Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 febbraio 2022| n. 5423.
Contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni.
Posto che la disciplina sulle clausole vessatorie nei contratti del consumatore trova applicazione anche ai contratti atipici (e ciò, quanto alla previsione dell’art. 36, 1° comma, cod. consumo, anche là dove la clausola accertata come abusiva esprima il profilo di atipicità del contratto), in relazione al contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni, l’accertamento dell’eventuale posizione di consumatore del garante deve avvenire con riferimento ad esso e non sulla base del contratto garantito, sì che nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore è applicabile a sua tutela la predetta disciplina, in particolare la previsione dell’art. 33, lett. t), cod. consumo, quanto alla clausola di limitazione della proponibilità di eccezioni, sia con riferimento alle limitazioni inerenti ad eventuali eccezioni relative allo stesso contratto di garanzia, sia con riferimento all’esclusione della proponibilità di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore principale, con la conseguenza che in quest’ultimo caso, ove la clausola venga riconosciuta abusiva, il contratto conserverà validità e il garante potrà opporre dette eccezioni.
Ordinanza|18 febbraio 2022| n. 5423. Contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni
Data udienza 5 ottobre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni – Accertamento dell’eventuale posizione di consumatore del garante – Riferimento al contratto atipico e non a quello garantito – Applicabilità del Codice del Consumo – Clausola di limitazione della proponibilità di eccezioni – Improponibilità di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore – Conservazione della validità del contratto ove la clausola venga riconosciuta abusiva – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 35486/2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), (PEC: (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS), (PEC: (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL UNIPERSONALE, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS), (PEC: (OMISSIS));
– resistente –
avverso la sentenza n. 3415/2019 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, depositata il 29/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/10/2021 dal Presidente Relatore Dott. RAFFAELE GAETANO ANTONIO FRASCA.
RITENUTO
che:
1. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione contro la (OMISSIS) s.r.l. Unipersonale (ora in liquidazione), avverso la sentenza del 29 agosto 2019 della Corte di Appello di Venezia, che aveva parzialmente accolto il suo appello contro la sentenza resa in primo grado inter partes dal Tribunale di Padova nel marzo del 2017, con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dal (OMISSIS) avverso un decreto ingiuntivo ottenuto dalla (OMISSIS) contro il ricorrente nel gennaio del 2014 e da lui opposto con citazione notificata il 13 febbraio 2014. La (OMISSIS) fondava la richiesta creditoria sulla garanzia prestata dal ricorrente (unitamente ad altro soggetto, (OMISSIS)) a favore del figlio, (OMISSIS), in relazione ad un “contratto di pilotaggio” (“driver agreement”) stipulato nel (OMISSIS) per la partecipazione al Campionato Automobilistico GPS Series – Stagione (OMISSIS).
In particolare, il credito azionato dalla (OMISSIS) concerneva la parte residua, rispetto a quanto corrisposto per l’importo di Euro 408.499,46 (di cui Euro 366.499,55 per capitale e 41.99,41 per i.v.a.), del corrispettivo di Euro 1.000.000 che (OMISSIS), in forza del detto contratto si era impegnato a pagare ratealmente alla (OMISSIS) per la messa a disposizione di una vettura monoposto. Il credito, individuato nella somma capitale residua di Euro 633.500,45 oltre i.v.a. veniva fondato per quello che emerge dalla sentenza impugnata (pag. 11, in fine) – sull’avvalimento, da parte della societa’, in ragione di pretesi inadempimenti del pilota, della clausola risolutiva espressa prevista dal contratto nell’articolo 10 del contratto, e della correlata clausola penale prevista nel contratto. La legittimazione debitoria del garante (OMISSIS) veniva basata sulla clausola 4.7 del contratto, con la quale il medesimo si era impegnato, unitamente ad un terzo, a prestare “fideiussione a garanzia del pagamento di tutte le somme che in forza del medesimo Contratto fossero dovute dal Pilota alla (OMISSIS)”.
In relazione allo svolgimento del rapporto la (OMISSIS) introduceva davanti al Tribunale di Padova due giudizi, l’uno nel 2013 anteriormente a quello di cui e’ processo contro (OMISSIS) per il pagamento della stessa somma poi richiesta contro il padre e l’altro successivamente, nel 2016, contro entrambi, per il pagamento a titolo risarcitorio di una somma per pretesi danni cagionati da (OMISSIS) alla monoposto durante la sua conduzione in tre gare.
2. Con la sentenza del marzo 2017 – per quello che si legge nella decisione qui impugnata – il tribunale patavino, nel respingere l’opposizione al decreto qualificava l’accordo di garanzia stipulato contestualmente al contratto di pilotaggio come contratto autonomo di garanzia, negava la chiesta riunione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo con gli altri due giudizi sopra indicati, escludeva l’opponibilita’ di eccezioni diverse dalla exceptio doli generalis, considerava inammissibile quest’ultima perche’ tardivamente proposta, rigettava sia l’eccezione di violazione dell’articolo 1341 c.c. che quella di nullita’ del rapporto per indeterminatezza dell’oggetto ex articolo 1938 c.c., riteneva inconferenti gli inadempimenti ascritti dal (OMISSIS) alla (OMISSIS) a sostegno della risoluzione del contratto di pilotaggio e negava la decadenza della medesima dalla garanzia ai sensi dell’articolo 1957 c.c., sia perche’ presupponente la qualificazione del rapporto come fideiussione anziche’ come contratto autonomo di garanzia, sia perche’ comunque tardiva.
3. L’appello del (OMISSIS) prospettava dieci motivi e la corte veneziana li ha respinti tutti ad eccezione dell’ottavo, con cui il (OMISSIS) aveva sostenuto che sulla somma richiesta quale residuo corrispettivo pattuito fosse dovuta l’i.v.a. L’accoglimento di detto motivo ha comportato la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna del (OMISSIS) al pagamento della sola somma capitale di Euro 633.500,45 oltre interessi.
4. Al ricorso per cassazione, che si basa su quattro motivi, ha resistito con controricorso la (OMISSIS).
5. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni, mentre parte ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 “violazione/falsa applicazione degli articoli 1938 c.c., 1346 c.c., 1418 c.c.” e “violazione/falsa applicazione degli articoli 1362-1363 c.c.”.
