Corte di Cassazione, penale, Sentenza 7 ottobre 2020, n. 27885.
Integra il concorso nel delitto di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, ora 493-ter cod. pen., e non quello di riciclaggio, la condotta dell’agente che, avendo ricevuto i supporti magnetici contraffatti e clonati da terzi soggetti, si limiti ad utilizzarli al solo fine di prelevare e beneficiare degli importi di denaro, senza porre in essere ulteriori e distinte operazioni quali la sostituzione, il trasferimento o il reimpiego del profitto illecito.
Sentenza 7 ottobre 2020, n. 27885
Data udienza 17 settembre 2020
Tag – parola chiave: Riciclaggio – Titolare del supermercato che riceve e utilizza carte di credito clonate – Integrazione del reato – Esclusione – Reato di indebito utilizzo o falsificazione di carte di credito previsto dall’articolo 493 – ter del Codice penale – Associazione delinquere
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GALLO Domenico – Presidente
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere
Dott. MONACO Marco Mari – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/05/2018 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MARCO MARIA MONACO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SENATORE VINCENZO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La CORTE di APPELLO di MESSINA, con sentenza del 18/5/2018, ha confermato la sentenza pronunciata dal GIUDICE per le INDAGINI PRELIMINARI del TRIBUNALE di MESSINA in data 15/6/2017, nei confronti di (OMISSIS) per i reati di cui agli articoli 416 e 648 bis c.p. e Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 55, comma 9.
1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
1.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 495 c.p.p. con riferimento alla mancata assunzione di una prova decisiva. Nella prima parte del primo motivo, cosi’ nella sostanza rubricato, la difesa rileva la contraddittorieta’ della motivazione circa la coscienza e volonta’ dell’imputato di far parte di una associazione a delinquere. Sul punto la Corte territoriale non avrebbe correttamente valorizzato le dichiarazioni rese del ricorrente e la circostanza che in effetti lo stesso conosceva e aveva rapporti solo con uno degli altri associati. Nella seconda parte del primo motivo la difesa evidenzia che la qualificazione giuridica attribuita ai fatti sarebbe errata in quanto il reato di riciclaggio, considerato che al ricorrente e’ contestato anche l’utilizzo indebito delle carte di credito clonate, non sarebbe configurabile, cio’ anche in virtu’ della clausola di esclusione di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 1.
1.2. Violazione di legge in relazione all’articolo 656 c.p.p..
Nel secondo motivo la difesa evidenzia che i giudici di merito, considerata la sentenza n. 41 del 2018 della Corte costituzionale, avrebbero dovuto dichiarare sospesa l’esecuzione della pena, determinata in misura inferiore ai quattro anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ parzialmente fondato.
1. Nella prima parte del primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione ne’ valutato le prove fornite dalla difesa quanto all’insussistenza dell’elemento psicologico del reato associativo.
In specifico la difesa assume che i giudici di merito non avrebbero valorizzato la circostanza che il ricorrente, come dallo stesso dichiarato nell’interrogatorio, aveva conosciuto solo il coimputato (OMISSIS), unico associato con il quale avrebbe avuto rapporti.
La doglianza e’ manifestamente infondata.
La motivazione della sentenza impugnata, che si salda e integra con quella di primo grado, ha sul punto fornito adeguata risposta alla censura dedotta dalla difesa nell’atto di appello.
Il riferimento alle intercettazioni telefoniche e agli stessi passi dell’interrogatorio pure indicati nell’atto di ricorso, infatti, evidenziano l’inserimento del ricorrente nell’associazione e la piena consapevolezza dello stesso, seppure non conoscendo direttamente gli altri associati, dell’esistenza degli stessi (“no… con certezza proprio… che lo non, non li conosco e ne’… cioe’ incontrati… avendo i supermercati forse qualche volta sono venuti dentro i supermercati….”) e di far parte di un articolato sodalizio criminoso.
A fronte di tale motivazione ogni ulteriore critica, peraltro fondata sulle sole dichiarazioni dell’imputato, risulta inconferente e, comportando una diversa e alternativa lettura di quanto emerso, e’ preclusa in questa sede (cosi’ da ultimo Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062).
