Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 27 giugno 2019, n. 4423.
La massima estrapolata:
Costituisce intervento soggetto a permesso di costruire la semplice realizzazione di un parcheggio su un terreno in precedenza libero, perché esso comporta un aumento del carico urbanistico.
Sentenza 27 giugno 2019, n. 4423
Data udienza 20 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8989 del 2012, proposto dai signori:
Giuseppe Prete ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Si. Fe., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ma., con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Capitolina, in Roma, via (…);
per l’annullamento, previa sospensiva,
della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione II ter, 28 maggio 2012 n. 4823, resa fra le parti, che ha pronunciato sul ricorso n° 4938/2002 R.G., proposto per l’annullamento della determinazione 20 dicembre 2001 n3422, notificata al condominio il giorno 25 febbraio 2002, con la quale il Dirigente dell’Unità organizzativa tecnica del Municipio XIII del Comune di Roma ha ordinato alla Ed. Du. Pi. Du. S.r.l. quale esecutore la demolizione ovvero rimozione in quanto abusive di opere realizzate in assenza di concessione edilizia presso il condominio di via Monti San Paolo 4, costituite dal frazionamento del piano pilotis già destinato a giorno nell’atto di obbligo, realizzandovi posti macchina privati;
e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati Si. Fe. e An. Ca., questi in dichiarata sostituzione dell’avvocato An. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la determinazione 20 dicembre 2001 meglio indicata in epigrafe, l’amministrazione intimata appellata ha ordinato ad una società di costruzioni, estranea a questo processo, quale esecutrice delle opere abusive, la demolizione ovvero rimessione in pristino di un frazionamento del cd piano pilotis esistente presso il condominio che si trova a Roma, in via (omissis), frazionamento consistente nell’avere ricavato senza la concessione edilizia, ritenuta necessaria, un certo numero di posti macchina privati nello spazio di cui si è detto, che secondo l’atto d’obbligo sottoscritto dall’impresa quando l’edificio fu costruito sarebbe dovuto rimanere “a giorno” (doc. 1 in I grado ricorrenti appellanti, atto impugnato).
Per migliore comprensione, si ricorda che in edilizia si definiscono, con termine che proviene dal francese, “pilotis”, scritto anche “piloty” i pilastri di cemento armato che sorreggono un edificio isolandolo dal terreno, in modo da creare uno spazio libero da pareti in diretta relazione con l’esterno, e si chiama quindi “piano pilotis” o “piano piloty” il piano realizzato con questo sistema, che forma uno spazio libero là dove di solito si trova il pianterreno.
L’edificio per il quale è causa è stato realizzato appunto con questa soluzione tecnica, e l’impresa relativamente ad essa ha sottoscritto un atto d’obbligo – atto 7 dicembre 1989 rep. n. 28230 racc. n. 5166 Notaro Ri. di Roma- nel quale si è impegnata “a mantenere permanentemente e irrevocabilmente la superficie coperta a pilotyes [testuale] del piano terreno a giorno e libera, salvo adibirla a parcheggio e salvo [testuale] i volumi tecnici relativi ai vani scale e ascensori, e ciò fino a quando non intervenga una modifica alle norme vigenti che consenta una maggiore cubatura della zona, ovvero non venga proposto un trasferimento di cubatura nei limiti consentiti a seguito di variante approvata al suddetto progetto” (doc. 2 in I grado ricorrenti appellanti, atto d’obbligo, p. 3 lettera b).
Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso presentato dai soggetti indicati in epigrafe, che sono proprietari, in quanto aventi causa diretti o indiretti dall’impresa costruttrice, di una serie di posti macchina delimitati dalle consuete righe di vernice appunto ricavati nel piano pilotis in questione. In motivazione, il TAR ha ritenuto che l’intervento correttamente fosse stato qualificato come trasformazione edilizia, che avrebbe richiesto, secondo le norme allora vigenti, la concessione, dato che esso si era concretato nella creazione di una serie di autonome unità immobiliari, ovvero i posti macchina di cui si è detto.
Contro questa sentenza, i ricorrenti hanno proposto impugnazione, con appello che contiene un’unica complessa censura, riconducibile secondo logica ai tre motivi che seguono, di riproposizione di quelli dedotti in I grado e di critica alla sentenza impugnata per non averli accolti:
– con il primo di essi, corrispondente al § A 1 dell’atto, deducono eccesso di potere per mancata istruttoria, e sostengono che il frazionamento di cui si tratta sarebbe in realtà un uso consentito dall’atto d’obbligo citato, che come si è detto permette di adibire il piano pilotis a parcheggio, e proibirebbe, a loro avviso, solo la tamponatura delle pareti laterali, pacificamente mai eseguita;
– con il secondo motivo, corrispondente ai § § A 2 e B 1 dell’atto, deducono violazione dell’art. 1 della l. 28 gennaio 1977 n. 10 e dell’art. 7 della l. 28 febbraio 1985 n. 47, nel senso che, a loro dire, per l’intervento di cui si tratta non sarebbe necessaria alcuna concessione edilizia, trattandosi di un intervento eseguito senza opere e senza incremento del carico urbanistico, trattandosi di posti macchina realizzati al servizio di residenti nel medesimo palazzo. Sostengono che la stessa amministrazione intimata avrebbe dato loro rassicurazioni in tal senso nell’ambito di un procedimento che due condomini avrebbero instaurato avanti il Giudice ordinario contro la ditta costruttrice, procedimento in cui l’amministrazione stessa avrebbe dichiarato che le opere erano legittime;
– con il terzo motivo, corrispondente al § B 2 dell’atto, deduce infine violazione dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990 n. 241, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, che a loro dire e contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di I grado, non potrebbe considerarsi sostituita dalla ordinanza di sospensione dei lavori a suo tempo adottata, ma da loro non conosciuta;
L’amministrazione si è costituita, con atto 27 dicembre 2012, in cui ha chiesto che l’appello sia respinto.