L’illustrazione del motivo inizia riproducendo la motivazione con cui la Corte d’Appello ha respinto il sesto motivo d’appello, cioe’ quello con cui si deduceva l’invalidita’ della garanzia per mancata indicazione dell’importo massimo garantito in violazione dell’articolo 1938 c.c. e la conseguente nullita’ per indeterminatezza dell’oggetto, nonche’ l’errata pronuncia di tardivita’ della relativa eccezione da parte del primo giudice.
Essa ha avuto il seguente tenore: “Sebbene l’indicazione dell’importo massimo garantito risponda ad un principio generale di ordine pubblico economico che impone di definire i limiti della responsabilita’ personale del garante, da indicare a pena di nullita’, nel caso di specie tale nullita’ non ricorre perche’ la garanzia si intende espressamente riferita al pagamento dell’importo complessivo pattuito con gli accordi definiti nella Sezione 4 del contratto, con l’aggiunta dell’Iva “se applicabile” secondo la legge italiana e degli interessi di mora in caso di ritardo rispetto alle scadenze dei pagamenti rateali”.
La censura a tale motivazione viene svolta con le seguenti argomentazioni:
a) si richiama, in primo luogo, il testo dell’articolo 4.7. del Contratto di Pilotaggio (“i Sig.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), con la sottoscrizione del presente contratto, prestano fideiussione a garanzia del pagamento di tutte le somme che in forza del presente contratto siano dovute dal Pilota alla (OMISSIS). La fideiussione deve intendersi a prima richiesta, con rinuncia espressa ad ogni eccezione a chiunque spettante, ed estesa anche agli interessi, se previsti per legge o volonta’ delle parti”;
b) si asserisce, quindi, che la Corte d’Appello, la’ dove ha affermato che la garanzia dovesse intendersi espressamente riferita al pagamento dell’importo complessivo, avrebbe affermato l’esatto contrario di quanto risultante dalla clausola “poiche’ la garanzia si riferiva espressamente a “tutte le somme che in forza del presente contratto siano dovute…” e dunque copriva tutte le obbligazioni a carico del Pilota (articolo 3 – articolo 4 – articolo 5- articolo 6 – articolo 7- articolo 8)”;
c) quindi, si sostiene che “cosi’ giudicando, la Corte d’Appello ha contravvenuto il principio per cui “poiche’ ai sensi dell’articolo 1937 c.c. la volonta’ di prestare fideiussione deve essere espressa, anche l’indicazione dell’importo massimo garantito ex articolo 1938 c.c. presuppone un’espressa dichiarazione di volonta’” (Cass. Civ. 20/01/2017, n. 1580)” e, di seguito, che dal richiamo di tale principio di diritto “consegue che “la mancata predeterminazione con espressa dichiarazione di volonta’ dell’importo massimo garantito esclude che il fideiussore possa essere chiamato a rispondere dei debiti sorti a carico del debitore dopo l’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992, articolo 10″ (Cass. 9/02/2007 n. 2871)”, mentre l’importo massimo garantito non puo’ essere dedotto implicitamente da altri elementi.
Dopo queste argomentazioni si sostiene – evocando Cass. nn. 14206 del 2014 e 18180 del 2007 – che in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento e’ rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri criteri interpretativi, quando la comune volonta’ delle parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da escludere la ricerca di una volonta’ diversa, nonche’ – evocando Cass. n. 5595 del 2014 ed altri precedenti di questa Corte – che i canoni legali sono governati da un principio di gerarchia tale che i canoni strettamente interpretativi – nel quale quello letterale assume un ruolo fondamentale – prevalgono su quelli c.d. integrativi e ne escludono la concreta operativita’ quando l’applicazione dei primi risulti da sola sufficiente a rendere palese la comune intenzione delle parti stipulanti.
Si asserisce, quindi, che “Nel caso specifico (…) il testo negoziale non solo e’ chiaro, ma pure coerente con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volonta’ dei contraenti.”.
Si sostiene che “la stessa (OMISSIS) ha intrapreso un’ulteriore causa per il risarcimento dei danni asseritamente causati dal Pilota, convenendo in giudizio anche il garante (OMISSIS), proprio sulla base della estensione generale della garanzia a “qualsivoglia somma” dovuta dal Pilota in forza del Contratto, invocando l’applicabilita’ della fideiussione ad una serie indeterminata di fattispecie, e cosi’ riconoscendo alla garanzia prevista dalla clausola 4.7 del Contratto una chiara connotazione di fideiussione omnibus”, onde, sarebbero “dunque evidenti gli errori nell’applicazione dei canoni ermeneutici da parte della Corte territoriale: perche’, se la volonta’ delle Parti era chiara nel voler pattuire una garanzia omnicomprensiva (come provano il dato letterale ed il comportamento complessivo), la Corte d’Appello non poteva invocare un criterio secondario (articolo 1367 c.c., pag. 9 della sentenza)”.
Si continua asserendo: che “deve pertanto concludersi che la garanzia prestata con la clausola 4.7 del Contratto poteva essere valida solo se le parti avessero pattuito il tetto massimo entro il quale la garanzia poteva e doveva operare (articolo 1938 c.c.)” e si sostiene che “diversamente, la fideiussione deve ritenersi nulla per indeterminabilita’ dell’oggetto (articolo 1346 e 1418 c.c.), cosi’ come doveva essere ritenuta nulla la garanzia prestata nel caso in esame”; che “Cosi’ hanno giudicato, del resto, nel caso in esame, Trib. Padova 1516/2019 e la Corte d’Appello di Venezia in sede di sospensione dell’esecutorieta’ della sentenza di I grado”.