2. Nella seconda parte del primo motivo la difesa deduce la violazione di legge in ordine alla ritenuta configurabilita’ del reato di riciclaggio in quanto la circostanza che al ricorrente sia contestato anche il reato di uso indebito di carte di credito contraffatte e clonate, in virtu’ della clausola di riserva di cui al comma 1, escluderebbe la punibilita’ per il reato di cui all’articolo 648 bis c.p..
Diversamente da quanto evidenziato nella motivazione della sentenza, infatti, la condotta posta in essere dall’imputato non sarebbe strumentale alla commissione del reato di riciclaggio ma, piuttosto, ne sarebbe il reato presupposto.
La censura e’ fondata.
2.1. In astratto la commissione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 55, comma 9, ora articolo 493 ter c.p., non esclude la punibilita’ per il reato di riciclaggio.
La norma, infatti, prevede diverse condotte tra di loro autonome, cosi’ come le ipotesi di reato che ne derivano, che possono concorrere tra di loro, costituire reato presupposto del reato di ricettazione o di riciclaggio (cosi’ da ultimo cfr. Sez. 2, n. 46652 del 18/09/2019, Orobosa, Rv. 277777) ovvero essere strumentali alla commissione del riciclaggio medesimo (Sez. 2, n. 18965 del 21/04/2016, Barrai e altri, Rv. 266947 e Sez. 2, n. 47147 del 24/10/2013, Tumbarello, Rv. 257821).
2.2. In concreto, d’altro canto, considerata la condotta complessivamente ed effettivamente tenuta, il reato di cui all’articolo 493 ter c.p. puo’ anche essere il reato presupposto del riciclaggio ed escluderne quindi la punibilita’.
Sotto altro profilo, poi, in alcune situazioni, l’indebito utilizzo della carta non e’ strumentale alla sostituzione, al trasferimento o al reimpiego del profitto del reato presupposto quanto, piuttosto, e’ la modalita’ di commissione del reato presupposto stesso, l’azione con la quale l’autore consegue il profitto della condotta criminosa posta in essere.
In tali ipotesi, nelle quale il soggetto utilizzando indebitamente la carta di credito o di pagamento non “ripulisce” la somma ma la consegue, senza porre in essere ulteriori e distinte operazioni, la commissione del reato di cui all’articolo 493 ter c.p. esclude la sussistenza del riciclaggio.
2.3. Nel caso di specie la condotta contestata allo (OMISSIS) a titolo di riciclaggio, cosi’ come descritta nel capo di imputazione e compiutamente indicata nella sentenza di primo grado, e’ consistita nel ricevere e utilizzare nel proprio supermercato le carte di credito clonate al fine di prelevare gli importi di denaro.
In tal modo l’imputato, condannato anche per il reato associativo, proprio attraverso le transazioni fittizie, cioe’ con l’indebito uso delle carte clonate, ha beneficiato dei proventi illeciti dallo stesso prodotti, per se’ e per l’associazione.
Condotta questa nella sostanza coincidente con quella oggetto della contestazione di cui all’articolo 493 ter c.p. per la quale il ricorrente e’ stato condannato e che, pertanto, non puo’ in concreto costituire l’elemento materiale del diverso reato di riciclaggio.
3. Nel secondo motivo la difesa rileva che la sentenza sarebbe errata in quanto l’esecuzione della pena, inferiore a quattro anni, considerata la recente sentenza n. 41 del 2018 della Corte costituzionale, avrebbe dovuto essere sospesa.
La doglianza e’ manifestamente infondata.
La sospensione dell’esecuzione della pena, infatti, non puo’ essere disposta con la sentenza di condanna ma in sede di esecuzione, cui si riferisce l’articolo 656 c.p.p., oggetto della pronuncia della Corte costituzionale citata dalla difesa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al reato di riciclaggio perche’ il fatto non sussiste e rinvia alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per la determinazione della pena.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e irrevocabile l’accertamento di responsabilita’ per i residui reati.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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