Con ordinanza 27 febbraio 2013 n. 690, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, quanto al pregiudizio che sarebbe potuto derivare alla parte privata da un’immediata esecuzione della sentenza.
Con memoria 14 maggio 2019, l’amministrazione ha sviluppato le proprie tesi, insistendo sulla necessità del titolo edilizio maggiore per realizzare un intervento come quello descritto.
All’udienza del 20 giugno 2019, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
2. Il primo motivo di appello, centrato sulla presunta conformità all’atto di obbligo del frazionamento per il quale è causa, è infondato in fatto. Se si esamina il contenuto dell’atto d’obbligo come lo si è riportato in premesse, infatti, si nota che esso permette di adibire a parcheggio la complessiva superficie del piano pilotis, e non parla in alcun modo di suoi frazionamenti allo scopo di ricavarne posti auto esclusivi. Lo stesso atto di obbligo, inoltre, nel prevedere che la situazione del piano pilotis non si possa cambiare sin quando, in sintesi, non venga aumentata la cubatura realizzabile sul lotto, depone nel senso che, fino a quel momento, debba intendersi vietato qualsiasi intervento come quello per cui è causa che, come si vedrà, va ad aumentare il carico urbanistico.
3. E’ infondato anche il secondo motivo, secondo il quale l’intervento per cui è causa sarebbe in sostanza un intervento di edilizia libera, e quindi, secondo l’implicita prospettazione della parte, si potrebbe realizzare a prescindere da quanto dice l’atto d’obbligo.
3.1 In primo luogo, va ricordato che secondo la giurisprudenza – per tutte, C.d.S. sez. VI 7 maggio 2018 n. 2707- costituisce intervento soggetto a permesso di costruire la semplice realizzazione di un parcheggio su un terreno in precedenza libero, perché esso comporta un aumento del carico urbanistico. Alla stessa conclusione quindi si deve arrivare per un intervento come quello per cui è causa, che modifica la situazione di un parcheggio già esistente trasformandolo in un insieme di posti macchina esclusivi, che ogni proprietario può impiegare solo per sé e per chi egli preferisca. E’ infatti evidente che anche in questo caso si ha un aumento del carico urbanistico, perché scompare, o per lo meno si riduce in proporzione, la superficie disponibile per il parcheggio di chiunque debba legittimamente accedere al condominio, quindi non solo dei residenti e dei loro familiari e conoscenti, ma anche dei fornitori e simili.
3.2 Tale conclusione non è smentita dalla sentenza T. Roma sez. IX 15 ottobre 2001 n. 33478, che la parte ricorrente appellante invoca invece a proprio favore, ritenendo che essa, in qualche modo, legittimi le sue pretese (doc. 10 in I grado ricorrenti appellanti, sentenza in questione). Sotto il profilo processuale, si osserva subito che essa è stata pronunciata fra la società costruttrice dello stabile, un’altra società, i condomini e gli acquirenti, diversi dalle parti di questo processo, di alcuni posti macchina esclusivi identici a quelli di cui si discute. In tali termini, essa vale civilisticamente nei rapporti interni, ma non può legittimamente essere opposta all’amministrazione, che nemmeno è stata parte del relativo processo. Nel merito, e in sintesi estrema, tale sentenza si limita poi ad affermare, nei confronti dei condomini che li rivendicano, che la società costruttrice era la legittima proprietaria dei posti macchina esclusivi ceduti ai privati acquirenti pure convenuti in giudizio per la rivendica; non tocca invece, sotto nessun profilo, la questione relativa alla regolarità urbanistico-edilizia dei posti macchina in questione.
4. Da ultimo, è infondato anche il terzo motivo di ricorso, centrato sull’omissione dell’avviso di inizio del procedimento. Come ritenuto, per tutte, da C.d.S. A.P. 17 ottobre 2017 n. 9, infatti, il provvedimento con il quale si ordina la rimessione in pristino con demolizione di un’opera edilizia abusiva è un provvedimento vincolato, che deve essere emanato per il solo fatto che l’abuso sussista; di conseguenza, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 ultima parte della l. 7 agosto 1990 n. 241, il provvedimento impugnato non è comunque annullabile per l’omissione dell’avviso in questione, perché il suo contenuto non sarebbe potuto essere diverso.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 8989/2012), lo respinge.
Condanna in solido i ricorrenti appellanti a rifondere all’amministrazione intimata appellata le spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in Euro 5.000 (cinquemila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti – Consigliere
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