Si evoca, poi, giurisprudenza sull’articolo 1938 c.c., nella formulazione successiva alla novella del 1992, secondo cui la fideiussione per obbligazioni future senza indicazione di un massimale garantito ha infatti natura radicalmente nulla, in quanto contraria ad una norma inderogabile di ordine pubblico economico e si asserisce che “E’ poi principio condiviso che l’articolo 1938 si applichi anche alle cd. garanzie autonome”, evocando al riguardo il principio di diritto di cui a Cass. n. 1520 del 2010, nel senso che “In tema di fideiussione, l’articolo 1938 c.c., come modificato dalla L. 17 febbraio 1992, n. 154, nel prevedere la necessita’ della determinazione dell’importo massimo garantito per le obbligazioni future, pone un principio generale di garanzia di ordine pubblico economico, valevole anche per le garanzie personali atipiche”.
Si argomenta ancora che “Detta nullita’ “puo’ essere rilevata di ufficio, anche per la prima volta in appello (cfr. Cassazione 2772/98), con la conseguenza che l’eccezione sollevata nella comparsa conclusionale del giudizio di I grado era tempestiva”.
In fine si argomenta che “trattandosi di norma di ordine pubblico non derogabile, non e’ neppure configurabile una forma di nullita’ parziale, non essendo ipotizzabile, a fronte di una fideiussione senza limite d’importo, l’inserimento automatico di un massimale ricavato da una norma suppletiva”.
1.1. Il motivo, considerato nella sua sola illustrazione, presenta una lacuna argomentativa che potrebbe di per se’ renderlo privo di fondamento.
Deducendo la violazione dell’articolo 1938 c.c., sia pure sotto i profili dipendenti dalla violazione delle norme sull’esegesi dei contratti, l’illustrazione avrebbe dovuto in primo luogo argomentare la rilevanza del presupposto applicativo del paradigma dell’evocato articolo 1938, cioe’ la ricorrenza nell’oggetto dell’obbligo di garanzia assunto dal ricorrente degli estremi dell’obbligazione futura, cui quel paradigma ricollega la prescrizione della determinazione dell’importo massimo garantito.
Senonche’, l’illustrazione del motivo si presenta come del tutto carente nella individuazione del come e del perche’ l’impegno di garanzia a prima richiesta assunto con l’articolo 4.7 del contratto di cui e’ causa per il “pagamento di tutte le somme che in forza” di esso sarebbero state “dovute dal Pilota alla (OMISSIS)” avrebbe avuto ad oggetto la garanzia dell’adempimento di un’obbligazione futura. La dimostrazione in iure di questo “come” e del relativo “perche'” rappresentava la necessaria condizione di rilevanza nella controversia e, dunque, in questa sede di legittimita’, della dedotta violazione dell’articolo 1938 e cio’ sia sul versante della “violazione” di tale paradigma, sia sotto quello della sua “falsa applicazione”.
Sotto il primo aspetto il motivo avrebbe dovuto spiegare, con riferimento all’esegesi del disposto normativo evocativo della nozione di obbligazione futura, che cosa si intenda per tale quando taluno, obbligandosi verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui (secondo il precetto dell’articolo 1936 c.c.).
Sotto il secondo aspetto il motivo avrebbe dovuto spiegare, dopo avere indicato con l’attivita’ ricollegabile al primo il significato dell’espressione obbligazione futura, perche’ la fattispecie concreta emergente dal contratto inter partes, come espressa dalla clausola di cui all’articolo 4.7. in quanto prevedente l’obbligazione di garanzia, dovesse essere ricondotta alla nozione normativa di obbligazione futura usata dall’articolo 1938 c.c., al contrario di quanto sostenuto dalla motivazione della sentenza impugnata.
Ebbene, l’illustrazione del motivo non contiene alcuna attivita’ argomentativa riguardo agli aspetti su indicati e tanto potrebbe giustificare una valutazione di inammissibilita’ per mancato rispetto del requisito di contenuto-forma indicato nell’articolo 366 c.p.c., n. 4 inerente alla necessaria indicazione dei motivi per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata: invero, dovendosi il motivo di ricorso per cassazione redigersi ad instar del paradigma dell’articolo 360 c.p.c., esso deve necessariamente articolarsi con un’attivita’ espositiva ed argomentativa che esprima, in relazione naturalmente al giudizio su cui si richiede l’intervento di questa Corte, un contenuto riconducibile ad uno dei numeri del detto paradigma.
1.2. Il Collegio osserva, tuttavia, che, pur imponendo la struttura del ricorso indicata dall’articolo 366 che i motivi e, dunque, il loro contenuto debbano rappresentare una specifica parte dell’atto di ricorso, tuttavia la Corte di Cassazione, di fronte ad una attivita’ espositiva del motivo carente nei sensi su indicati, possa ricercarne i contenuti rimasti inespressi in essa anche in altre parti dell’atto di ricorso, rispetto alle quali quella esprimente un’attivita’ carente segua e da cui, dunque, possa ritenersi dipendente e ricevere luce.
1.3. Procedendo, dunque, all’esame del motivo secondo il criterio sostanziale indicato, si deve rilevare che la deduzione del vizio per violazione e falsa applicazione della norma dell’articolo 1938 c.c., pur viziata dalle carenze del tessuto argomentativo del motivo sopra indicate, risulta invece percepibile se il motivo si valuta al lume di cio’ che parte ricorrente ha riferito nell’esposizione del fatto.
1.4. Il motivo, tuttavia, pur considerato in tale modo, e’ privo di fondamento.
Queste le ragioni.
Va rilevato che, come riferisce lo stesso motivo, la garanzia prestata dal ricorrente ha riguardato il “pagamento di tutte le somme che in forza del contratto siano dovute dal Pilota alla (OMISSIS)”. La sentenza impugnata lo ha sottolineato nella motivazione che lo stesso motivo ha riprodotto, sebbene riferendosi agli “accordi definiti nella Sezione 4 del contratto”.
Ora, l’illustrazione del motivo si astiene dal riprodurre direttamente quello che la sentenza impugnata indica come “accordi definiti nella Sezione 4 del contratto” e sostiene genericamente che il riferimento riguarderebbe “tutte le obbligazioni a carico del Pilota”, emergenti dagli articoli 3, 4, 5 6, 7 e 8.
Tuttavia, a pag. 2, sub 1 del ricorso, il contratto si dice prodotto come doc. 1 ed in chiusura del ricorso si dice prodotto con esso il “fascicoletto per la Corte di Cassazione (documenti e atti)”.
