Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|5 settembre 2022| n. 26105.
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
La mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili.
Ordinanza|5 settembre 2022| n. 26105. La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
Data udienza 14 giugno 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Prestito – Restituzione – Indebito arricchimento – Delegatio solvendi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso r.g. n. 25245/2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che, unitamente all’avvocato (OMISSIS), lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e
(OMISSIS) S.P.A., in persona dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che, unitamente agli avvocati (OMISSIS), la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 822/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2022 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
RILEVATO
che, con sentenza resa in data 21/5/201.9, la Corte d’appello di Brescia, tra le restanti statuizioni, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato (OMISSIS) al pagamento, in favore del fratello (OMISSIS), della somma di Euro 2.100.000,00 a titolo di restituzione di indebito;
a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto come, sulla base degli elementi istruttori documentali e testimoniali complessivamente acquisiti nel corso del giudizio, fossero rimaste comprovate le circostanze relative all’avvenuto prelevamento, dal conto di gestione acceso da (OMISSIS) presso (OMISSIS) s.p.a. (ora (OMISSIS) s.p.a.), dell’importo di Euro 2.100.000,00, e il successivo accreditamento della medesima somma sul conto corrente acceso presso il (OMISSIS) intestato ad (OMISSIS), nonche’ l’avvenuto riconoscimento, da parte di quest’ultimo: 1) del ricevimento di dette somme; 2) dell’inesistenza di alcun valido tutolo giustificativo dello spostamento patrimoniale e 3) del proprio obbligo restitutorio nei confronti del fratello;
cio’ posto, il giudice d’appello ha riconosciuto l’avvenuto perfezionamento, nel caso in esame, di una fattispecie di delegazione di pagamento (disposta su iniziativa di (OMISSIS), in qualita’ di delegante, ed eseguita da (OMISSIS) s.p.a., quale delegata, in favore di (OMISSIS), quale delegatario) rimasta priva di giustificazione causale, come tale idonea a fondare la legittimazione attiva di (OMISSIS) all’esercizio della condictio indebiti nella specie fondatamente proposta nei confronti del fratello (OMISSIS);
avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di sette motivi d’impugnazione;
(OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a. resistono ciascuno con un proprio controricorso;
(OMISSIS), originariamente convenuto in qualita’ di responsabile per la (OMISSIS) s.p.a. (ora (OMISSIS) s.p.a.) nei confronti dell’attore, non ha svolto difese in questa sede;
le parti costituite hanno depositato memoria.
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo, il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza o del procedimento con riguardo all’articolo 101 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale posto a fondamento della propria decisione la sussistenza di una delegatio solvendi nell’ambito dell’operazione oggetto di causa: schema negoziale mai dedotto dalla controparte e illegittimamente rilevata d’ufficio senza aver assegnato alle parti i termini per il deposito in cancelleria di memorie contenenti eventuali osservazioni delle parti sulla questione dedotta dal giudicante;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, stabilito dall’articolo 101 c.p.c., comma 2, non riguarda le questioni di diritto ma quelle di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio bensi’ prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero un’attivita’ assertiva in punto di fatto e non gia’ solo mere difese (Sez. 2, Sentenza n. 1617 del 19/01/2022, Rv. 663636 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11724 del 05/05/2021, Rv. 661322 – 03);
nel caso di specie, la corte territoriale, lungi dal prospettare una diversa ricostruzione dei fatti di causa sulla base di prove dal contenuto diverso rispetto a quelle richieste dalle parti, si e’ limitata a qualificare, in termini giuridici, le stesse affermazioni contenute nella sentenza di primo grado in ordine al significato dell’ordine impartito da (OMISSIS) alla (OMISSIS) di trasferire somme di denaro sul conto corrente intestato (OMISSIS): si tratta, pertanto, di mere questioni di diritto, ovvero dell’esercizio del compito giudiziale di qualificazione giuridica di fatti rimasti totalmente immutati nel corso del giudizio, senza alcuna violazione del contraddittorio tra le parti, e senza, peraltro, che il ricorrente abbia mai neppure specificato quale eventuale violazione di prerogative processuali proprie fosse derivata dall’operato del giudice asseritamente posto in essere in violazione dell’articolo 101 c.p.c.;
