Il regime della clausola sociale richiede un bilanciamento fra più valori

Consiglio di Stato, Sentenza 2 novembre 2020, n. 6761.

Il regime della clausola sociale richiede un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale, ed anche europeo: da un lato la libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, dall’altro lato, iil diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost, e dall’art. 15 della Carta di Nizza, di analogo contenuto. Per tali ragioni detta clausola va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario, anche perché solo in questi termini la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto. E’ quindi rimessa al concorrente la scelta sulle concrete modalità di attuazione della clausola, incluso l’inquadramento da attribuire al lavoratore, spettando allo stesso operatore formulare eventuale “proposta contrattuale” al riguardo, anche attraverso il cd. “progetto di assorbimento”, effettivamente introdotto dall’art. 3, ultimo comma, delle Linee guida Anac n. 13 (cfr., in proposito, Cons. Stato, V, 1 settembre 2020, n. 5338); il che vale a escludere che dalla clausola sociale possa derivare sic et simpliciter un obbligo in capo al concorrente d’inquadrare il lavoratore con lo stesso livello d’anzianità già posseduto. Va peraltro rilevato, sotto altro profilo, che l’aspetto inerente al modo con cui l’imprenditore subentrante dia seguito all’impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est. come abbia rispettato la clausola sociale) attiene alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.

Sentenza 2 novembre 2020, n. 6761

Data udienza 15 ottobre 2020

Tag – parola chiave: Appalti – Clausola sociale – Bilanciamento fra più valori di rango costituzionale – Formulazione elastica – Libertà d’impresa – Concrete modalità di attuazione – Spetta allo stesso operatore – Progetto di assorbimento – Obbligo di inquadramento con lo stesso livello di anzianità – Non può essere imposto sic et simpliciter

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1530 del 2020, proposto da
Le Ma. Ce. soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Fo. e Cr. Ri., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Fo. in Bologna, viale (…);
contro
Comune di Modena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato St. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Comune di Modena – Settore Cultura, Sport e Politiche Giovanili, non costituito in giudizio;
nei confronti
Op. Gr. soc. coop. sociale onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Gr., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Firenze, p.zza (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, Sezione Seconda, n. 00018/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Modena e della Op. Gr. soc. coop. sociale onlus;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. Alberto Urso, uditi per le parti gli avvocati Fo. e Gr. e preso atto della richiesta di passaggio in decisione, senza discussione, depositata dall’avv. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con determina a contrarre del 28 gennaio 2019 e successivo bando spedito per la pubblicazione il 15 febbraio 2019 il Comune di Modena indiceva procedura di gara per l’affidamento dei servizi bibliotecari per le biblioteche del medesimo comune e il polo bibliotecario modenese SBN.
Risultava prima classificata in graduatoria Le Ma. Ce. soc. coop., la quale veniva tuttavia esclusa a seguito di verifica sul rispetto dei minimi salariali: l’offerta proposta era infatti reputata complessivamente incongrua e non conforme a siffatti minimi, nonché tale da non assicurare il rispetto della clausola sociale e delle previsioni del capitolato di gara.
Unitamente a tale esclusione la stazione appaltante procedeva allo scorrimento della graduatoria di gara in favore della seconda classificata Op. Gr. soc. coop. sociale onlus.
2. Le Ma. Ce. proponeva ricorso avverso tale provvedimento e gli altri atti di gara dinanzi al Tribunale amministrativo per l’Emilia Romagna che, nella resistenza del Comune di Modena e della Op. Gr., con la sentenza segnata in epigrafe respingeva il ricorso.
3. Avverso la sentenza ha proposto appello Le Ma. Ce. deducendo:
I) erronea reiezione del primo motivo di ricorso avente a oggetto violazione di legge, in particolare dell’art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 3 l. n. 241 del 1990, eccesso di potere e violazione dei principi del contraddittorio, di trasparenza, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, difetto di motivazione;
II) erronea reiezione del secondo motivo di ricorso avente a oggetto violazione di legge, in particolare dell’art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 3 l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e motivazione contraddittoria, violazione dei principi di trasparenza, buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa;
III) erronea reiezione del terzo motivo di ricorso avente a oggetto violazione di legge, in particolare dell’art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 3 l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di motivazione, violazione dei principi di trasparenza, buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, difetto di ragionevolezza.
L’appellante ha proposto anche domanda di risarcimento del danno, già avanzata in primo grado.
4. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il Comune di Modena e la Op. Gr., la quale ha altresì riproposto ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. alcune eccezioni rimaste assorbite in primo grado.
5. All’esito dell’udienza pubblica del 15 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione con cui gli appellati deducono che Le Ma. Ce. non avrebbe mosso specifiche doglianze alla sentenza ai sensi dell’art. 101 Cod. proc. amm. limitandosi a riprodurre i motivi di ricorso di primo grado, ciò che condurrebbe all’inammissibilità dell’appello.