Questa Corte, dunque, puo’ procedere all’esame di tale documento in tale fascicoletto e leggere le clausole in discorso.
Peraltro, ai fini dell’apprezzamento della sussistenza della violazione dell’articolo 1938 nel presente giudizio, poiche’ la garanzia e’ stata azionata per il pagamento della somma asseritamente dovuta dal debitore garantito al creditore in forza di una specifica clausola del contratto garantito, quello di pilotaggio, la valutazione in ordine alla pertinenza della invocazione dell’applicabilita’ dell’articolo 1938 quanto al se il pagamento richiesto al garante si connoti come dovuto in base ad un’obbligazione futura deve farsi con esclusivo riferimento a detta clausola.
Si deve, cioe’, valutare se la fattispecie contemplata da tale clausola come determinativa della debenza di una somma di danaro a carico del garante, abbia ad oggetto una somma dovuta in base ad un’obbligazione che al momento della prestazione di garanzia si poteva dire futura.
Merita qui rilevare che, in presenza di una garanzia prestata, come nella specie, per il pagamento di tutte le somme dovute dal debitore garantito in forza delle clausole del contratto garantito, siccome prevedenti fattispecie idonee a determinare obbligazioni del debitore di pagamento di somme di danaro alla creditrice garantita (OMISSIS), si deve ritenere che la postulata applicazione dell’articolo 1938 c.c. con riguardo al controllo dell’osservanza della prescrizione imperativa dell’obbligo di indicare l’importo massimo garantito per l’adempimento di un’obbligazione futura debba avvenire separatamente con riferimento a ciascuna di dette obbligazioni di pagamento e, dunque, nel caso che si giudica con riferimento all’obbligazione rimasta inadempiuta per la quale il pagamento e’ stato chiesto in questo giudizio.
Il principio di diritto che viene in rilievo e’ il seguente: “qualora venga prestata una fideiussione o una garanzia a prima richiesta per l’adempimento di tutte le obbligazioni assunte dal debitore in un contratto, la valutazione ai fini dell’applicazione della norma imperativa dell’articolo 1938 c.c. che esige la fissazione dell’importo massimo garantito per le obbligazioni future deve farsi con riferimento alle singole obbligazioni garantite. Ne consegue che la clausola resta nulla solo con riferimento a quella o a quelle obbligazioni che in ipotesi risultino avere natura di obbligazione futura, mentre rimane valida per le obbligazioni che non abbiano tale natura.”.
1.5. Avuto riguardo all’oggetto del presente giudizio, cioe’ alla causale del pagamento che e’ stato richiesto al ricorrente perche’ dovuto in base al contratto di pilotaggio dal figlio (debitore garantito), si rileva che essa si e’ cosi’ originata: la (OMISSIS) si e’ avvalsa della clausola risolutiva espressa del contratto di pilotaggio prevista nel punto 10.2. del contratto per pretesi inadempimenti del pilota e, dunque, dell’essersi risolto il contratto per tali inadempimenti, nonche’ della clausola 10.3., la quale, sul presupposto della gravita’ di essi, da’ diritto alla societa’, ai sensi della clausola 10.3. di trattenere quanto riscosso come corrispettivo rateale dal pilota sino al momento della risoluzione e di rivendicare a titolo di penale quanto ancora dovuto per i ratei non maturati.
E’ questa la giustificazione della somma che secondo la societa’ sarebbe dovuta dal debitore garantito e della quale il ricorrente e’ stato chiamato a rispondere ai sensi della garanzia prestata con la clausola 4.7.
Ritiene il Collegio che l’obbligazione del ricorrente di pagare quanto il figlio garantito (il pilota) avrebbe dovuto pagare come conseguenza della risoluzione del contratto di pilotaggio in forza dell’avvalimento della clausola risolutiva espressa ed in ragione di un inadempimento grave del figlio, non rappresentava in alcun modo, all’atto della stipulazione della garanzia, un’obbligazione futura.
L’articolo 1938, come emerge dalla stessa congiunta previsione dell’obbligazione condizionale, quando parla di garanzia per un’obbligazione futura allude ad una garanzia che assume come oggetto una obbligazione che il debitore garantito assuma verso il creditore in forza di una fattispecie costitutiva che si deve verificare integralmente in futuro, cioe’ che al momento della prestazione della garanzia non veda gia’ esistente alcuno dei suoi fatti costitutivi.
Si deve trattare di un’obbligazione che nasca da fatti costitutivi che debbono essere contemplati come verificabili al momento della prestazione della garanzia, ma senza alcun rapporto di derivazione da eventi che originino dallo svolgimento delle obbligazioni del debitore esistenti al momento dell’assunzione della garanzia da parte del garante.
Nel caso di specie il pagamento delle somme indicate nella clausola 10.3., in quanto dovuto dal debitore garantito come conseguenza della risoluzione del contratto di pilotaggio per un preteso suo inadempimento grave di tale contratto, costituisce l’oggetto di un’obbligazione che, scaturendo dall’inadempimento e dunque dall’inosservanza delle obbligazioni assunte con il contratto di pilotaggio fino dal momento della stipulazione, si fonda su una fattispecie costitutiva che non puo’ e non poteva essere considerata come destinata a verificarsi integralmente in futuro.
Tale fattispecie, supponendo il verificarsi dell’inadempimento delle obbligazioni di pilotaggio, assunte dal debitore garantito al momento dell’insorgenza del vincolo contrattuale nascente dal contratto di pilotaggio e dunque esistente per il garante al momento coevo dell’assunzione della garanzia, comprende il fatto dell’assunzione delle obbligazioni di pilotaggio e, dunque, comprende un fatto che esisteva fin dal momento dell’insorgenza del vincolo contrattuale di garanzia. L’inadempimento del debitore (il pilota), l’avvalimento da parte della creditrice della clausola risolutiva e della penale, erano certamente al momento della stipulazione della garanzia fatti futuri, in quanto si potevano verificare solo successivamente alla stipula della garanzia, ma, in quanto verificabili come conseguenze dell’inadempimento dell’obbligazione di pilotaggio, essi hanno assunto nella fattispecie integratrice dell’obbligo di pagamento del residuo corrispettivo a titolo di penale il valore di eventi di una fattispecie che, proprio perche’ comprende l’originaria assunzione della garanzia per l’inadempimento del contratto di pilotaggio, non si puo’ dire integralmente futura. Si tratta di fattispecie che si basa su un fatto esistente al momento dell’assunzione della garanzia e su fatti successivi, ma concorrenti con esso. Sicche’, l’obbligazione presenta una fattispecie che non ne giustifica la qualificazione al momento dell’assunzione della garanzia come obbligazione futura.
