Corte di Cassazione, civile, Sentenza|2 settembre 2022| n. 25972.

La responsabilità contrattuale nei confronti del paziente propria della struttura sanitaria

La responsabilità contrattuale nei confronti del paziente propria della struttura sanitaria comprende anche l’assunzione del rischio per i danni che al creditore possano derivare dall’utilizzazione di terzi per l’adempimento dell’obbligazione negoziale, ma non è configurabile qualora il pregiudizio consegua alla condotta di un soggetto terzo riferibile ad altra struttura, la quale abbia posto in essere una successiva e distinta presa in carico del medesimo paziente.

Sentenza|2 settembre 2022| n. 25972. La responsabilità contrattuale nei confronti del paziente propria della struttura sanitaria

Data udienza 8 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità medica – Struttura ospedaliera – Natura contrattuale – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 10319/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), domiciliazione p.e.c. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale (OMISSIS) in persona Commissario Straordinario, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4587/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2022 da PORRECA PAOLO.

La responsabilità contrattuale nei confronti del paziente propria della struttura sanitaria

RILEVATO IN FATTO

Che:
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio l’Azienda Ospedaliera ” (OMISSIS)” di Napoli per ottenere il risarcimento dei danni che avevano patito in conseguenza della morte di (OMISSIS), marito della prima deducente e padre degli altri due attori, esponendo che quest’ultimo era stato prima ricoverato, per problemi cardiaci, presso il presidio convenuto e poi trasferito, senza ricevere informazioni, presso l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), dove aveva perso la vita a seguito dell’errata manovra del chirurgo che aveva effettuato la prevista coronarografia;
il Tribunale accoglieva la domanda e gli attori appellavano in ordine alla quantificazione, mentre l’ente ospedaliero interponeva appello incidentale contestando la propria legittimazione passiva, dovendo ritenersi sussistente quella dell’azienda ospedaliera in cui era stata eseguita la manovra chirurgica errata e risultata letale;
la Corte di appello rigettava la domanda in accoglimento dell’appello incidentale, osservando, in particolare, che la condotta dei medici dell’Azienda Ospedaliera (OMISSIS) aveva integrato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento, laddove, a prescindere dall’impossibilita’ di configurare un legame causale tra la morte di (OMISSIS) e la mancanza di consenso informato al trasferimento presso l’altro nosocomio nonche’ al successivo trattamento sanitario, in tesi addebitabile ai sanitari dell’ospedale (OMISSIS), non era emersa alcuna prova in ordine al fatto che il paziente avrebbe dissentito dall’intervento ove adeguatamente informato;
avverso questa decisione ricorrono, sulla base di un unico motivo, ribadito in memoria, (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliera ” (OMISSIS)” di Napoli che ha depositato, altresi’, memoria.

La responsabilità contrattuale nei confronti del paziente propria della struttura sanitaria