È sufficiente rilevare che Le Ma. Ce. enuclea in modo sufficientemente dettagliato le ragioni di doglianza nei confronti della sentenza, i cui capi criticati pure chiaramente individua (v., al riguardo, infra, sub § 2 ss.): il che vale di per sé a ritenere infondata l’eccezione sollevata.
1.1. Le altre eccezioni preliminari formulate possono essere esaminate unitamente al merito, afferendo a profili strettamente connessi a questo (v. infra, sub § 3 ss.).
2. Col primo motivo di gravame l’appellante censura il rigetto della doglianza con cui aveva dedotto in primo grado la violazione del contraddittorio in relazione alla verifica della congruità del costo della manodopera e alla correlata valutazione eseguita dall’amministrazione in ordine alla complessiva adeguatezza dell’offerta.
Al riguardo l’appellante pone in risalto che il giudizio negativo espresso dall’amministrazione si baserebbe su elementi – fra i quali, in particolare, il mancato rispetto della clausola sociale e l’insostenibilità di alcuni costi, anzitutto relativi alle attrezzature – non rientranti nelle richieste di chiarimenti inviate dal Comune, e non sottoposti perciò al contraddittorio con Le Ma. Ce..
2.1. Il motivo non è fondato.
2.1.1.Va premesso che le verifiche sulle quali si fonda il provvedimento finale d’esclusione si sono articolate essenzialmente in due fasi.
Con una prima richiesta di giustificativi del 18 aprile 2019 il Comune domandava chiarimenti sui costi della manodopera, in specie sul rispetto dei minimi salariali ai sensi dell’art. 95, comma 10 e 95, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 50 del 2016, chiedendo in particolare spiegazioni a Le Ma. Ce. sui profili inerenti “alla sua organizzazione, al numero di persone che dedica all’appalto ed alla tipologia di contratti in cui questo è inquadrato”; Le Ma. Ce. rispondeva con nota del 30 aprile 2019.
Seguiva un’ulteriore richiesta nella quale la stazione appaltante ampliava lo spettro dell’indagine, muovendo dalla considerazione che non risultava dimostrata la congruità e realizzabilità dell’offerta, né veniva dimostrato che il prezzo offerto fosse sufficiente ad assicurare lo svolgimento del servizio secondo le modalità previste nel capitolato e nell’offerta tecnica “anche in relazione agli obblighi e agli impegni a tutela del personale impiegato”. Il Comune rappresentava così che “il ribasso del 14% […] offerto determina[va] uno scostamento al ribasso dell’importo a base di gara talmente elevato, sia in termini assoluti che nel raffronto con le altre offerte in gara, da richiedere un serio ulteriore approfondimento al fine di tutelare l’interesse pubblico a che il servizio [fosse] affidato a fronte di un’offerta congrua e non temeraria”. In tale contesto richiamava anche un “calcolo del tutto teorico e apparentemente discutibile del costo del lavoro supplementare” e l’azzeramento completo dell’Irap, paventando una possibile “esecuzione non rispettosa degli obblighi in materia di contratti di lavoro e lesiva dei diritti dei lavoratori” e chiedendo ulteriori chiarimenti sull’offerta economica, con particolare riferimento al costo della manodopera.
Le Ma. Ce. replicava con nota del 14 maggio 2019, cui seguiva il provvedimento espulsivo che riteneva l’offerta dell’appellante non congrua rispetto a varie voci di costo, nonché difforme dalle previsioni della lex specialis in quanto violativa della clausola sociale; in relazione all’adeguatezza dei costi veniva contestata anche la previsione di un costo della manodopera eccessivamente ridotta e tale da non assicurare la tutela dei diritti dei lavoratori, non venendo in particolare riconosciuta a questi l’anzianità già maturata presso il precedente gestore del servizio (i.e., la controinteressata Op. Gr.).
2.1.2. Ciò premesso, emerge anzitutto – sul piano procedurale – l’effettiva realizzazione del contraddittorio con l’interessata, essendosi susseguito un doppio scambio di richiesta di chiarimenti e conseguente replica di Le Ma. Ce. che ben corrisponde al modello d’interlocuzione previsto dall’art. 97 d.lgs. n. 50 del 2016 per la fase di verifica della congruità dell’offerta.
Sotto altro profilo, occorre rilevare che Le Ma. Ce., soffermandosi nelle note di chiarimento sul costo della manodopera e l’inquadramento dei dipendenti da assorbire, prendeva anche espressa posizione sull’applicazione della clausola sociale (cfr. la nota del 30 aprile 2019, che dedica apposito paragrafo al tema) e sulle correlate questioni inerenti il personale già impiegato nell’appalto (cfr. la nota del 14 maggio 2019, spec. par. 5) e corrispondente imposizione Irap (cfr., ancora, la nota del 14 maggio 2019, spec. par. 3), mostrando così di aver rettamente inteso, in senso omnicomprensivo, i rilievi mossi dall’amministrazione anche “in relazione agli obblighi e agli impegni a tutela del personale impiegato”.
