Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 24 giugno 2019, n. 4327.
La massima estrapolata:
L’esercizio del potere di autotutela richiede il rispetto del contraddittorio procedimentale, essendo necessario garantire al destinatario del provvedimento la possibilità di far valere le proprie ragioni, in una prospettiva difensiva e al contempo di collaborazione con l’Amministrazione procedente.
Sentenza 24 giugno 2019, n. 4327
Data udienza 14 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 6544 del 2009, proposto da Al. Ca., in proprio e nell’interesse dei figli Lo. Ga. e Ad. Ga., rappresentata e difesa dagli avvocati Br. Sa. e Di. Va., con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, (…);
contro
Condominio “Re. La Gu.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, e condomini Ro. Vi. ed altri, rappresentati e difesi prima dall’avvocato Cl. Co., poi dall’avvocato Da. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Co. in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di (omisssis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (sezione seconda) n. 01915/2008, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Condominio “Re. La Gu.” ed altri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 14 marzo 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Br. Sa. e Gi. Co., su delega dell’avvocato Da. Ma.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con provvedimento del 29 febbraio 2008 il Comandante della polizia locale del Comune di (omisssis) revocava l’autorizzazione n. 683/2002 rilasciata per un passo carraio a servizio del complesso immobiliare costituito dal Condominio “Re. La Gu.”, stante la proprietà privata di un’area del relativo transito, catastalmente identificata con il mappale (omissis) del foglio (omissis).
Il Condominio e alcuni dei condò mini gravavano il provvedimento di revoca innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia che, nella resistenza della parte proprietaria dell’area di cui sopra, accoglieva il ricorso con la sentenza breve della seconda sezione n. 1915 del 2008 e annullava per l’effetto il provvedimento di revoca, compensando tra le parti le spese di lite.
Il primo giudice riteneva in particolare che:
“- l’atto impugnato non è stato preceduto da comunicazione di avvio del procedimento e non evidenzia i motivi di interesse pubblico sottesi alla revoca dell’autorizzazione, avente quale unico presupposto dichiarato un elemento di rilievo privatistico, vale adire l’asserita appartenenza a terzi del suolo (mappale (omissis), compreso tra la strada pubblica e le proprietà condominiali) su cui insiste il passo carraio e si esercita il transito dei condò mini;
– la proprietà privata di detta area – compresa in una convenzione di lottizzazione che faceva obbligo al lottizzante di cederne la proprietà al Comune per opere urbanizzative – non esclude in astratto, nonostante la mancata cessione al Comune, la configurabilità di diritti di passaggio in capo ai condò mini;
– la disciplina dettata dal codice stradale per i passi carrai è finalizzata alla sicurezza della circolazione, prescinde dal regime dominicale delle aree su cui si esercita il passaggio e precisa (art. 27, comma 4, decreto legislativo 30 aprile 1982 n. 295) che le autorizzazioni in materia sono accordate senza pregiudizio dei diritti dei terzi, i quali sono pertanto legittimati a far valere le proprie pretese dinanzi al giudice ordinario;
– non sono ravvisabili pertanto ragioni di interesse pubblico sottese alla revoca dell’autorizzazione, dovuta alla opposizione al passaggio manifestata dai controinteressati per motivi attinenti unicamente ai rapporti tra proprietà finitime”.
2. Con l’appello all’odierno esame l’originaria parte contro-interessata ha proposto appello avverso la sentenza, domandone la riforma per: violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 21-quinquies, 21-octies, 21-nonies della l. 241/1990, degli artt. 22 e 27 del d.lgs. 285/1992, del d.lgs. 495/1992, eccesso di potere sotto i profili dell’errata valutazione e del travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà, illogicità manifesta, carenza di motivazione e di istruttoria, violazione e falsa applicazione dell’art. 1079 Cod. civ..
Gli originari ricorrenti, costituitisi in resistenza, hanno domandato la reiezione dell’appello, illustrandone la infondatezza e riproponendo le censure assorbite in primo grado.
Entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti a sostegno delle rispettive tesi difensive.
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 14 marzo 2019.
3. Con la prima linea argomentativa l’appellante avversa la parte della sentenza gravata che ha stigmatizzato la mancata comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l’atto impugnato in primo grado, sostenendo che, per costante giurisprudenza, l’omissione non vizia il provvedimento finale laddove esso sia vincolato ovvero sia dimostrabile che lo stesso non avrebbe potuto avere un contenuto diverso.
L’appellante espone che tali ipotesi sono entrambe sussistenti nella fattispecie, nella quale l’Amministrazione aveva rilasciato l’autorizzazione sull’errato presupposto che il passo carraio accedesse direttamente alla via pubblica, mentre in realtà esso accede al predetto mappale (omissis), rimasto sempre in proprietà privata, prima dell’Immobiliare Mo. s.r.l., poi degli eredi Ga., assegnatari dell’area per effetto del provvedimento n. 1932 del 20 giugno 2007 del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Monza a compensazione di un credito vantato dai medesimi nei confronti dell’Immobiliare, e ciò ancorchè la convenzione di lottizzazione sulla base della quale è stato realizzato il complesso immobiliare ne prevedesse la cessione a favore del Comune.