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
con il secondo motivo, il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza o del procedimento con riguardo all’articolo 132 c.p.c., n. 4, in combinato disposto con l’articolo 156 c.p.c., comma 2, (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione meramente apparente o “di facciata” in relazione al punto concernente l’avvenuto perfezionamento, nel caso in esame, di un’ipotesi di delegatio solvendi, senza indicare gli elementi fondanti il proprio convincimento o gli estremi argomentativi indispensabili ai fini della ricostruzione del percorso logico seguito dalla corte territoriale;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum;
infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullita’ della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiche’ intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili;
in ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01);
nel caso di specie, e’ appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensi’ anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente i percorso logico, avendo la corte d’appello espressamente indicato gli elementi fondanti il proprio convincimento e gli estremi argomentativi posti a sostegno del percorso logico seguito, avendo sottolineato il valore decisivo, ai fini del riscontro della descritta delegatio solvendi, dell’ordine impartito da (OMISSIS) alla (OMISSIS) (documentalmente comprovato) e l’avvenuta esecuzione dello stesso attraverso l’accreditamento degli importi oggetto di quell’ordine sul conto corrente intestato ad (OMISSIS);
l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse probatorie e argomentative e’ pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruita’ logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 1268, 1269, 1270 e 1180 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistente, nel caso di specie, la legittimazione attiva di (OMISSIS) all’esercizio dell’azione di ripetizione di indebito fronte del fratello (OMISSIS), avendo ingiustificatamente richiamato l’istituto della delegazione di pagamento in relazione al caso in esame, avendo (OMISSIS), sin dall’originaria introduzione del giudizio, recisamente negato di aver mai emesso alcun ordine di pagamento nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. (cui peraltro risaliva, non gia’ l’esercizio di funzioni bancarie in favore dei (OMISSIS), bensi’ il diverso ruolo di fiduciaria di questi), tantomeno in favore del fratello (OMISSIS), ne’ avendo la banca mai indicato di aver proceduto all’accreditamento di somme sul conto corrente bancario di (OMISSIS) allo scopo di adempiere a un ordine impartito dal fratello (OMISSIS), avendo piuttosto proceduto a detto accreditamento direttamente da un proprio conto;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia correttamente dato conto delle fonti di cognizione del proprio ragionamento probatorio e della ricostruzione in iure operata in sentenza, rilevando come, sulla base della consulenza grafologica espletata nel corso del giudizio, fosse rimasta comprovato la provenienza, dalla volonl:a’ di (OMISSIS), dell’ordine di accreditamento dell’importo di Euro 2.100.000,00 sul conto corrente (comprovato come) intestato a (OMISSIS) e, dunque, la corrispondenza di tale procedimento negoziale allo schema positivo della delegazione di pagamento, a nulla rilevando quanto sostenuto nel proprio atto di citazione da (OMISSIS) (documentalmente smentito dalle risultanze probatorie), ne’ la circostanza che (OMISSIS) non svolgesse funzioni bancarie (non essendo cio’ indispensabile ai fini della realizzazione della struttura negoziale della delegazione di pagamento), ne’ che la banca avesse trascurato di esplicitare l’avvenuta esecuzione di un ordine proveniente da (OMISSIS) o che l’accreditamento procedesse direttamente dal conto della banca, avendo la corte territoriale specificamente indicato le fonti probatorie di cognizione poste a fondamento della ritenuta coincidenza tra l’importo accreditato in favore di (OMISSIS) e quello addebitato a (OMISSIS) (cfr. pag. 45 della sentenza impugnata);
