In tema di diritto alla prova

Corte di Cassazione, penale, Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28915.

In tema di diritto alla prova, ove alla rinuncia di un testimone segua l’opposizione della parte non rinunciante, il giudice è tenuto a valutare la perdurante necessità della audizione del teste già ammesso, tenuto conto dell’efficacia dimostrativa delle prove già assunte, sicché l’eventuale revoca deve essere disposta con ordinanza motivata ai sensi dell’art. 495, comma 4, cod. proc. pen.

Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28915

Data udienza 24 settembre 2020

Tag – parola chiave: Ricettazione – Assegno smarrito – Identificazione fotografica – Verbale predibattimentale – Acquisizione al fascicolo del dibattimento – Documento – Elemento di prova a base dichiarativa – Può entrare nel fascicolo senza consenso delle parti se ricorrono le condizioni ex artt. 512,512 bis 500 co 4 c.p.p. – Testi ammessi Rinuncia e revoca Differenze

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

Dott. AIELLI Lucia – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 21/05/2019 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RECCHIONE SANDRA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore CENICCOLA ELISABETTA che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
l’avv. (OMISSIS), presente insiste per l’accoglimento del ricorso chiedendo che la questione sia rimessa alle Sezioni unite. In subordine chiede l’estinzione del reato per decorso del termine di prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma confermava la condanna del (OMISSIS) per il delitto di ricettazione di un assegno smarrito.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva: 2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: la Corte di appello avrebbe illegittimamente integrato una motivazione inesistente in ordine alla identificazione dell’indagato come autore del delitto contestato;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione: sarebbe stato leso il diritto al contraddittorio in quanto all’udienza del 21 maggio 2015 era stato acquisito un verbale di individuazione fotografica formato in fase investigativa, nonostante l’opposizione della difesa e la Corte di appello avrebbe illegittimamente confermato la liceita’ dell’acquisizione ritenendo l’atto un “documento”;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione: sarebbe stato leso il diritto alla formazione della prova in contraddittorio (a) sia perche’ era stato revocato il teste (OMISSIS) presente nella lista testi del pubblico ministero nonostante l’opposizione della difesa, in violazione dell’articolo 495 c.p.p., (b) sia perche’ era stato illegittimamente acquisita la denuncia di smarrimento dell’assegno, atto che la Corte di appello considerava “documento”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso denuncia l’esercizio illegittimo del potere di integrare la motivazione con riguardo alla motivazione relativa alla identificazione del ricorrente, in relazione al quale era stata denunciata la carenza assoluta della motivazione della sentenza di primo grado: si tratta di doglianza manifestamente infondata in quanto – contrariamente a quanto dedotto e come rilevato dalla Corte territoriale – anche il primo giudice aveva indicato gli elementi di prova sulla base dei quali si era pervenuti alla identificazione del ricorrente (individuazione delle fotografie su “facebook” e riconoscimento successivo: pag. 3 della sentenza impugnata).
2. Il secondo motivo di ricorso che denuncia l’illegittima acquisizione del verbale predibattimentale di identificazione fotografica attratto nel fascicolo del dibattimento nonostante l’opposizione della difesa del ricorrente e’ infondato.
Il collegio rileva che la denunciata acquisizione e’ illegittima in quanto contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello il verbale di identificazione fotografica non e’ un “documento”, ma un elemento di prova a base dichiarativa formato in via unilaterale nel corso delle indagini che puo’ entrare nel fascicolo del dibattimento, senza consenso delle parti, solo se ricorrono le situazioni previste dagli articoli 512 e 512 bis c.p.p., e articolo 500 c.p.p., comma 4.
Nel caso in esame tuttavia il testimone che aveva effettuato l’individuazione fotografica predibattimentale reiterava l’identificazione in dibattimento: pertanto l’atto a formazione unilaterale, inutilizzabile perche’ acquisito al fascicolo del dibattimento in violazione di divieti di legge posti a presidio della formazione della prova in contraddittorio, non incide sulla efficacia dimostrativa della provvista probatoria disponibile, che “resiste” alla eliminazione della prova inutilizzabile.
3. Anche il motivo di ricorso che contesta l’illegittimita’ della revoca del teste (OMISSIS) e’ infondato.
Il collegio rileva che durante il dibattimento i testi ammessi possono essere “rinunciati” o “revocati”:
La “rinuncia” e’ un atto delle parti previsto dall’articolo 495 c.p.p., comma 4 bis, che incide sulla tessitura probatoria del processo a prescindere dell’intervento del giudice che della rinuncia si limita a “prendere atto”, fermi restando i poteri ufficioso di integrazione della provvista probatoria esercitabili ai sensi dell’articolo 507 c.p.p.; sulle “modalita’” della rinuncia esiste un contrasto giurisprudenziale dato che alcune pronunce ritengono necessario il consenso delle parti non rinuncianti ed altre lo ritengono superfluo. Si e’ deciso infatti (a) da un lato che, qualora una parte rinunci all’esame di un proprio testimone, l’opposizione della controparte rende la rinuncia inefficace, con la conseguenza che l’onere di provvedere alla citazione permane a carico di chi aveva originariamente richiesto l’ammissione del testimone (Sez. 6, n. 26541 del 09/06/2015 – dep. 24/06/2015, Iurescia, Rv. 263946); (b) dall’altro che quando una parte rinuncia all’esame di un proprio testimone, le altre hanno diritto a procedervi solo se questo era inserito nella loro lista testimoniale, valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi del giudice ex articolo 507 c.p.p., valendo altrimenti la loro richiesta come mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi del giudice ex articolo 507 c.p.p. (Sez. 1, n. 13338 del 04/03/2015 – dep. 30/03/2015, Zappone, Rv. 263095; Sez. 5, n. 39764 del 29/05/2017 – dep. 31/08/2017, Rhafor, Rv. 2718480).
La “revoca” e’, invece, un atto del giudice che la dispone ai sensi dell’articolo 495 c.p.p., comma 4, con ordinanza emessa nel contraddittorio delle parti: con tale provvedimento il giudice del dibattimento, su sollecitazione delle parti o d’ufficio, valuta la “perdurante” necessita’ dell’audizione del testimone gia’ ammesso, tenendo conto delle prove gia’ assunte.
Si tratta di un potere che manifesta il costante potere di controllo del giudice sulla consistenza della (variabile) provvista probatoria dibattimentale: questo puo’ revisionare nel corso della progressione processuale il giudizio sulla rilevanza delle prove inizialmente ammesse, anche in relazione alla efficacia dimostrativa di quelle gia’ assunte; cosi’ come puo’, nel caso in cui le prove raccolte risultino insufficienti, disporne l’assunzione di nuove ai sensi dell’articolo 507 c.p.p..
Il collegio ritiene quindi (cosi’ indirettamente prendendo posizione tra i due orientamenti in contrasto) che, ove alla rinuncia di un testimone segua la opposizione della parte non rinunciante il giudice e’ chiamato a decidere sulla questione, dato che non puo’ limitarsi a “prendere atto” della scelta della parte, come puo’ fare nel caso di rinuncia consensuale: in tal caso dovra’ essere valutata la perdurante necessita’ della audizione rinunciata in relazione al fisiologico accrescimento della provvista probatoria correlato all’avanzamento della progressione processuale e l’eventuale revoca dovra’ essere disposta con ordinanza motivata ai sensi dell’articolo 495 c.p.p., comma 4.
1.2. Nel caso in esame in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche, il giudice di fronte al contrasto tra le parti (pubblico ministero rinunciante e difesa opponente), valutava la perdurante necessita’ della audizione del (OMISSIS) e, ritenuto la stessa superflua in quanto la prova della denuncia dello smarrimento era stata ottenuta aliunde, disponeva la “revoca” della ammissione del teste ai sensi all’articolo 495 c.p., comma 4. L’esistenza di un provvedimento giudiziale logicamente motivato, aderente alle emergenze processuali consente di ritenere infondate le doglianze difensive che, inquadrava erroneamente l’estromissione del teste dal compendio probatorio come conseguenza della rinuncia unilaterale del pubblico ministero, opposta dalla difesa, e non di un provvedimento di revoca emesso nel contraddittorio delle parti.
4. L’ultimo motivo di ricorso e’ infondato anche nella parte in cui denuncia l’illegittimita’ dell’acquisizione della denuncia, atto dichiarativo predibattimentale a formazione unilaterale che anche in questo caso sarebbe stato acquisito fuori dai casi previsti dalle legge.
La doglianza non tiene conto del fatto che all’inizio del dibattimento la denuncia era stata riversata nel fascicolo del dibattimento non per la parte “dichiarativa”, ma solo come attestazione documentale dell’evento-denuncia: l’inutilizzabilita’ denunciata sarebbe stata rilevabile solo qualora i giudici di merito avessero utilizzato per la decisione le parti dichiarative del documento: tale evenienza non ricorre nel caso di specie dato che l’atto contestato veniva utilizzato solo per dimostrare l’esistenza della denuncia senza alcun riferimento alle parti dichiarative dell’atto.
5. Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso la parte che lo ha proposto deve essere condannata ai pagamento delle spese del procedimento.
Non si dichiara estinto il reato per decorso del termine di prescrizione (che sarebbe spirato il 4 agosto 2020) in quanto il processo ha patito un rinvio a causa dell’emergenza Covid, sicche’ i termini di prescrizione risultano sospesi dall’8 marzo al 30 giugno 2020 ai sensi del Decreto Legge n. 28 del 2020, articolo 83, comma 9, convertito con modificazioni con L. 25 giugno 2020, n. 70.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del ricorrente e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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