3.1. La censura non è fondata.
Per pacifica giurisprudenza, l’esercizio del potere di autotutela richiede il rispetto del contraddittorio procedimentale, essendo necessario garantire al destinatario del provvedimento la possibilità di far valere le proprie ragioni, in una prospettiva difensiva e al contempo di collaborazione con l’Amministrazione procedente (tra tante, Cons. Stato, IV, 4 febbraio 2010, n. 520; 30 dicembre 2008, n. 6603).
In continuità con il predetto indirizzo, questa Sezione del Consiglio di Stato ha rammentato, anche di recente, come, in linea generale, la legittimità di un provvedimento di autotutela sia subordinata alla comunicazione di avvio del procedimento, oltre che a una adeguata motivazione circa la natura e la gravità delle anomalie verificatesi, la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla sua eliminazione, la comparazione tra quest’ultimo e la contrapposta posizione consolidata e la ragionevole durata del tempo intercorso tra l’atto illegittimo e la sua rimozione (V, 2 luglio 2018, n. 4041).
Tanto premesso, il Collegio non ravvisa nella fattispecie il carattere vincolato del provvedimento di autotutela, che, ai sensi dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990, rende improduttiva di effetti la mancata comunicazione di cui all’art. 7 della stessa legge 241/1990.
Segnatamente, tale carattere non consegue alla circostanza che l’Amministrazione sia stata edotta del fatto che il passo carraio precedentemente autorizzato transita su un’area di proprietà privata, atteso che, come rilevato dal primo giudice, con statuizione che si rivela indenne da mende, la stessa proprietà, per effetto della predetta convenzione di lottizzazione, era soggetta all’obbligo di cessione al Comune per opere di urbanizzazione, e l’inadempimento di tale obbligo non escludeva in astratto la configurabilità di diritti di passaggio in capo ai condò mini.
La correttezza della conclusione, del resto, è stata confermata dalle sentenze n. 826 del 2016 del Tribunale di Monza e n. 2061 del 2018 della Corte di appello di Milano, passata in giudicato, che, esitando i giudizi civili (di rivendica e negatoria servitutis) avviati dall’appellante dopo la sentenza amministrativa qui gravata, hanno ritenuto perfezionata a favore dei condomì ni, in virtù della natura propter rem dell’obbligazione convenzionale di cessione gratuita dell’area a favore del Comune, la costituzione di una servitù di parcheggio e di passaggio sul citato mappale, ai sensi dell’art. 1062 Cod. civ. (destinazione del padre di famiglia).
L’appellante non può poi essere seguita quando afferma, invocando la valenza “sostanziale” della comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della l. 241 del 1990, che i condomì ni avevano avuto comunque modo di partecipare al procedimento amministrativo, come attesterebbe la loro nota del 7 novembre 2007, inviata anche all’Amministrazione comunale.
Al riguardo, deve osservarsi che la predetta nota, che costituisce la risposta a una diffida formulata dall’appellante nei confronti del condominio il 20 settembre 2007, si è limitata a esprimere considerazioni inerenti alla libera accessibilità dell’area per cui è causa, in quanto asservita all’uso pubblico dalla predetta convenzione di lottizzazione.
Essa atteneva, pertanto, a tematiche che non potevano esaurire l’area dei possibili profili difensivi spendibili dal condominio in vista dell’esercizio dei poteri autoritativi esercitabili dal Comune in sede di revoca dell’autorizzazione del passo carraio precedentemente rilasciata.
E che la stessa nota, come pure pretende l’appellante, potesse poi fungere, perché, come detto, indirizzata anche al Comune di (omisssis), da “istanza di parte” rispetto al provvedimento di revoca, appare poi una evidente forzatura, sol che si consideri il suo scopo difensivo dei diritti del condominio nei confronti del diffidante, nonché il fatto che l’atto di revoca ha fatto seguito a precise sollecitazioni della parte proprietaria, che l’Amministrazione ha evidentemente fatto proprie, mancando, però, di estendere il contraddittorio procedimentale ai soggetti direttamente interessati dal provvedimento di autotutela in itinere in quanto destinatari degli effetti lesivi dell’atto.
4. Con una seconda argomentazione l’appellante lamenta che la sentenza gravata ha rilevato a carico del provvedimento di revoca la mancata indicazione delle sottese ragioni di interesse pubblico, mentre esso era sufficientemente motivato dalla proprietà privata del mappale in parola.
La censura va respinta, sia in quanto fondata sulla convinzione, di cui sopra si è rilevata l’erroneità, che tale presupposto rendesse vincolato l’atto di autotutela, sia alla luce della giurisprudenza già citata, che richiede, ai fini della legittimità di tutti i provvedimenti di secondo grado, una adeguata motivazione in ordine al sotteso interesse pubblico, restando pertanto irrilevante al riguardo ogni questione, pure introdotta dall’appellante, in ordine alla qualificabilità del provvedimento qui in rilievo come atto di revoca o di annullamento.
