Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|7 febbraio 2022| n. 3792.
Domanda di Nullità contrattuale ed esistenza di una causa di nullità diversa.
Il giudice innanzi al quale sia proposta una domanda di nullità contrattuale deve rilevare d’ufficio l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella prospettata, che sia desumibile dai fatti dedotti in giudizio ed abbia carattere assorbente, con l’unico limite di dovere instaurare il contraddittorio prima di statuire sul punto. Tale rilievo è doveroso anche in grado di appello, perché si tratta di una questione che attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata ed integra un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio ex art. 345 cod. proc. civ.
Ordinanza|7 febbraio 2022| n. 3792. Domanda di Nullità contrattuale ed esistenza di una causa di nullità diversa
Data udienza 30 novembre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti – Domanda di nullità contrattuale – Giudice – Deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di nullità diversa da quella allegata dall’istante – Trattasi di domanda pertinente ad un diritto autodeterminato – Rilievo doveroso anche in grado di appello – Cass., SU, n. 26242/14
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8075/2016 proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente agli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Dalmine, in persona del sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, con procura speciale per Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 48/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 24/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/11/2021 dal Cons. rel., Dott. CAIAZZO ROSARIO.
RILEVATO
CHE:
(OMISSIS) s.p.a convenne innanzi al Tribunale di Bergamo il comune di Dalmine, esponendo: di aver stipulato, il 18.9.98, con il convenuto comune una convenzione per realizzare e gestire un impianto, ex Legge Regionale n. 9 del 1955, sul territorio del medesimo ente, in virtu’ del quale aveva assunto una serie di obbligazioni senza alcuna controprestazione, percio’ nulle per mancanza di causa; che in esecuzione di tale convenzione aveva versato allo stesso comune la somma complessiva di Euro 7.593.889,09. Pertanto, l’attrice chiedeva che fosse accertata e dichiarata la nullita’ dell’atto di convenzione, condannando il comune di Dalmine a restituire le somme ricevute indebitamente in esecuzione dell’atto nullo.
L’ente convenuto si costitui’ eccependo l’infondatezza della domanda, in quanto gli obblighi contrattuali in capo all’attrice erano stati di fatto sostenuti dai conferitori di rifiuti, i quali versavano alla societa’ attrice i corrispettivi per l’uso dell’impianto, come approvato dalla Regione Lombardia e dalla Provincia di Bergamo, e che tali obblighi costituivano un parziale ristoro del grave impatto sull’ambiente provocato dall’impianto realizzato.
Il comune proponeva altresi’ domanda riconvenzionale chiedendo la condanna della societa’ attrice al pagamento delle somme ancora dovute in forza della suddetta convenzione.
Con sentenza non definitiva del 2013, il Tribunale rigetto’ la domanda della (OMISSIS) s.p.a. – disponendo la prosecuzione del giudizio per la domanda riconvenzionale – in quanto la convenzione in questione aveva una causa lecita, considerate le controprestazioni gravanti sull’ente locale consistenti nell’impatto urbanistico ed ambientale causato dall’utilizzazione dell’impianto in questione, e tenuto conto della rinuncia alla libera contrattazione da parte dell’attrice.
La societa’ propose appello che, con sentenza del 19.1.16, la Corte territoriale respinse, osservando che: non era fondato il motivo d’appello relativo alla mancanza di controprestazioni a carico del comune, essendo la convenzione qualificabile come contratto con prestazioni a carico di una sola parte (articolo 1333 c.c.); la mancanza di onerosita’ per il comune era comunque solo apparente in quanto l’appellante aveva trasferito i costi delle prestazioni a carico degli enti conferitori di r.s.u. all’impianto oggetto della convenzione, circostanza che aveva costituito oggetto di convenzioni intercorse tra la (OMISSIS) s.p.a. e la Provincia di Bergamo in ordine alla determinazione delle tariffe applicate per il servizio reso attraverso lo stesso impianto; pertanto, tali rapporti tra la societa’ attrice, la Provincia e la Regione assumevano rilevanza anche per valutare la causa della convenzione, nell’ambito della quale rientrava anche l’incidenza dell’impatto ambientale ed urbanistico a carico della collettivita’, ristorato appunto dai costi gravanti sulla societa’ a favore del comune di Dalmine, come comprovato dal fatto che quest’ultimo aveva approvato il progetto in deroga, come condizione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione regionale in deroga al piano provinciale; la determinazione della somma da versare al comune, poi destinata ad opere ed interventi finalizzati al miglioramento dell’ambiente e al ripristino dei servizi pubblici, aveva consentito di pervenire alla stipula della convenzione; la convenzione in questione, frutto di libera negoziazione tra le parti, non violava dunque alcuna legge, tanto che l’appellante non ne aveva mai contestato la nullita’, peraltro non rilevata d’ufficio dal Tribunale nella causa promossa dal comune per l’accertamento del diritto ai pagamenti delle somme stabilite dalla convenzione medesima nel periodo decorso dal 15.4.02; era altresi’ inammissibile la domanda, formulata nella comparsa conclusionale in appello, relativa alla nullita’ sopravvenuta della convenzione – per violazione del Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 1 e del Decreto Legislativo n. 384 del 2003, articolo 12, comma 6, – in quanto domanda nuova, per causa petendi e petitum; tale inammissibilita’ non era superabile in relazione alla rilevabilita’ d’ufficio della nullita’, ex articolo 1421 c.c., poiche’ quest’ultima norma, da coordinare con gli articoli 99 e 112 c.p.c., non era applicabile nel caso concreto atteso che l’accertamento della stessa nullita’ dell’accordo tra le parti costituiva l’oggetto della domanda principale della domanda in primo grado; non era altresi’ ammissibile la domanda di restituzione delle somme pagate al comune dall’appellante poiche’ non era stata decisa dal Tribunale che, pronunciata la nullita’ della convenzione, con separata ordinanza, aveva disposto la prosecuzione del giudizio per le ulteriori domande, tra cui appunto quella in questione.