in breve, il giudice d’appello ha ritenuto oggettivamente comprovata l’avvenuta emissione di un ordine proveniente da (OMISSIS) di trasferire somme su un conto intestato a (OMISSIS) (secondo lo schema proprio della delegazione di pagamento, a nulla rilevando le eventuali erroneita’ dispositive o esecutive che ne furono alla base o ne discesero) e, risultata altresi’ adeguatamente e oggettivamente comprovata (siccome riconosciuta dallo stesso (OMISSIS), secondo quanto deposto dal teste (OMISSIS)) l’assenza di alcuna giustificazione causale di detto trasferimento di somme, ha correttamente ritenuto fondata (in coerenza a quanto accertato dal giudice di primo grado) la domanda di restituzione dell’indebito avanzata da (OMISSIS) nei confronti del fratello (OMISSIS);
con il quarto motivo, il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza o del procedimento con riguardo all’articolo 115 c.p.c., agli articoli 2730 e 2735 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale fondato la propria decisione sulle dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS), senza neppure percepirne in maniera corretta i contenuti, con particolare riguardo all’erronea percezione della ridetta testimonianza in relazione al luogo in cui il teste avrebbe ascoltato la pretesa dichiarazione confessoria di (OMISSIS) in ordine al presunto debito restitutorio nei confronti del fratello (OMISSIS), con la conseguente utilizzazione di elementi di prova non concretamente acquisti al giudizio;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, nella proposizione della censura in esame, il ricorrente, nell’adombrare l’ipotesi di una sorta di travisamento della prova (fondata sull’articolo 115 c.p.c.), abbia totalmente omesso di argomentare le ragioni della pretesa decisivita’ dell’erronea percezione del luogo in cui il teste avrebbe collocato la vicenda riferita, atteso che, in precedenza, lo stesso giudice d’appello, nel riproporre i contenuti della sentenza di primo grado, aveva correttamente riportato le dichiarazioni testimoniali senza l’aggiunta del luogo sbagliato (cfr. pagg. 34-35 rispetto a pag. 45 della sentenza impugnata);
varra’ sottolineare, al riguardo, come la dimensione essenziale della testimonianza resa dal (OMISSIS), ai fini dell’odierna controversia, debba rinvenirsi nel contenuto delle sue dichiarazioni concernenti la rilevata confessione di (OMISSIS), e non gia’ nella materiale erroneita’, contenuta nella sentenza impugnata, della collocazione spaziale di tale confessione (la sede di Banca nord a Milano piuttosto che lo studio privato di un professionista);
e’ appena il caso di richiamare, al riguardo, l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte la’ dove, in tema di ricorso per cassazione, sottolinea la deducibilita’ della violazione dell’articolo 115 c.p.c. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioe’, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che e’ impossibile ricondurre a tale mezzo (ipotesi diversa dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimita’ – che attiene alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto), a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilita’ logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non gia’ in termini di mera probabilita’, bensi’ di assoluta certezza (Sez. 3, Sentenza n. 12971 del 26/04/2022, Rv. 664816 – 01);
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
con il quinto motivo, il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza o del procedimento in relazione all’articolo 132 c.p.c., n. 4, agli articoli 101, 116, 183, 244 e 257 c.p.c. (relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione meramente apparente in relazione al punto concernente il rigetto della richiesta di (OMISSIS) di essere ammesso alla prova contraria relativa alle circostanze sopravvenute all’esito della testimonianza resa dal teste (OMISSIS) (con particolare riguardo all’affermazione di quest’ultimo concernente la pretesa confessione di (OMISSIS) in ordine al proprio presunto debito restituitorio nei confronti del fratello (OMISSIS)), e per avere, in ogni caso, illegittimamente escluso l’ammissione di tale decisiva prova contraria in violazione del principio del contraddittorio;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, diversamente da quanto asserito dall’odierno ricorrente, la corte territoriale abbia correttamente riferito (sia pure in forma sintetica) le ragioni del condiviso rigetto della richiesta di ammissione di prova contraria avanzata da (OMISSIS), nella specie individuate nella tardivita’ della richiesta e nell’impossibilita’ di ritenerla riferita a circostanze nuove, avendo il teste (OMISSIS) riferito su circostanze di fatto comunque coerenti (o necessariamente implicate) dalle circostanze di fatto sulle quali erano state originariamente richieste le prove dirette da (OMISSIS);