Sulla questione dell’applicazione della clausola sociale come correlata al tema del costo del lavoro si è pertanto realizzato il contraddittorio.
Allo stesso modo l’appellante si è soffermata espressamente su altri profili inerenti all’adeguatezza dell’offerta, quali quelli relativi ai costi per la sicurezza e ai costi generali (cfr. la nota del 30 aprile 2019, par. 3 e 4).
I residui elementi, fra cui in particolare i costi per le attrezzature (oltre alle ulteriori voci prese ad esame dal Comune, quali l’utile d’impresa, considerato al fianco dei già menzionati costi generali e per la sicurezza), rientrano nella valutazione globale e sintetica sulla sostenibilità dell’offerta che compete alla stazione appaltante, così che rispetto ad essi non è ravvisabile una violazione del contraddittorio nel quadro dell’indagine attivata dal Comune “al fine di tutelare l’interesse pubblico a che il servizio in oggetto sia affidato a fronte di un’offerta congrua e non temeraria”: non può ritenersi infatti che il principio del contraddittorio richieda una specifica e singolare contestazione preventiva nonché una discussione su ciascuna delle voci in relazione alle quali la valutazione di anomalia (che non può che maturare ex post, cioè successivamente all’istruttoria) venga resa, purché risulti comunque assicurata all’impresa – come avvenuto nella specie – un’adeguata informativa e la possibilità di una piena interlocuzione con la stazione appaltante.
A ciò si aggiunga peraltro che – sul piano sostanziale – gli elementi rappresentati dall’appellante in relazione al giudizio espresso dall’amministrazione su tali voci, diverse dal costo della manodopera, non risultano idonei a inficiare la valutazione della stazione appaltante (cfr. infra, sub § 3.4 ss.), sicché la dedotta violazione del contraddittorio si risolve in realtà in una contestazione di ordine formale in sé priva di rilievo sostanziale, non avendo Le Ma. Ce. – neppure nella presente sede – fornito elementi utili a confutare il giudizio dell’amministrazione sulle predette voci.
3. Col secondo motivo l’appellante si duole del rigetto della censura con cui aveva criticato in primo grado la valutazione d’incongruità dell’offerta espressa dall’amministrazione, non sussistendo nella specie né le ragioni d’inadeguatezza dei costi rappresentate dal Comune, né la violazione della clausola sociale prevista dalla lex specialis e l’inadeguatezza del costo della manodopera, anche rispetto alla tutela dei diritti dei lavoratori.
3.1. Col terzo motivo Le Ma. Ce. censura la reiezione del corrispondente motivo di ricorso con il quale aveva dedotto in primo grado l’illegittimità del provvedimento d’esclusione in relazione all’affermata insostenibilità del costo della manodopera a fronte della possibilità che ai lavoratori assorbiti fossero giudizialmente riconosciuti gli scatti d’anzianità negati da Le Ma. Ce.: secondo l’appellante la motivazione della sentenza impugnata sul punto sarebbe erronea in quanto basata su circostanze meramente ipotetiche.
3.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, sono fondati nei limiti e per le ragioni che seguono.
3.2.1. Sotto il primo profilo, è fondata la censura con la quale l’appellante contesta il giudizio d’inadeguatezza del costo della manodopera e la violazione della lex specialis affermata dalla stazione appaltante: Le Ma. Ce. pone in evidenza in proposito come non emerga in realtà dalla legge di gara alcun obbligo di attribuzione ai lavoratori assorbiti del medesimo livello d’anzianità già posseduto, né la clausola sociale può essere applicata in tal guisa, stante la sua necessaria conciliazione con i principi di libera organizzazione dell’attività d’impresa affermati dalla giurisprudenza.
3.2.1.1. Va rilevato al riguardo che l’art. 24 del disciplinare di gara prevede che “al fine di promuovere la stabilità occupazionale nel rispetto dei principi dell’Unione Europea e ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione dell’operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto, l’aggiudicatario del contratto di appalto è tenuto ad assorbire prioritariamente nel proprio organico il personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, come previsto dall’articolo 50 del Codice, garantendo l’applicazione dei CCNL di settore, di cui all’art. 51 del D. Lgs. n. 81/2015. A tal fine, l’elenco del personale attualmente impiegato è riportato nel Progetto – Parte III – Calcolo della spesa e prospetto economico complessivo”.
Già la regola generale inserita nel disciplinare prevede dunque l’applicazione della clausola sociale “ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione dell’operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto”.