La (OMISSIS) s.p.a. ricorre in cassazione con quattro motivi, illustrati con memoria. Il comune di Dalmine resiste con controricorso, illustrato con memoria.
RITENUTO
CHE:
Il primo motivo denunzia violazione dell’articolo 345 c.p.c., articoli 1418, 1421 c.c., avendo la Corte d’appello errato nel ritenere inammissibile la domanda di nullita’ della convenzione formulata in appello, in quanto non avrebbe costituito domanda nuova. Al riguardo, la ricorrente assume che: la nuova causa petendi di tale domanda, riguardante il contrasto con le suddette norme sopravvenute, non determinava l’inammissibilita’ della stessa essendo correlata ad un medesimo petitum (la nullita’ della convenzione, quale bene della vita perseguito con la domanda introduttiva del giudizio); tale conclusione era avvalorata dai principi affermati da SU n. 26243/14 secondo la quale e’ possibile rilevare d’ufficio una causa di nullita’ non dedotta in primo grado – indicandola ai sensi dell’articolo 101 c.p.c. – mediante conversione in eccezione di nullita’.
Il secondo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi, ai fini della decisione sulla sussistenza della causa contrattuale, anche in ordine alle vicende amministrative che riguardarono la delibera comunale di approvazione dell’impianto oggetto della convenzione dalle quali si desumeva che la (OMISSIS) s.p.a. aveva ottenuto l’A.I.A., cio’ che dimostrava la piena compatibilita’ ambientale dell’impianto in questione.
Il terzo motivo denunzia falsa applicazione e violazione dell’articolo 1333 c.c., non avendo la Corte d’appello considerato che la convenzione non pone alcun obbligo a carico del comune.
Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., per aver la Corte territoriale erroneamente applicato le regole ermeneutiche nell’esaminare la convenzione atteso che dalla lettura di quest’ultima non si evince alcun obbligo a carico del comune, pur volendo considerare l’impatto ambientale ed urbanistico che la realizzazione dell’impianto aveva determinato, fatti comunque irrilevanti.
Preliminarmente, va osservato che le parti hanno depositato, il 28.1.2022, un atto di rinuncia al ricorso e al controricorso, ex articolo 390 c.p.c., sulla base di un accordo transattivo datato 28.12.2021. Ora, tale istanza congiunta e’ inammissibile poiche’ tardiva, essendo stata presentata oltre l’udienza di discussione della causa, tenutasi il 30.11.2021, in applicazione dell’articolo 390 c.p.c., come modificato dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006, secondo il cui disposto la parte puo’ rinunciare al ricorso finche’ non sia cominciata la relazione all’udienza. Al riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la rinuncia al ricorso per cassazione risulta perfezionata nel caso in cui la controparte ne abbia avuto conoscenza prima dell’inizio dell’udienza, anche se non mediante notificazione e, trattandosi di atto unilaterale recettizio, produce l’estinzione del processo a prescindere dall’accettazione che rileva solo ai fini delle spese (Cass., SU, n. 34429/2019: nella specie, la S.C. ha ritenuto priva di effetti la rinuncia contenuta in una nota depositata dal difensore dopo l’inizio dell’adunanza in camera di consiglio di cui all’articolo 380 bis.1 c.p.c., per di piu’ in difetto di prova dell’avvenuta comunicazione alla controparte).