In realta’, al momento dell’assunzione della garanzia l’obbligazione garantita era quella di adempimento da parte del pilota del contratto di pilotaggio e gli eventi della risoluzione del contratto sulla base della clausola risolutiva espressa e dell’avvalimento della clausola penale, si connotano come eventi che originano quali conseguenze dell’inadempimento del contratto de quo e come tali erano stati previsti all’atto dell’assunzione della garanzia come conseguenze dell’inadempimento di un’obbligazione del debitore insorta con il contratto garantito ed esistente all’atto dell’assunzione (coeva) della garanzia.
In altri termini, quando in un contratto fideiussorio o in una garanzia a prima richiesta, il garante assume l’obbligazione diretta di garantire l’adempimento del contratto (nella specie il pagamento del corrispettivo che il pilota doveva), la previsione della estensione della garanzia per le obbligazioni che il contratto garantito ricolleghi all’inadempimento da parte del debitore garantito di detta obbligazione (nella specie il pagamento della penale come conseguenza dell’avvalimento della clausola risolutiva espressa e della clausola penale per la gravita’ dell’inadempimento) e, quindi, a detti fatti certamente futuri, non da’ luogo all’assunzione di un’obbligazione futura, bensi’ di un’obbligazione che nasce al verificarsi di essi, che assumono il valore di eventi soltanto condizionanti la nascita di un’obbligazione e che completano la sua fattispecie costitutiva aggiungendosi al fatto originario dell’assunzione della garanzia per l’adempimento del contratto garantito.
Rispetto all’obbligo di pagamento delle somme ancora dovute per il corrispettivo della messa a disposizione dell’autovettura in forza della risoluzione e della penale, tali eventi assumono il carattere di eventi condizionali che completano una fattispecie obbligatoria in parte esistente gia’ al momento del contratto.
Non essendosi, dunque, in presenza di un’obbligazione futura, cioe’ di un’obbligazione che veda i suoi fatti costitutivi pur previsti come verificabili, come tutti verificabili nel futuro, cioe’ successivamente all’assunzione della garanzia, la garanzia da parte del ricorrente del pagamento della somma di danaro dovuta in forza di essa non e’ riconducibile all’articolo 1938 la’ dove si riferisce alle obbligazioni future, ma e’ riconducibile ad esso con riguardo alla categoria dell’obbligazione condizionale.
Le svolte considerazioni possono corroborarsi osservando che, a ben vedere, ponendosi sul piano della figura tipica della fideiussione, ma in modo rilevante anche per la figura atipica della garanzia a prima richiesta, si deve ritenere che, quando l’articolo 1937 identifica la figura del fideiussore come quella del soggetto che garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui, se si considerasse quale obbligazione futura l’obbligazione di pagamento a titolo di penale di una somma di danaro come conseguenza della risoluzione del contratto per l’inadempimento da parte del debitore all’obbligazione assunta ed esistente al momento della stipula della garanzia, ne deriverebbe un risultato paradossale: cioe’ che sempre la garanzia prestata per l’adempimento di un’obbligazione esistente, in quanto azionata non gia’ per il pagamento dell’oggetto dell’adempimento non verificatosi, bensi’, in forza di una previsione contrattuale, per somme che lo stesso contratto preveda dovute dal debitore come conseguenza del mancato adempimento, dovrebbe considerarsi come garanzia per un’obbligazione futura, di modo che resterebbe incomprensibile la previsione dell’articolo 1938 c.c.
L’articolo 1938 c.c., quando allude alla prestazione della garanzia per un’obbligazione futura non intende fare riferimento ad eventuali obbligazioni che lo stesso contratto preveda possano nascere a carico del debitore come conseguenza dell’inadempimento dell’obbligazione garantita, sia essa gia’ esistente al momento della prestazione della garanzia, sia essa sorta coevamente ad essa, bensi’ ad una obbligazione la cui fattispecie costitutiva il rapporto preveda che si possa verificare sulla base del concorso fra un fatto del debitore ed un fatto del creditore (per esempio, richiesta di concessione di un nuovo credito ulteriore e diverso rispetto a quello esistente al momento del rilascio della garanzia) oppure di un fatto unilaterale del debitore, nell’uno e nell’altro caso verificabili in un momento successivo e determinativi di una nuova obbligazione senza alcun collegamento un’obbligazione esistente al momento della prestazione della garanzia.
Se il contratto garantito prevede la possibile insorgenza di obbligazioni a carico del debitore per il caso di inadempimento da parte sua dell’obbligazione che e’ oggetto della garanzia, dette obbligazioni, in quanto assunte anch’esse come oggetto della garanzia, non si connotano come obbligazioni future, giacche’ originano dal concorso fra gli eventi futuri rispetto al contratto che sono assunti come determinativi della nuova obbligazione e un evento che esisteva gia’ al momento della stipula del contratto garantito e di quello di garanzia, cioe’ l’obbligazione del debitore rimasta inadempiuta.