In linea con tale impostazione, i chiarimenti resi dalla stazione appaltante valorizzano espressamente il suindicato passaggio della clausola precisando che “in ottemperanza ai principi costituzionali e comunitari di libertà d’iniziativa economica e di concorrenza, oltreché di buon andamento, e nel rispetto delle autonome scelte organizzative e imprenditoriali del nuovo appaltatore, la clausola sociale non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento di tutto il personale utilizzato dall’impresa uscente”.
Ciò posto, il richiamo all’elenco del personale già impiegato (cfr. l’art. 24 del disciplinare) e la relativa tabella recante il “calcolo della spesa e prospetto economico complessivo” nell’ambito del “Progetto ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 50/2016 ss.mm.ii.” valevano a rendere edotti i concorrenti sulla conformazione della forza lavoro già presente, ma non incidevano sul grado di vincolatività della clausola sociale, né implicavano sic et simpliciter l’obbligo di conservare gli scatti d’anzianità in capo ai dipendenti.
Un siffatto obbligo non derivava neppure dal calcolo del costo della manodopera presente nel suindicato Progetto, atteso che il richiamo all’inquadramento dei singoli lavoratori valeva a spiegare come l’importo complessivo fosse stato determinato (“i costi della manodopera […] sono stati stimati […] tenendo conto della qualifica e del livello di inquadramento degli operatori addetti”), ma non implicava di per sé un vincolo al corrispondente inquadramento del personale; detto importo costituiva del resto una “stima”, avente “necessariamente carattere presuntivo, in funzione dell’importo posto a base di gara e della durata triennale dell’affidamento”, e poteva valere quale costo minimo vincolante per gli operatori solo a parità di condizioni rispetto a quelle enunciate, fra cui anche il Ccnl applicato e il livello d’inquadramento dei lavoratori: ma da tale stima non poteva ricavarsi sic et simpliciter un obbligo a tener ferma l’anzianità dei lavoratori già impiegati.
Coerentemente con tale impostazione, i chiarimenti resi dalla stazione appaltante precisavano anche che l’elenco totale degli addetti in servizio, con relativo inquadramento professionale, aveva “valore di riferimento per la costruzione dell’importo stimato dell’appalto” ed era stato fornito anche ai fini della clausola sociale “per consentire ai concorrenti una ponderazione con il fabbisogno di personale per l’esecuzione del nuovo contratto e con le proprie autonome scelte organizzative ed imprenditoriali”: in tal senso va pertanto letto, anche nell’ambito del suddetto Progetto, il collegamento fra l’elenco del personale già impiegato e la clausola sociale.
Anche la domanda di partecipazione alla procedura si limitava in proposito a prevedere l’accettazione, nell’ipotesi in cui si fosse risultati aggiudicatari, delle condizioni della clausola sociale di cui al par. 24 del disciplinare di gara.
D’altra parte, dallo stesso regime dell’offerta tecnica emergeva un’ampia autonomia dei concorrenti in ordine alla strutturazione del progetto organizzativo e gestionale, anzitutto in relazione alla conformazione della forza lavoro e alle modalità di selezione del personale (cfr. il disciplinare, sub par. 16.1).
Alla luce di quanto esposto non emerge dunque dalla lex specialis uno specifico obbligo d’inquadramento del personale (eventualmente) assorbito allo stesso livello d’anzianità già posseduto.
3.2.1.2. Una diversa interpretazione che volesse ricavare dalla lex specialis un vincolo per i concorrenti, una volta aderita la clausola, al mantenimento dei livelli d’anzianità vantati dai lavoratori risulterebbe del resto contraria allo spirito e al significato delle clausole sociali, come delineato dalla giurisprudenza.
È stato infatti posto in risalto che il regime della clausola sociale “richiede un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale, ed anche europeo […]. Ci si riferisce da un lato al rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce ‘la libertà di impresà, conformemente alle legislazioni nazionali […].Ci si riferisce, dall’altro lato, in primo luogo al diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost, e dall’art. 15 della Carta di Nizza, di ana contenuto” (Cons. Stato, Comm. spec., parere 21 novembre 2018, n. 2703).
Per tali ragioni detta clausola va formulata e intesa “in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario”, anche perché solo in questi termini “la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255)” (Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6148; cfr. anche Cons. Stato, VI, 21 luglio 2020, n. 4665; 24 luglio 2019, n. 5243; V, 12 febbraio 2020, n. 1066).
Il tema delle modalità di attuazione della clausola sociale è stato peraltro affrontato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere già citato reso sulle Linee guida dell’Anac relative all’applicazione dell’art. 50 d.lgs. n. 50 del 2016 (Linee guida n. 13, poi approvate con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019).
