Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 marzo 2023| n. 6444.
Danno non patrimoniale discendente da lesione della salute
In tema di danno non patrimoniale discendente da lesione della salute, se è vero che all’accertamento di un danno biologico non può conseguire in via automatica il riconoscimento del danno morale (trattandosi di distinte voci di pregiudizio della cui effettiva compresenza nel caso concreto il danneggiato è tenuto a fornire rigorosa prova), la lesione dell’integrità psico-fisica può rilevare, sul piano presuntivo, ai fini della dimostrazione di un coesistente danno morale, alla stregua di un ragionamento inferenziale cui deve, peraltro, riconoscersi efficacia tanto più limitata quanto più basso sia il grado percentuale di invalidità permanente, dovendo ritenersi normalmente assorbito nel danno biologico di lieve entità (salvo prova contraria) tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sotto il profilo del danno morale.
Ordinanza|3 marzo 2023| n. 6444. Danno non patrimoniale discendente da lesione della salute
Data udienza 23 gennaio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Circolazione stradale – Responsabilità civile – Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada – Danno morale – Artt. 1223, 1226, 2056, 2059, 2697, 2727 e 2729, cc – Invalidità temporanea e permanente – Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso r.g.n. 28344/2020 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato CARLO TESTA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in qualita’ di impresa designata per il Fondo di Garanzia Vittime della Strada, in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato MARCO VINCENTI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 11446/2020 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 06/08/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/01/2023 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.
RILEVATO
Che:
con sentenza resa in data 6/8/2020, il Tribunale di Roma ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato la (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a., in qualita’ di impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada, al risarcimento, in favore di (OMISSIS), dei danni da quest’ultimo subiti a seguito del sinistro stradale dedotto in giudizio;
con tale decisione, il tribunale ha altresi’ confermato la non risarcibilita’, in favore del (OMISSIS), del pregiudizio di natura patrimoniale asseritamente consistito nel danneggiamento del proprio motoveicolo, nonche’ del danno morale specificamente rivendicato dall’attore;
a fondamento della decisione assunta, il giudice d’appello, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice, nella parte in cui (dopo aver liquidato il danno biologico riconosciuto dal consulente tecnico d’ufficio nella misura corrispondente a un’invalidita’ permanente pari al 4%, oltre all’invalidita’ temporanea) aveva escluso la risarcibilita’ del danno morale rivendicato dal (OMISSIS), non avendo quest’ultimo fornito elementi dimostrativi idonei a comprovare l’effettiva sussistenza di un danno morale conseguente al sinistro dedotto in giudizio;
avverso la sentenza d’appello, (OMISSIS) propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
la (OMISSIS) s.p.a., nella qualita’ spiegata, resiste con controricorso;
nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;
(OMISSIS) ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
con il primo motivo, il ricorrente si duole della nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, e articolo 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere il giudice d’appello dettato una motivazione meramente apparente e perplessa a fondamento della decisione assunta, essendosi il tribunale limitato alla mera pedissequa riproduzione di atti processuali della controparte;
il motivo e’ infondato;
osserva il Collegio come, diversamente da quanto in questa sede sostenuto dall’odierno ricorrente, il giudice d’appello, nel corpo della motivazione della sentenza impugnata, si sia unicamente limitato alla sola materiale (ed erronea) riproduzione di taluni brani di un atto della parte appellata (in particolare, da pag. 8 a pag. 11), senza che tali brani siano tuttavia valsi a incidere sulla piena riconoscibilita’ delle successive argomentazioni autonomamente elaborate in funzione decisoria (da pagg. 11 e segg. della sentenza impugnata);
tali successive argomentazioni, autonomamente discernibili dai brani in precedenza estratti dall’atto della parte appellata, devono ritenersi tali da consentire, di per se’, la piena ricostruibilita’ dell’iter logico seguito dal giudice d’appello ai fini della decisione, in particolare la’ dove tale giudice ha ritenuto prive di adeguato supporto probatorio, tanto la richiesta di risarcimento del danno patrimoniale a carico del motoveicolo coinvolto nel sinistro, quanto la domanda di risarcimento del danno morale conseguente al fatto illecito;
l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse e’ pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruita’ logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere il giudice d’appello omesso di esaminare i fatti storici consistiti nella sofferenza psichica e nel paterna d’animo subiti dall’attore a seguito del sinistro oggetto di esame, il periodo di malattia sofferto e la compromissione obiettiva della propria vita di relazione: elementi, tutti, tempestivamente allegati in giudizio e del tutto pretermessi dalla considerazione del giudice a quo ai fini della liquidazione del danno morale rivendicato dall’originario attore;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impegnata per violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 32 Cost., dell’articolo 1 della Carta di Nizza, degli articoli 1223, 1226, 2056, 2059, 2697, 2727 e 2729 c.c., dell’articolo 115 c.p.c., comma 2, dell’articolo 139, lettera e) del codice delle assicurazioni private (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice d’appello, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, omesso di riconoscere il danno morale sofferto dall’odierno ricorrente e da quest’ultimo tempestivamente allegato e adeguatamente comprovato per presunzioni, pervenendo in tal modo alla violazione del principio che impone l’integrale risarcimento del danno alla persona in tutte le sue componenti, ivi compreso il danno morale;
entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;
osserva il Collegio come le censure in esame, nella misura in cui si dolgono del mancato riconoscimento, parte del giudice a quo, di un danno morale desumibile in via presuntiva in connessione alla riconosciuta sussistenza di conseguenze dannose lesive dell’integrita’ psicofisica del danneggiato (intese quale danno biologico), impongano una preliminare ricognizione del significato delle voci di danno evocate, segnatamente in considerazione dell’avvenuto rigetto, da parte dei giudici del merito, della domanda di liquidazione del danno morale proposta dall’attore, avendo quest’ultimo trascurato di fornirne un’adeguata dimostrazione;
sul punto, varra’ considerare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, debba rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l’aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo in peius con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile – alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (articoli 138 e 139 codice delle assicurazioni private, come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) – e’ la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realta’ naturalistica, si puo’ connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, percio’, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (cfr., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 901 del 17/01/2018, Rv. 647125 – 02);
sul giudice del merito, pertanto, incombe l’obbligo di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze in peius derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici;
ne deriva che, a fini liquidatori, si deve procedere a una compiuta istruttoria finalizzata all’accertamento concreto e non astratto del danno, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, valutando distintamente, in sede di quantificazione del danno non patrimoniale alla salute, le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera interiore (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di se’, della paura, della disperazione) rispetto agli effetti incidenti sul piano dinamico-relazionale (che si dipanano nell’ambito delle relazioni di vita esterne), autonomamente risarcibili (Sez. 3, Ordinanza n. 23469 del 28/09/2018, Rv. 650858 – 01);
con particolare riferimento all’uso delle presunzioni in materia di danno morale, varra’ considerare la necessita’ di sottrarsi ad ogni prassi di automaticita’ nel riconoscimento di tale danno in corrispondenza al contestuale riscontro di un danno biologico, attesa l’esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie destinate a tradursi in un’ingiusta locupletazione del danneggiato, laddove quest’ultimo si sia sottratto – come rilevato dal giudice a quo nel caso di specie – a una rigorosa allegazione e prova di fatti secondari idonei a supportare, sul piano rappresentativo, la prospettata sofferenza di conseguenze dell’illecito rilevabili sul piano del proprio equilibrio affettivo-emotivo;
pur quando rimanga aperta per il danneggiato la possibilita’ di dimostrare l’eventuale compresenza di conseguenze dannose contestualmente avvertibili, in ipotesi, su entrambi i piani del danno biologico e del danno morale (ossia di diverse conseguenze dannose concretamente coesistenti e correttamente collocabili sui due diversi piani), rimane comunque ferma la necessita’ che l’interessato abbia a fornire la prova rigorosa, tanto della specifica diversita’ di tali conseguenze (al fine di evitare duplicazioni risarcitorie), quanto dell’effettiva compresenza di entrambe le serie consequenziali dedotte;
a tal fine, tuttavia, la possibilita’ di invocare il valore rappresentativo della lesione psico-fisica (in se’ considerata come danno biologico) alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare, in termini inferenziali, l’eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale, dovra’ ritenersi tanto piu’ limitata quanto piu’ ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l’entita’ dell’invalidita’ riscontrata, attesa la ragionevole e intuibile idoneita’ di fatti lesivi di significativa ed elevata gravita’ a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale (ragionevolmente tali da legittimare il riconoscimento dalla compresenza di un danno morale accanto a un danno biologico), rispetto alla corrispettiva idoneita’ delle conseguenze limitate a un danno biologico di modesta entita’ ad assorbire, secondo un criterio di normalita’ (e sempre salva la prova contraria), tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del c.d. danno morale;
da tanto segue la ragionevole affermazione del principio declinabile sul piano probatorio secondo cui, al riconoscimento di danni biologici di lieve entita’ (come avvenuto nel caso di specie), corrispondera’ un maggior rigore nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entita’ (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale;
nel caso di specie, avendo il giudice a quo espressamente sottolineato la mancata offerta, da parte dell’odierno ricorrente, di elementi di prova o l’allegazione di circostanze o fatti diversi da quelli gia’ considerati nella valutazione del danno biologico riscontrato a carico del (OMISSIS), le odierne censure avanzate dal ricorrente devono ritenersi radicalmente prive di fondamento, a tal fine non potendo ritenersi valorizzabili le circostanze solo genericamente e astrattamente riferite alla “sofferenza” e ai “patimenti d’animo”b derivati dal sinistro, vieppiu’ apoditticamente ritenuti di entita’ tale da superare i limiti della soglia minima di tollerabilita’ imposta dai doveri di solidarieta’ sociale;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della societa’ controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
dev’essere altresi’ attestata, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 700,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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