In definitiva, si deve sottolineare che la previsione nel contratto della garanzia di pagamento del debito che a carico del debitore insorga per effetto dell’inadempimento da parte sua dell’obbligazione garantita esistente al momento della stipula della garanzia, in quanto dipendente da un fatto costitutivo ricollegato all’inadempimento di essa, non puo’ mai considerarsi relativa ad un’obbligazione futura in quanto consegue all’inadempimento della detta obbligazione esistente. Inoltre, poiche’ la legge, all’articolo 1218 c.c., prevede che per il caso di inadempimento il debitore sia tenuto al risarcimento del danno, si deve avvertire che anche l’obbligazione risrcitoria che discende dall’inadempimento di cio’ che prevede il contratto garantito non si connota, se assunta come oggetto di garanzia, come obbligazione futura e cio’ sempre perche’ la sua fattispecie costitutiva non puo’ ritenersi interamente verificata in futuro rispetto all’assunzione della garanzia: invero, nel momento in cui viene prestata la garanzia dell’adempimento della prestazione del debitore, costui e’ ex lege obbligato, in forza del vincolo contrattuale che lo vincola a tenere la prestazione, anche a risarcire il danno derivante dall’inadempimento di essa e, dunque, l’obbligazione risarcitoria, sebbene ricollegata al verificarsi dell’inadempimento e dei danni da esso conseguenti, e’ un’obbligazione che non si connota come obbligazione la cui fattispecie costitutiva sia composta interamente da eventi futuri.
L’invocazione dell’articolo 1938 c.c. appare, dunque, del tutto priva di fondamento per l’obbligazione rispetto alla quale e’ stata azionata in questo processo la garanzia. L’oggetto della garanzia, riguardando tutte le somme dovute, nella specie concerneva in primo luogo l’obbligazione di pagamento del corrispettivo a carico del pilota, che veniva assunta con il contrato stesso. In secondo luogo, prevedendo il contratto di pilotaggio altre obbligazioni per il caso di inadempimento di quella, come appunto l’obbligazione, a titolo di penale per la verificazione della risoluzione del contratto, di pagare il residuo, esse, in quanto basate sull’inadempimento, presentavano nella loro fattispecie il concorso con tale evento, con l’avvalimento della clausola risolutiva e con quella penale, della posizione del debitore di obbligato alla prestazione rimasta inadempiuta, sicche’ detta fattispecie si connoto’ come integrata solo parzialmente da fatti futuri e non e’ considerabile come evidenziante l’assunzione di un’obbligazione futura.
1.6. Per mera completezza, si osserva che le considerazioni svolte, se anche – come non e’ – la clausola di garanzia fosse apprezzabile unitariamente e, dunque, se ne dovesse valutare la liceita’ a petto dell’articolo 1938 c.c. con riguardo alla sola obbligazione per la quale e’ stata fatta valere nel presente processo, sia le emergenze del ricorso al di la’ di quanto illustra il motivo, sia la stessa lettura del contratto di pilotaggio quanto alle obbligazioni del pilota di cui agli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 8, paleserebbero che nessuna di esse concerne obbligazioni future nel senso indicato.
Sotto il primo profilo, avuto riguardo a quanto emerge circa il contenuto dell’articolo 6, la’ dove parte ricorrente, a pag. 6, nel corso dell’esposizione del fatto, riproduce una parte della motivazione resa in altro giudizio fra le parti con la sentenza n. 1516 del 2019 dal Tribunale di Padova, che evoca detto contenuto, individuandolo nelle pretese risarcitorie della (OMISSIS) per danni cagionati all’autovettura e nelle sanzioni pecuniarie comminate al dagli organi di giustizia sportiva, risulta palese che l’estensione della garanzia a tali obbligazioni danni cagionati dal debitore, cioe’ dal pilota, nello svolgimento della propria prestazione di conduzione dell’autovettura e, dunque, inerenti ad un cattivo adempimento di tale prestazione, come tali ricollegabili all’articolo 1218 c.c. nel senso su indicato.
Se si procede alla lettura delle clausole del contratto, si rileva: aa) che l’obbligazione prevista nell’articolo 3 concerne comportamenti da tenersi dal pilota nello svolgimento della prestazione dedotta nel contratto e, quindi, inerenti al suo corretto adempimento, sicche’ la prestazione della garanzia per la loro tenuta, in quanto, evidentemente, riferibile a danni conseguenti, e’ da iscriversi sempre nell’articolo 1218 c.c. e, dunque, non si connota come garanzia di un’obbligazione futura; bb) che le obbligazioni del pilota previste nell’articolo 5 meritano la stessa considerazione; cc) che analogamente e’ a dirsi, come si e’ gia’ detto, per le obbligazioni del pilota di cui all’articolo 6; dd) che nell’articolo 7 si prevedono obblighi del pilota di stipulare coperture assicurative, le quali certamente non sono configurabili come obbligazioni future, dato che le prevedeva in via immediata il contratto in relazione allo svolgimento del rapporto; ee) che l’articolo 8 prevede per un verso sempre obbligazioni comportamentali da tenersi dal pilota durante lo svolgimento del rapporto e un’obbligazione di riservatezza da tenersi dopo la cessazione, sicche’ per queste seconde si e’ in presenza di obblighi che solo diventano esigibili al verificarsi dell’eventi della cessazione.
1.7. Il primo motivo e’ conclusivamente rigettato.
2. Con il secondo motivo si denuncia: “violazione/falsa applicazione dell’articolo 111 Cost., comma 6, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullita’ della sentenza per omessa motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (c.p.c.); violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 4 (sic), ai sensi ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 c.p.c.”.
Ci si duole della motivazione con cui la corte veneziana ha rigettato il quinto motivo di appello, ritenendo che la rinuncia ad opporre “ogni eccezione” da parte del garante (articolo 4.7) fosse valida, in quanto anche specificamente sottoscritta ex articolo 1341 c.c. e considerando irrilevante il richiamo al Codice del Consumo, “perche’ (OMISSIS) ha concluso il contratto (…) concordando uno scambio di prestazioni qualificate e collegate al suo ruolo di pilota, come tale tenuto a rispettare regolamenti di gara, a partecipare agli eventi previsti e alle attivita’ promozionali, astenendosi da attivita’ concorrenziali, su un piano di rapporti che all’evidenza trascende lo scopo privatistico del consumo e (facendone derivare che) l’obbligazione di garanzia – seppur assunta dall’odierno appellante in via autonoma e indipendente rispetto al Contratto di pilotaggio – ne assume di riflesso le caratteristiche (Cass. Civ. n. 16827/2016)”.