Al riguardo è stata posta in risalto in particolare l’opportunità di prevedere un “vero e proprio “piano di compatibilità” o “progetto di assorbimento”, nel senso che [l’offerta] debba illustrare in qual modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale”; il che confluirebbe nella formulazione di “una vera e propria proposta contrattuale […] che contenga gli elementi essenziali del nuovo rapporto in termini di trattamento economico e inquadramento, unitamente all’indicazione di un termine per l’accettazione”, con conseguente possibilità per il lavoratore di “previa individuazione degli elementi essenziali del contratto di lavoro” (Cons. Stato, parere n. 2703 del 2018, cit.).
Allo stesso modo, la stazione appaltante potrebbe valutare se “inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende”.
Da ciò si ricava chiara conferma che è rimessa al concorrente la scelta sulle concrete modalità di attuazione della clausola, incluso l’inquadramento da attribuire al lavoratore, spettando allo stesso operatore formulare eventuale “proposta contrattuale” al riguardo, anche attraverso il cd. “progetto di assorbimento”, effettivamente introdotto dall’art. 3, ultimo comma, delle Linee guida Anac n. 13 (cfr., in proposito, Cons. Stato, V, 1 settembre 2020, n. 5338); il che vale a escludere che dalla clausola sociale possa derivare sic et simpliciter un obbligo in capo al concorrente d’inquadrare il lavoratore con lo stesso livello d’anzianità già posseduto.
È stato recentemente sottolineato come la clausola non comporti “alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”; di guisa che “l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non è assoluto né automatico” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; cfr. anche Id., 16 gennaio 2020, n. 389, in cui si precisa, sotto altro concorrente profilo, che sull’aggiudicatario non grava “l’obbligo di applicare ai lavoratori esattamente le stesse mansioni e qualifiche che avevano alle dipendenze del precedente datore di lavoro”; v. anche Id., 13 luglio 2020, n. 4515, in ordine al Ccnl prescelto).
Per tali ragioni va escluso che la clausola sociale possa implicare la necessaria conservazione dell’inquadramento e dell’anzianità del lavoratore assorbito dall’impresa aggiudicataria.
Va peraltro rilevato, sotto altro profilo, che l’aspetto inerente al “modo [con cui] l’imprenditore subentrante dia seguito all’impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est. come abbia rispettato la clausola sociale) attiene […] alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; cfr. anche la Linee guida Anac n. 13, che all’art. 5 prevedono: “L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla clausola sociale comporta l’applicazione dei rimedi previsti dalla legge ovvero dal contratto. Nello schema di contratto le stazioni appaltanti inseriscono clausole risolutive espresse ovvero penali commisurate alla gravità della violazione. Ove ne ricorrano i presupposti, applicano l’articolo 108, comma 3, del Codice dei contratti pubblici”).
Per contro non vale il richiamare il precedente della Sezione che ha escluso che l’estensione della libertà imprenditoriale possa spingersi sino al punto di vanificare le sottostanti esigenze di tutela dei lavoratori sotto il profilo del mantenimento delle condizioni economiche e contrattuali vigenti, pena la legittimazione di politiche aziendali di dumping sociale in grado di vanificare gli obiettivi di tutela del lavoro (Cons. Stato, V, 10 giugno 2019, n. 3885): il caso esaminato era infatti caratterizzato da una clausola sociale e una corrispondente disposizione di legge regionale che prevedevano espressamente il mantenimento delle condizioni economiche e contrattuali già in essere in capo ai lavoratori, sicché la fattispecie – in disparte ogni ulteriore considerazione al riguardo – non è sovrapponibile a quella qui in esame.
3.2.1.3. Applicando al caso di specie i principi sin qui esposti e le valutazioni già espresse in ordine all’interpretazione della lex specialis, deve osservarsi quanto segue.
Sotto un primo profilo, discende da quanto sin qui indicato che non incombeva in capo a Le Ma. Ce. alcun onere d’impugnazione immediata della lex specialis in relazione alla clausola sociale, proprio perché – in via assorbente – dalla stessa non era ricavabile alcun obbligo di mantenimento dell’anzianità in capo ai lavoratori assunti.
È piuttosto dal provvedimento d’esclusione per ritenuta anomalia dell’offerta e sua difformità dalle previsioni della legge che s’è prodotta la lesione per l’interesse de Le Ma. Ce..
Di qui l’infondatezza dell’eccezione preliminare d’inammissibilità del ricorso riproposta dalla Op. Gr. ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. per omessa impugnazione immediata della lex specialis di gara.
3.2.1.4. Sotto altro profilo, va riconosciuta la fondatezza della doglianza formulata dall’appellante.
Una volta escluso che dalla lex specialis discenda un obbligo di mantenimento dell’anzianità già riconosciuta ai lavoratori assorbiti, deve parimenti escludersi la sussistenza d’una qualche difformità fra l’offerta di Le Ma. Ce. e la lex specialis di gara, con riferimento in particolare all’impegno previsto dalla clausola sociale alla riassunzione del personale.