Premesso cio’, il primo motivo va accolto.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullita’ contrattuale deve rilevare di ufficio l’esistenza di una causa di nullita’ diversa da quella allegata dall’istante -che sia desumibile dai fatti dedotti in giudizio ed abbia carattere assorbente- essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicche’ e’ individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio; tale rilievo e’ doveroso anche in grado di appello, perche’ si tratta di una questione che attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata ed integra un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio ex articolo 345 c.p.c. (Cass., SU, n. 26242/14; n. 26495/2019; n. 31930/2019; n. 16977/2017).
Nel caso concreto, la societa’ ricorrente assume che il Decreto Legislativo n. 79 del 1999, articolo 1 e Decreto Legislativo n. 384 del 2003, articolo 12, comma 6, contemplino norme che avrebbero determinato la nullita’ sopravvenuta della convenzione per cui e’ causa, infirmandone la validita’ in quanto: l’attivita’ di produzione dell’energia elettrica e’ attivita’ “libera”, che non puo’ essere gravata da oneri di qualsiasi tipo, ne’ da misure di compensazione – con esplicito riferimento alle Regioni e Province – trattandosi di fonti rinnovabili; tali norme sopravvenute alla stipula della convenzione avrebbero introdotto nell’ordinamento una norma imperativa valida per ogni attivita’ di produzione di energia elettrica; l’obbligo di versare somme periodiche al comune di Dalmine (Euro 8.000.000,00 in 10 anni) confliggeva con le suddette norme poiche’ in violazione della liberalizzazione dell’attivita’ di produzione di energia elettrica, soggetta alla sola autorizzazione amministrativa; secondo un parere del C.d.S. del 2008, alla luce di due sentenze della Corte Cost. (nn. 383/05 e 248/06), nel caso di attivita’ di produzione di energia elettrica, sarebbe possibile che lo Stato o le Regioni impongano misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale che, pero’, non sarebbero legittime nel caso di automatismo, per il solo fatto della realizzazione dell’impianto di produzione di energia, prescindendo dalle sue caratteristiche e dimensioni, senza cioe’ specificazione dell’impatto ambientale e territoriale.
Pertanto, alla luce delle predette norme sopravvenute alla convenzione tra le parti, emergono due questioni: se possa essere il comune ad imporre le suddette misure compensative, come lamentato dalla ricorrente, e se l’obbligo posto dalla convenzione a carico di quest’ultima sia giustificato dalle stesse norme sopravvenute.
Parte ricorrente, dunque, si duole che la Corte territoriale non abbia rilevato una causa di nullita’ diversa da quella oggetto della domanda introduttiva del giudizio, per violazione delle suddette norme imperative, entrate in vigore successivamente alla convenzione oggetto di causa.
Il collegio ritiene che la doglianza sia fondata in quanto la pronuncia impugnata d’inammissibilita’ della domanda di nullita’ formulata dalla (OMISSIS) s.p.a. nella comparsa conclusionale del giudizio d’appello e’ chiaramente difforme dal principio di diritto sancito dalla Sezioni Unite di questa Corte, confermato dalla giurisprudenza di legittimita’ successiva, peraltro con argomentazioni sulla novita’ di causa petendi e petitum che non tengono in alcun conto di quanto affermato dalla citata sentenza delle SU ad essa anteriore.
Pertanto, la statuizione d’inammissibilita’ della domanda di nullita’ contrattuale nuova della (OMISSIS) s.p.a, relativa a questione che e’ stata oggetto di contraddittorio tra le parti, viola gli articoli 345 c.p.c., articoli 1418 e 1421, e va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, anche per le spese del grado di legittimita’.
Il secondo motivo e’ infondato in quanto la Corte d’appello ha esaminato ogni profilo della questione dibattuta circa la sussistenza di una effettiva, concreta causa contrattuale della convenzione stipulata, pur non facendo specifico riferimento all’autorizzazione ambientale (AIA) ottenuta dalla ricorrente, in ordine all’impatto ambientale ed urbanistico.
Il terzo e quarto motivo, esaminabili congiuntamente poiche’ tra loro connessi, sono infondati in quanto la Corte d’appello ha adottato una plausibile interpretazione della convenzione tra le parti, inquadrandola nell’ambito della fattispecie ex articolo 1333 c.c., con argomenti non censurabili in questa sede; in particolare, la ricorrente tende a ribaltare l’interpretazione relativa alla causa della convenzione (e cio’ a prescindere se qualificabile come funzione economico-sociale o come ragione concreta del negozio stipulato), senza peraltro specificare le regole interpretative che s’assumono violate.
P.Q.M.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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