Tale motivazione sarebbe affetta da manifesta contraddittorieta’, con violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, perche’ l’affermazione della qualificazione della garanzia come autonoma e dunque non accessoria al contratto di pilotaggio, sarebbe in manifesta contraddizione con l’altra per cui, ai fini dell’applicazione della disciplina del c.d. Codice del Consumo, invece, la garanzia dovrebbe assumere le caratteristiche proprie di quel contratto.
Sulla base di tale assunto si chiede la cassazione della sentenza con l’affermazione del principio di diritto “per cui – i in ipotesi di garanzia autonoma – per valutare l’applicabilita’ delle norme del Codice del Consumo (ed in particolare degli articoli 33 – 34 – 35 -36 Codice del Consumo) si debba avere riguardo al soggetto che ha assunto la garanzia e non al contraente principale”.
3. Con il terzo motivo si prospetta “violazione/falsa applicazione del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articolo 3, comma 1, articoli 33 -36 – (“Codice del Consumo”) ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3″.
Il motivo dichiara di essere consapevole dell’orientamento evocato dalla corte veneziana nella motivazione criticata dal motivo precedente con la citazione di Cass. n. 16827 del 2016 e fondato sul principio del c.d. “professionista di riflesso”, per cui la posizione del fideiussore ai fini dell’applicazione della disciplina del Codice del Consumo e’ determinata da quella che assume nel contratto principale garantito il debitore.
Sostiene, tuttavia, che tale orientamento dovrebbe essere ridiscusso e superato per effetto dell’intervento della decisione resa dalla CGUE nella causa C-534/15, Dumitras contro BRD Groupe Societe’ Generale e che dovrebbe lasciare spazio al diverso principio per cui l’applicabilita’ della normativa di tutela del consumatore deve essere verificata “in relazione alle caratteristiche del soggetto del contratto specifico (fideiussione/garanzia)”. Conseguentemente, parte ricorrente evoca il principio affermato dalla citata decisione della CGUE – a conferma dell’orientamento gia’ espresso da CGUE con l’ordinanza 19 maggio 2015, Tarcau, C-74/1 – (nel senso che “Gli articoli 1, paragrafo 1, e 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che tale direttiva si applica a un contratto di garanzia immobiliare stipulato tra persone fisiche e un ente creditizio al fine di garantire le obbligazioni che una societa’ commerciale ha contratto nei confronti di detto ente in base a un contratto di credito, quando tali persone fisiche hanno agito per scopi che esulano dalla loro attivita’ professionale e non hanno alcun collegamento di natura funzionale con la suddetta societa’, circostanze queste che spetta al giudice del rinvio verificare”. Sostiene, quindi, evocando decisioni di merito e anche una decisione di un collegio arbitrale finanziario, che il riferimento dell’apprezzamento della posizione consumeristica al fideiussore e non al garantito sarebbe da estendere al caso di specie e se ne fa derivare che in esso la garanzia sarebbe stata prestata dal ricorrente in qualita’ di padre del pilota “unicamente per motivi parentali, per fini estranei alla propria attivita’, e in mancanza di alcun collegamento intrinseco con l’attivita’ professionale del soggetto garantito (professionista)”, di modo che a torto la corte veneziana avrebbe fatto applicazione del principio del c.d. “professionista di riflesso” o “di rimbalzo”, che invece e’ da ritenersi superato dalla giurisprudenza della CGUE. Da tanto si fa conseguire che ai sensi dell’articolo 33 Codice del Consumo si sarebbero dovute presumere vessatorie “le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di: f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale, o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo; t) sancire a carico del consumatore, decadenze, limitazioni della facolta’ di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorita’ giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla liberta’ contrattuale nei rapporti con i terzi”. Adducendo, poi, che ai sensi dell’articolo 36 detto Codice “le clausole vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle” e che “la nullita’ opera soltanto a vantaggio del consumatore e puo’ essere rilevate d’ufficio dal giudice”, si chiede che “la sentenza venga cassata sul punto, esprimendo il principio per cui – in ipotesi di fideiussione (sic) per valutare l’applicabilita’ delle norme del Codice del Consumo (ed in particolare degli articoli 33-34-35-36) si debba aver riguardo alle caratteristiche del soggetto che ha assunto l’impegno fideiussorio e non al contraente principale”.
4. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, atteso che concernono entrambi il problema dell’applicabilita’ al contratto autonomo di garanzia (o c.d. garanzia a prima richiesta) del Codice del Consumo.
Il secondo motivo postula la non rispondenza al paradigma dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 sotto il profilo della c.d. effettivita’ della motivazione con cui la corte territoriale ha escluso che riguardo al contratto fra ricorrente e creditrice garantita avesse rilievo quel codice, assumendo che il profilo consumeristico non sussistesse in capo al ricorrente perche’ ai fini dell’applicazione del medesimo si sarebbe dovuto fare riferimento alla posizione del debitore garantito.
Il terzo motivo postula che tale motivazione, se effettiva, sarebbe sbagliata in iure.
Il secondo motivo vede stemperarsi la sua sostanza nel terzo, in quanto l’intrinseca contraddittorieta’ che prospetta nella motivazione della sentenza impugnata per avere, nonostante la qualificazione della garanzia come autonoma, ritenuto che al ricorrente, quale garante, spettasse la posizione consumeristica solo se riconoscibile al debitore garantito, cosi’ contraddicendo detta riconosciuta autonomia, in realta’ si risolve nella censura espressa con il terzo motivo, postulando il preteso error iuris denunciato con esso.
4.1. Il terzo motivo e’ parzialmente fondato.
Va premesso che il suo scrutinio impone a questa Corte di prendere posizione sul rapporto fra il contratto autonomo di garanzia o c.d. garanzia a prima richiesta ed il Codice del Consumo con riguardo alla disciplina del Titolo I della Parte III, che reca le disposizioni sui contratti del consumatore in generale e, in seno ad esse e per quello che interessa in questa sede, quella delle c.d. clausole vessatorie.
Va rilevato che avendo la corte territoriale affermato che il contratto garantito dal qui ricorrente, cioe’ quello di pilotaggio fra (OMISSIS) e la (OMISSIS) fu un contratto in relazione al quale il primo non rivesti’ la figura di consumatore, e non essendo stata la relativa affermazione censurata, su quest’ultima si deve ritenere formato un giudicato interno.