Allo stesso modo il diverso inquadramento attribuito ai lavoratori assorbiti non può valere di per sé quale ragione d’anomalia sul costo della manodopera e relativa imposizione Irap, proprio perché, non potendosi rinvenire un obbligo generalizzato di mantenimento degli scatti d’anzianità già posseduti dal personale, neppure può ravvisarsi un profilo d’inadeguatezza dell’offerta in relazione al costo del personale contestando la mancata copertura di tutti i suddetti scatti e del corrispondente prelievo Irap.
Né d’altra parte consta o è specificamente contestato dall’amministrazione che il maggiore o minore grado di recepimento della clausola sociale potesse incidere nella specie sulle valutazioni delle offerte (così come ipotizzato da Cons. Stato, n. 2703 del 2018, cit.; ma cfr. al riguardo le valutazioni espresse da Cons. Stato, n. 5243 del 2019, cit.), essendo ben altri i criteri di apprezzamento del modello organizzativo offerto (v., in particolare, l’art. 16.1 del disciplinare); mentre le eventuali ritenute violazioni della clausola sociale nei termini in cui effettivamente aderita dal concorrente non potrebbero che essere fatte valere in sede esecutiva.
Irrilevanti risultano i richiami alla circostanza che le risorse di personale da impiegare dovessero avere un’esperienza qualificata, come previsto dal Progetto ex art. 23 d.lgs. n. 50 del 2016, atteso che altro è l’esperienza professionale, altro l’anzianità d’inquadramento contrattuale del lavoratore.
Parimenti privo di rilievo è il riferimento alla disciplina di cui all’art. 7 d.lgs. n. 23 del 2015, che si limita a prevedere un sistema di calcolo delle indennità in caso di licenziamento che tenga conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato concretamente impiegato nell’attività appaltata, senza in nulla incidere perciò sugli scatti d’anzianità che occorre riconoscere ai singoli lavoratori in caso d’adesione alla clausola sociale da parte dell’aggiudicatario di un appalto pubblico.
Lo stesso è a dirsi per il Ccnl “Multiservizi”, il cui regime sulla continuazione del rapporto di lavoro in caso di cd. “cambio appalto” non interferisce di per sé sul funzionamento della clausola sociale in esame, rimessa ai principi specifici della elasticità e flessibilità, nonché della conciliazione con l’autonomia organizzativa dell’impresa aggiudicataria nel quadro dell’affidamento di un appalto pubblico.
3.3. Del pari fondata è la doglianza formulata col terzo motivo di gravame sulla erroneità della motivazione circa l’insostenibilità del costo della manodopera espressa in ragione della possibilità che, a fronte delle eventuali istanze dei lavoratori, potrebbero essere giudizialmente attribuiti a questi ultimi gli scatti d’anzianità loro sottratti, con conseguente insostenibilità a quel punto per Le Ma. Ce. dei costi della manodopera.
3.3.1. Come correttamente posto in risalto dall’appellante la motivazione così formulata risulta ipotetica e congetturale, basandosi sulla circostanza che la (eventuale) pretesa dei lavoratori di vedersi riconosciuta dall’appaltatore subentrante l’anzianità di servizio maturata, “una volta accolta, renderebbe insostenibile il rispetto delle condizioni economiche oggi rappresentate da Le Ma. Ce., le quali presuppongono appunto il mancato riconoscimento dell’anzianità maturata” (il provvedimento richiama a tal fine anche la possibilità che l’intera operazione venga riqualificata in termini di cessione d’azienda, profilo che attiene pur sempre al possibile re-inquadramento dei lavoratori all’esito dei contenziosi da questi eventualmente intrapresi).
Trattasi evidentemente di circostanze né attuali, né concrete, bensì meramente ipotetiche, come tali non invocabili a fini escludenti.
Il che conferma l’erroneità del giudizio di anomalia come correlato agli scatti di anzianità del personale assorbito, da un lato difettando un vincolo ai fini del riconoscimento dei suddetti scatti ricavabile dalla lex specialis, dall’altro presentandosi il profilo dei relativi costi come ipotetico e inattuale, in quanto legato ad eventuali vertenze proposte dai dipendenti e alle relative (non certe) vicende ed esiti.
Come rilevato dall’appellante, la sentenza impugnata non ha rettamente inteso il significato di “aleatorietà ” invocato dalla ricorrente, limitandosi a richiamare, ai fini del rigetto della doglianza, la sussistenza di una pluralità di ragioni di anomalia invocate dall’amministrazione e la discrezionalità – nonché il carattere prognostico – del relativo giudizio rimesso a questa: il che in nulla incide sugli elementi di censura fatti valere da Le Ma. Ce. rispetto alla contestata anomalia del costo della manodopera, come incentrati sul carattere meramente ipotetico delle circostanze all’uopo richiamate dal Comune.