RILEVATO IN DIRITTO

Che:
con l’unico e articolato motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1176, 1218, 1228 e 2697 c.c., articolo 112 c.p.c., poiche’ la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, come da precisazione della domanda nelle memorie assertive in primo grado, l’accettazione e il ricovero iniziale del paziente, presso il nosocomio (OMISSIS), avevano determinato il perfezionamento del relativo contratto di spedalita’, sicche’, con il successivo trasferimento, tale impegno negoziale non era venuto meno, dovendo, quell’azienda ospedaliera, rispondere anche dell’operato dei terzi di cui si era cosi’ avvalsa senza preventivo consenso dell’assistito, che aveva diversamente scelto i sanitari cui affidarsi, fermo rimanendo che la decisione di seconde cure sarebbe stata comunque erronea, al contempo, anche nella conclusione di ritenere un’esclusiva responsabilita’ dei sanitari del secondo nosocomio, atteso che il perito d’ufficio aveva evidenziato la mancata e colposa acquisizione dei necessari dati clinici presso il primo presidio, cosi’ influendo sulle decisioni sbagliate assunte nell’ospedale (OMISSIS), in cui si procedette al tentativo di disostruzione conferendo all’occlusione del primo ramo del margine ottuso una rilevanza clinica superiore a quella che un piu’ completo quadro diagnostico avrebbe potuto attribuire;
il Pubblico Ministero ha formulato conclusioni scritte;
Rilevato che:
il ricorso e’ infondato e tale esito supera la necessita’ di integrare il contraddittorio mancante con la litisconsorte processuale necessaria (OMISSIS), gia’ parte dei giudizi di merito;
questa Corte ha progressivamente chiarito che il rapporto e la responsabilita’ della struttura ospedaliera, la quale prenda in carico il paziente, e’ di natura contrattuale con l’assistito – e questo accade ancora oggi, nel perimetro in questione, dopo la sopravvenuta L. n. 24 del 2017 – sempre per fatto proprio anche quando si avvalga di terzi, quali sono i medici inseriti ovvero operanti nella stessa anche se non alle formali dipendenze (Cass., 13/04/2007, n. 8826, Cass., 11/11/2019, n. 28987);
ora, sebbene, per logica, non vi sia alcuna necessita’ che il terzo di cui la struttura si avvalga sia una persona fisica qual e’ il medico, deve pur sempre trattarsi di un’opera effettivamente riferibile all’ente ospedaliero e non ad altre strutture che abbiano posto in essere una successiva e distinta presa in carico, altrimenti implicandosi una responsabilita’ per posizione originaria permanente;
questo risponde alla “ratio” ricostruttiva basilare della disciplina, poiche’ la struttura risponde dell’esecuzione dei propri servizi cli spedalita’ e non di quelli altrui;
non a caso e’ stato precisato che la responsabilita’ della struttura sanitaria trova fondamento nell’assunzione del rischio per i danni che al creditore possono derivare dall’utilizzazione di terzi nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale, in coerenza con i possibili controlli sull’operato degli incaricati (cfr. Cass., 20/10/2021, n. 29001, pag. 11);
e’ quindi evidente che il trasferimento di un paziente ad altra struttura che abbia perfezionato altro ricovero ed operato con propri medici, determinera’ una distinta responsabilita’ soggettiva;
parte ricorrente sottolinea che la scelta di effettuare la coronarografia presso l’ospedale (OMISSIS) fu effettuata dai medici del (OMISSIS) senza preventiva consultazione, e che il paziente fu trasportato ignaro di dover subire un intervento invasivo, laddove la conferma della circostanza per cui l’intervento fu commissionato dalla prima struttura emergerebbe altresi’ dalla descrizione dello stesso nella cartella clinica formata e conservata in questa struttura;
la lesione del consenso al trasferimento, quale presupposto risarcitorio autonomo, costituisce, pero’, profilo distinto dall’assunto volto a sostenere la legittimazione passiva della prima struttura per l’errore medico accertato come posto in essere da medici della seconda e presso quest’ultima;
infatti, la deduzione, quale riportata in ricorso (a pag. 10), svolta sul punto nelle memorie assertive di prime cure – al di la’ della riproposizione in sede di appello da ritenere effettivamente non necessaria in quanto afferente alla corretta sussunzione della fattispecie di legittimazione passiva oggetto dell’appello incidentale – risulta incentrata su quest’ultimo profilo e non sulla lesione del consenso;
peraltro, la Corte territoriale ha diversamente accertato, in fatto, che tre giorni prima del trasferimento in parola il paziente accetto’ “l’iter diagnostico terapeutico previsto dall’indagine coronarografica” (pag. 4 della sentenza);
infine, ha pure ribadito, senza che risulti specifica censura, come non fosse emersa alcuna prova che il paziente, ove ulteriormente informato, avrebbe dissentito dal percorso chirurgico quale adottato, e, anzi, come al riguardo non vi fosse stata neppure allegazione attorea (pagg. 13-14);
in altri termini, per un verso il degente era stato informato dellmiter” medico, e per altro verso non era risultato un suo dissenso al trasferimento, precedente l’arresto cardiaco innescato dall’intervento svolto nella seconda struttura;
il quadro, sia giuridico che fattuale, e’ pertanto diverso dalla prospettazione fatta propria dal ricorso;
infine, il medesimo atto di gravame torna, nell’ambito della stessa formulazione della censura, a sottolineare le carenze dei medici del (OMISSIS), afferente alla mancata raccolta di opportuni dati clinici, potendo cio’ aver influito sugli errori medici riferibili al (OMISSIS);
ma il profilo di motivo non censura specificatamente l’ampia ragione decisoria con cui la Corte territoriale ha escluso un nesso causale imputabile alla prima struttura accertando fattualmente che l’operato dei medici della seconda, alla luce delle complessive risultanze peritali, era stato da solo sufficiente a determinare l’esito mortale, essendosi trattato di successiva quanto autonomamente determinante e al contempo evitabile “malpractice” esecutiva dell’intervento necessario al trattamento della patologia (v. specie alle pagg. 7 e 11 della sentenza gravata), con corretta sussunzione dei fatti verificati nella fattispecie legale di riferimento (articoli 40 e 41 c.p., applicabili anche in sede civilistica: cfr. ad es. Cass., 22/11/2019, n. 30521);
in conclusione, il ricorso dev’essere rigettato;
spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali della parte controricorrente liquidate in Euro 7.000,00 oltre a 200,00 per rimborsi, 15% di spese forfettarie, e accessori legali.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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