si tratta di una motivazione pienamente idonea a rendere conto del percorso logico-giuridico seguito, ai fini dell’adozione della decisione istruttoria assunta; percorso da ritenere, a sua volta, del tutto immune dai vizi d’indole logico-giuridica denunciati dall’odierno ricorrente, una volta rilevata l’originaria appartenenza (per necessaria implicazione) delle circostanze di fatto tardivamente dedotte dal ricorrente all’ambito dei mezzi di prova gia’ precedentemente dedotti e ammessi dal giudice istruttore;
con il sesto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello erroneamente ritenuto raggiunta la prova che le somme oggetto del bonifico accreditato sul conto corrente di (OMISSIS) provenissero da provviste proprie di (OMISSIS), essendosi avvalso, ai fini del proprio ragionamento probatorio, di elementi istruttori di carattere testimoniale erroneamente percepiti, e sostanzialmente destinati ad essere smentiti dalle prove contrarie illegittimamente non ammesse;
il motivo e’ inammissibile;
osserva il Collegio come la censura in esame risulti argomentata sul presupposto del carattere viziato degli elementi istruttori di carattere testimoniale acquisiti al giudizio (presupposto il cui ricorso e’ stato gia’ in precedenza negato, nel decidere sul quarto motivo di ricorso), ovvero sul presupposto (anch’esso gia’ in precedenza negato) relativo alla pretesa inefficacia di quella testimonianza, siccome smentita dal contenuto di prove illegittimamente non ammesse;
deve conseguentemente ritenersi che, attraverso l’odierna censura, il ricorrente si sia sostanzialmente limitato a prospettare una mera rilettura nel merito dei fatti di causa, secondo una prospettiva critica non consentita in sede di legittimita’;
con il settimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 1418 c.c., articolo 1325 c.c., nn. 2 e 3, e articolo 1346 c.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la nullita’ del (preteso) impegno restitutorio (asseritamente) assunto da (OMISSIS) nei confronti del fratello, in totale assenza di alcuna causa giuridica che lo giustificasse, e in ragione dell’assenza o dell’indeterminatezza dell’oggetto dell’obbligazione eventualmente assunta, non essendo mai emersa alcuna dimostrazione della provenienza delle somme (asseritamente) oggetto del (presunto) pagamento indebito da provviste di (OMISSIS);
La mancanza di motivazione quale causa di nullità della sentenza
il motivo e’ inammissibile;
osserva il Collegio come la censura in esame non risulti aver colto con esattezza la ratio della decisione resa sul punto dal giudice d’appello;
varra’ considerare, sull’argomento specificamente dedotto dal ricorrente, come la corte territoriale non abbia fatto valorizzato il contenuto “negoziale” delle dichiarazioni rese da (OMISSIS) cosi’ come riportate dal teste (OMISSIS) (ossia la rilevanza negoziale dell’impegno avente ad oggetto la restituzione delle somme, di cui si sarebbe dovuta rilevare la nullita’ per difetto di causa o indeterminatezza dell’oggetto), bensi’ il significato propriamente âEuroËœprobatorio’ della dichiarazione di scienza (di valore confessorio) resa da (OMISSIS): in tal senso, una volta accertato l’effettivo riconoscimento, da parte di quest’ultimo, di aver ricevuto indebitamente somme dal fratello (OMISSIS), la circostanza della (eventuale o ipotetica) invalidita’ dell’impegno a restituirle non valse in alcun modo a infirmare il valore probatorio della confessione stragiudiziale resa;
cio’ posto, l’odierna censura del ricorrente, nel riproporre la questione della nullita’ dell’impegno restitutorio assunto da (OMISSIS) nei confronti del fratello, dimostra di non essersi punto confrontata con la decisione impugnata, con la conseguente inammissibilita’ della censura per le specifiche ragioni in precedenza indicate;
sulla base di tali premesse, rilevata complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore dei contro-ricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
al rigetto del ricorso segue l’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuna parte, in complessivi Euro 8.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso” a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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