3.4. Non sono fondate, invece, le doglianze formulate dall’appellante nell’ambito del secondo motivo di gravame in relazione agli altri profili di anomalia ravvisati dall’amministrazione.
3.4.1. Va premesso al riguardo che non è suscettibile di favorevole apprezzamento l’eccezione d’inammissibilità del ricorso motivata sulla base della circostanza che, venendo in rilievo un provvedimento plurimotivato, fondato su cinque distinte cause d’esclusione, la fondatezza anche di una sola delle ragioni addotte basterebbe al rigetto dell’impugnativa; in senso contrario è sufficiente rilevare, da un lato il carattere sintetico e globale della valutazione di anomalia posta a fondamento dell’esclusione, dall’altro che non emerge in alcun modo dal provvedimento l’assorbente sufficienza di ciascuno dei profili d’incongruità riscontrati ai fini dell’esclusione della concorrente: non vengono perciò in rilievo nella specie distinte cause d’esclusione, bensì differenti ragioni di anomalia che – nella prospettiva propria (sintetica e globale) del relativo giudizio, effettivamente recepita dal provvedimento impugnato – concorrono congiuntamente e complessivamente alla valutazione sulla congruità dell’offerta (in tal senso s’è espressa peraltro la sentenza di primo grado che, pur richiamando le varie ragioni d’anomalia riscontrate dall’amministrazione, le ha valorizzate nella prospettiva del giudizio sintetico e unitario che ne scaturisce).
3.4.2. In tale contesto infondata si rivela anzitutto la doglianza relativa alla voce delle attrezzature, su cui la stazione appaltante ravvisava elementi di anomalia ritenendo che “si prevedono solo 11.500 euro di attrezzature […] quando solo l’incidenza dell’acquisto e della gestione di un’auto lascia ben poco spazio alle ulteriori spese che si dovranno comunque affrontare per le necessarie dotazioni delle almeno 32 persone da impiegare e per le 5 sedi da gestire nei tre anni”.
Al riguardo l’appellante richiama – quale elemento in grado di giustificare il limitato importo indicato – la disponibilità di un parco attrezzature (in particolare computer, telefoni cellulari, router wi-fi, software per la rilevazione delle presenze, un’autovettura ecologica) del quale essa già disporrebbe in forza dei numerosi appalti gestiti.
Tuttavia, come eccepito dalla Op. Gr., l’appellante non fornisce specifica evidenza e documentazione di tali invocati elementi, sicché la doglianza rimane apodittica e indimostrata, non risultando confortata da adeguate risultanze probatorie in ordine alla disponibilità delle attrezzature richiamate e alle loro caratteristiche, profili necessari per consentire un vaglio sulla ragionevolezza dell’apprezzamento espresso dalla stazione appaltante.
A ciò si aggiunga che il Comune richiamava all’uopo anche i costi relativi alla gestione dell’auto, che concorrerebbero a pressoché assorbire – a fronte dell’importo complessivo previsto da Le Ma. Ce., pari a Euro 11.500,00 – le disponibilità per le dotazioni su 32 dipendenti e cinque sedi; e su tale elemento l’appellante non ha formulato specifiche censure.
Per tali ragioni, al di là della dedotta mancata interlocuzione sul punto con la stazione appaltante (su cui v. retro, sub § 2 ss. in ordine ai profili procedurali), l’appellante non offre specifici elementi d’evidenza idonei a dimostrare l’irragionevole e manifestamente erronea valutazione di merito resa dall’amministrazione su tale voce di costo.
3.4.3. Allo stesso modo non vale a confutare il giudizio d’incongruità espresso dal Comune sugli oneri per la sicurezza relativi ai rischi specifici l’invocare la mera circostanza che il loro importo coincide con quello previsto dalla lex specialis per gli oneri di sicurezza cd. “interferenziali”, trattandosi in realtà di voci aventi funzioni e significati diversi, la cui mera coincidenza numerica non consente di dimostrare la congruità della voce esposta da Le Ma. Ce. e di ravvisare una manifesta irragionevolezza o erroneità nella corrispondente valutazione d’inadeguatezza resa dalla stazione appaltante.
3.4.4. Del pari infondata è la censura formulata in relazione alla voce dei costi generali, argomentata dall’appellante sulla base del suo coinvolgimento anche in altri appalti, con conseguente dotazione degli elementi di base necessari all’attività (fra cui, in particolare, il software per la rilevazione delle presenze del personale).
In senso contrario è sufficiente osservare come la stazione appaltante abbia contestato in realtà che, di 11.500,00 euro previsti da Le Ma. Ce. per siffatta voce, ben 5.000,00 sono già destinati a coprire le spese di pubblicazione, sicché il residuo di 6.500,00 euro risulta troppo esiguo per un affidamento di durata triennale.
