricorrente aveva già “tentato” anche l’impugnazione degli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione tributaria di Prato, ma i relativi ricorsi erano stati rigettati per tardività ; in relazione a tale mancata impugnativa pregiudiziale, il successivo gravame proposto avverso le corrispondenti cartelle di pagamento nel frattempo notificate era stato respinto con sentenza confermata in appello.
Dopo originarie oscillazioni giurisprudenziali, relative a fattispecie antecedenti alla citata modifica dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 2005, n. 6269), converge nei sensi sopra precisati anche l’orientamento di questo Consiglio di Stato, secondo cui il rimedio del silenzio rifiuto non configura una giurisdizione esclusiva o per materia del giudice amministrativo e non è quindi esperibile nel caso in cui quest’ultimo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto sostanziale, così come si verifica nel caso in cui detto rapporto presenti natura tributaria (Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2009, n. 1645; id., 27 febbraio 2008, n. 741; sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5120; sez. V, 9 ottobre 2006, n. 6003; C.G.A.R.S., parere n. 708 del 30 giugno 2015).
L’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992, come sostituito dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ha cioè comportato ” per ormai pacifica giurisprudenza, la trasformazione della giurisdizione tributaria in giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari, restandone al di fuori solo controversie in cui non è direttamente coinvolto un rapporto tributario, ma viene impugnato un atto di carattere generale (art. 7, comma V, ultimo periodo, d.lgs. n. 546 del 1992), o si chiede il rimborso di una somma indebitamente versata a titolo di tributo, e di cui l’amministrazione riconosce pacificamente la spettanza al contribuente” (v. ancora Cons. Stato, sez. IV, n. 1645/2009, cit. supra).
Dovendosi confermare la carenza della giurisdizione amministrativa, appare superfluo uno scrutinio in dettaglio delle articolate argomentazioni distintamente mirate a confutare tale consolidata ricostruzione ermeneutica, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.
Sussistono giuste ragioni, anche alla luce della sostanziale mancanza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle entrate, per compensare le spese dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Sezione Seconda del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2021, tenutasi con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Italo Volpe – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore
Cecilia Altavista – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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