5. Con una successiva argomentazione l’appellante avversa la sentenza gravata laddove ha evocato la configurabilità in astratto di un diritto di passaggio dei condò mini sull’area di proprietà privata de qua sulla base della predetta convenzione di lottizzazione.
Anche tale doglianza è infondata.
Le disposizioni del regolamento convenzionale, atto avente lo scopo di regolare l’assetto urbanistico ed edilizio della porzione di territorio comunale interessata dall’intervento edificatorio, conformando in dettaglio e in concreto la proprietà privata, risultavano infatti elemento di indubbia e oggettiva rilevanza per la comprensione e la definizione delle posizioni incise dall’atto di autotutela per cui è causa: il primo giudice ben poteva pertanto rilevarne la potenziale significatività nell’ambito dell’apprezzamento da compiersi da parte dell’Amministrazione in ordine alla revocabilità dell’autorizzazione di passo carraio già rilasciata, ed evidenziare che esso, ciò nonostante, era rimasto estraneo a qualsiasi apprezzamento.
Deve ancora osservarsi che il giudice di prime cure ha confinato ogni affermazione sul punto in esame nell’ambito del piano, proprio dello scrutinio di legittimità rimesso alla giurisdizione amministrativa, della individuazione degli elementi che l’Amministrazione avrebbe dovuto sottoporre a valutazione in sede di autotutela.
Sicchè, contrariamente a quanto sostiene la parte appellante, la statuizione in esame non si è tradotta nell’accertamento dell’esistenza nella fattispecie di un diritto di passaggio in capo ai ricorrenti (accertamento che è stato invece effettuato dalle successive sentenze civili sopra citate), né, in quanto tale, risulta contraddittoria con gli ulteriori rilievi del primo giudice che il presupposto dell’autotutela attenesse “a un elemento di rilievo privatistico” e che i terzi eventualmente lesi dall’autorizzazione di passo carraio, accordata ai sensi del ridetto art. 27, comma 4 del Codice della strada per fini di sicurezza della circolazione, che prescinde dal regime dominicale delle aree interessate dal passaggio ma che fa salvi i loro interessi, erano “legittimati a far valere le proprie pretese dinanzi al giudice ordinario”.
Va ulteriormente esclusa la fondatezza della pretesa dell’appellante a che il primo giudice, chiamato a scrutinare la legittimità dell’atto di autotutela per effetto del ricorso proposto dai destinatari dell’atto stesso, dovesse pronunciarsi in ordine a quale parte del relativo giudizio amministrativo avrebbe dovuto agire in sede civile al fine di accertare l’esistenza o meno del diritto di passaggio sull’area: infatti tale profilo esulava completamente dall’alveo della sua cognizione, attenendo esclusivamente all’autonoma decisione di ciascuna di tali parti relativa all’intensità e alle modalità con cui perseguire la difesa delle proprie posizioni giuridiche.
Né una siffatta individuazione può farsi implicitamente discendere, come fa l’appellante, dall’avvenuto accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio: esso ha avuto quale esclusivo effetto l’annullamento dell’atto impugnato a causa della sua riscontrata illegittimità, e non può in alcun modo essere interpretato quale causa della decisione della parte soccombente di adire il giudice civile, intrapresa nell’ambito del libero esercizio di facoltà proprie del soggetto.
6. Va infine sconfessato il tentativo effettuato dall’appellante, sia con la memoria dell’11 febbraio 2019 che mediante il deposito degli atti comunali ivi richiamati, di valorizzare a suo favore l’attestazione resa dal Comune di (omisssis) secondo cui, successivamente alla revoca, “non esistono autorizzazioni relative né al passo carraio né alla strada interna al lotto”.
Al riguardo, si osserva che la sentenza di primo grado, la cui esecutività non è mai stata sospesa, annullando la revoca in autotutela dell’autorizzazione di passo carraio rilasciata nel 2002 a favore del condominio, ha determinando la reviviscenza dell’atto illegittimamente revocato. Ciò in virtù dell’effetto ripristinatorio automatico tipico delle pronunzie demolitorie rese a tutela di interessi di tipo oppositivo, quale quello azionato nel giudizio di primo grado dal condominio stesso.
La predetta autorizzazione del 2002, che non necessitava, per quanto sopra, di un atto confermativo comunale o di un rinnovo di rilascio, e che non risulta essere stata fatta oggetto di una ulteriore attività di autotutela amministrativa, è rimasta indi vigente dalla stessa sentenza in poi.
Pertanto, ai fini perseguiti dall’appellante, l’attestazione comunale di cui sopra si profila come del tutto irrilevante.
7. Alle rassegnate conclusioni, assorbita ogni altra questione pure proposta dalla parte appellata, consegue la reiezione dell’appello.
8. Le spese di giudizio del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte appellante alla refusione in favore della parte resistente delle spese di lite, che liquida nell’importo pari a Euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore
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