In relazione a tale contestazione l’appellante non fornisce concreti e specifici elementi di segno opposto, limitandosi a rimandare alle dotazioni già a disposizione dell’impresa: il che non consente di ravvisare profili di evidente irragionevolezza od erroneità nel giudizio espresso dall’amministrazione, e quindi di superare la valutazione d’incongruità da questa formulata.
3.4.5. Irrilevante risulta poi la doglianza prospettata in relazione all’utile d’impresa (stimato in Euro 30.637,12), ritenuto dalla stazione appaltante inidoneo a coprire costi integrativi per la possibile assunzione di personale a condizioni più favorevoli, nonché esigenze impreviste e necessarie al mantenimento di servizi qualitativamente accettabili; la censura all’uopo articolata, con cui si deduce la corretta determinazione dell’utile e la sua idoneità a sopportare eventuali maggiori costi risulta nella specie non rilevante né conducente alla luce di quanto già statuito e delle relative conseguenze di seguito esposte (v. infra, sub § 5).
Va posto in risalto in proposito che, al di là di quanto già rilevato in ordine ai presunti costi aggiuntivi della manodopera e all’erroneo richiamo a tal fine al mantenimento degli scatti d’anzianità già vantati dal personale (v. retro, sub § 3 ss.), in termini generali, per costante giurisprudenza anche un utile esiguo di per sé solo non equivale a determinare l’anomalia dell’offerta, atteso che “non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo” (inter multis, Cons. Stato, III, 17 giugno 2019, n. 4025; V, 8 maggio 2020, n. 2900).
Ferme queste precisazioni, va osservato che nel caso di specie il richiamo all’utile non è espresso dall’amministrazione quale autonoma causa d’inadeguatezza dell’offerta e per questo si rende necessario procedere – a fronte dei profili di doglianza accolti e di quelli respinti, nei termini suindicati – a un nuovo giudizio sintetico e globale di sostenibilità dell’offerta nel quale considerare anche la capienza dell’utile esposto dall’impresa per poter compensare le sottostime delle voci di costo sopra confermate, ciò che compete all’amministrazione valutare (v. infra, sub § 5).
4. In conclusione, per le suesposte ragioni risultano fondate le doglianze proposte dall’appellante in relazione alla voce del costo della manodopera e relativo prelievo Irap, rispetto alle quali è peraltro infondata l’eccezione d’inammissibilità sollevata dagli appellati sulla base dell’invocata discrezionalità propria delle valutazioni sull’anomalia, atteso che le suddette (fondate) censure non incidono sul giudizio discrezionale rimesso alla stazione appaltante, ma evidenziano da un lato l’erronea contestazione d’una difformità dell’offerta rispetto alla lex specialis, dall’altro una (connessa) illegittima impostazione nella valutazione dei costi della manodopera.
Si rivelano invece non meritevoli di favorevole apprezzamento le censure relative alle altre voci dell’offerta giudicate anomale dalla stazione appaltante.
5. Per effetto dell’accoglimento dell’appello nei suddetti termini va dunque riformata la sentenza e accolto il ricorso di primo grado con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento di esclusione de Le Ma. Ce. e di scorrimento della graduatoria in favore della Op. Gr..
L’annullamento del provvedimento a fronte dei profili d’illegittimità riscontrati non comporta peraltro il necessario e automatico affidamento della commessa in favore dell’appellante, bensì la rivalutazione dell’anomalia dell’offerta da parte della stazione appaltante sulla base di quanto sopra indicato.
Non emerge infatti chiaramente, nella specie – né può essere autonomamente apprezzato dal giudice – l’esito finale sulla sostenibilità economica dell’offerta di Le Ma. Ce. alla luce dei profili di doglianza accolti e di quelli respinti nel quadro della valutazione unitaria sull’anomalia compiuta dall’amministrazione: il che comporta la necessaria rivalutazione sintetica e globale dell’anomalia dell’offerta da parte della stazione appaltante, che si atterrà a tal fine alle suesposte statuizioni.
5.1. Stante la necessaria rivalutazione dell’anomalia dell’offerta va respinta la domanda risarcitoria proposta da Le Ma. Ce., atteso che non v’è prova della spettanza del bene della vita in capo all’appellante e dunque della lesione di una situazione giuridica meritevole di ristoro.
6. In conclusione l’appello va accolto nei termini suindicati, con conseguente riforma della sentenza e accoglimento del ricorso di primo grado, cui segue l’annullamento del provvedimento impugnato e la nuova valutazione della congruità dell’offerta dell’appellante secondo quanto suesposto.
7. La complessità e particolarità della fattispecie giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado annullando il provvedimento gravato nei termini di cui in motivazione; compensa le spese del doppio grado di giudizio fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
Cecilia Altavista – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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