In secondo luogo, si deve rilevare che la questione giuridica posta dal ricorrente ha rilevanza soltanto con riferimento alla clausola t) dell’articolo 33 Codice del Consumo, in quanto e’ tale clausola, la’ dove allude alle limitazioni della facolta’ di proporre eccezioni, che risulta pertinente rispetto al contenuto del contratto di garanzia a prima richiesta di cui e’ processo, giacche’ astrattamente idonea a comprendere la clausola a prima richiesta che e’ direttamente contenuta nel detto contratto. L’evocazione della clausola f) risulta, invece, incomprensibile, perche’ pertinente non ad una clausola del contratto di garanzia, bensi’ del contratto di pilotaggio: invero, la clausola penale ricollegata alla pretesa risoluzione per un inadempimento grave del contratto di pilotaggio e’ una clausola di tale contratto e non di quello di garanzia. Interrogarsi su una sua rilevanza rispetto al contratto di garanzia a prima richiesta sarebbe possibile solo se in esso fosse stata prevista una clausola penale ricollegata all’inadempimento della prestazione di garanzia.
4.2. Cosi’ ristretta la pertinenza del motivo, venendo all’esame del problema dell’atteggiarsi del contratto autonomo di garanzia rispetto al Codice del Consumo, il Collegio rileva che questa Corte ha espresso una decisione, Cass. n. 25914 del 2019 (non massimata), la quale ha affermato in via generale che la configurabilita’ della posizione di consumatore in capo al garante va apprezzata direttamente con riguardo allo stesso rapporto di garanzia e non in via derivata e riflessa mutuandola da quella del debitore garantito, desunta dal rapporto oggetto della prestazione di garanzia. Tale decisione, dopo avere sostanzialmente – registrato che la CGUE ha assunto come oggetto della sua statuizione nelle decisioni evocate da parte ricorrente un rapporto contrattuale che ha individuato come “contratto di garanzia o di fideiussione (….) accessorio rispetto al contratto principale da cui deriva il debito che garantisce”, cosi’ mostrando chiaramente di riferirsi ad una fattispecie di contratto di garanzia corrispondente a una figura tipica (secondo l’ordinamento italiano), la’ dove ha evocato la figura della fideiussione, e, la’ dove ha evocato la generica figura della garanzia, ad una figura che comunque non ripete i caratteri della c.d. garanzia autonoma o a prima richiesta, posto che l’ha comunque individuata come accessoria rispetto al contratto principale e, quindi, connotata da un profilo che contraddice i caratteri della garanzia autonoma e a prima richiesta, come scolpiti dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 3947 del 2010, ha ritenuto che per il contratto autonomo di garanzia proprio il carattere dell’autonomia giustificasse a fortiori la valutazione della posizione del prestatore di garanzia come consumatore con riferimento a detto contratto. Ne ha rinvenuto una conferma nella circostanza che, con riferimento alla fideiussione e ad una garanzia accessoria al rapporto garantito, la CGUE abbia, nonostante appunto il nesso di accessorieta’, affermato la stessa soluzione.
4.2. Il Collegio ritiene che l’affermazione della soggezione del contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, quale figura contrattuale atipica espressione dell’autonomia privata ai sensi dell’articolo 1322 c.c. all’applicazione della disciplina consumeristica sui contratti del consumatore in generale e, particolarmente, su quella delle c.d. clausole vessatore, di cui all’articolo 33 Codice, sia da condividere, ma reputa necessario approfondirne le ragioni.
E’ necessario, infatti, interrogarsi sull’esistenza di eventuali limiti di tale applicazione e cio’ avuto riguardo al profilo della causa della figura di contratto atipico in discorso.
Tale profilo causale, che esprime la stessa atipicita’ del contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, e’ stato, com’e’ noto, individuato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 3947 del 2010 nei termini riassunti dal seguente principio di diritto, che ne ha segnato i caratteri distintivi dalla fideiussione: “Il contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex articolo 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che puo’ riguardare anche un fare infungibile (qual e’ l’obbligazione dell’appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l’identita’ tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante); inoltre, la causa concreta del contratto autonomo e’ quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorieta’, e’ tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore e’ un “vicario” del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perche’ non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensi’ ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.”.
Le stesse Sezioni Unite hanno, altresi’, affermato che “L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per se’ a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorieta’ che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale” (c.d. exceptio doli).
La causa del contratto autonomo di garanzia, intesa come espressione di quella meritevolezza di tutela cui allude l’articolo 1322 c.c., comma 2, che giustifica che le parti concludano un contratto non riconducibile ad uno dei tipi previsti dall’ordinamento, e’ cosi’ individuata nella prestazione della garanzia per il fatto oggettivo dell’inadempimento del debitore del rapporto garantito senza che possano rilevare ragioni giustificative di tale inadempimento e, dunque, con esclusione della possibilita’ di opporre eventuali eccezioni che potrebbero farlo ritenere giustificato.
Stante l’individuazione in tali termini del profilo della causa atipica del contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta e, dunque, l’inerenza del divieto di opporre eccezioni giustificative dell’inadempimento del debitore la cui prestazione e’ stata garantita, la c.d. clausola a prima richiesta e senza eccezioni diventa una previsione che, in quanto espressiva della causa atipica del negozio, rappresenta la ragione giustificativa della sua stipula e dunque, fermo che non e’ a fortiori – una clausola inserita in un tipo contrattuale che altrimenti potrebbe prescinderne, nemmeno assume i caratteri di clausola eventuale rispetto allo schema atipico. Si vuol dire, cioe’, che la previsione non e’ a stretto rigore una clausola nel senso cui vi si riferisce il Codice del Consumo nell’articolo 33, il quale suppone che il contratto possa essere concluso senza quelle che vengono definite come clausole che sono definite vessatorie nel comma 1 e riguardo alle quali il comma 2 individua poi alcune ipotesi contenutistiche cui assegna in via presuntiva natura vessatoria. Nella norma dell’articolo 33, comma 1, con previsione che connota pure il profilo delle clausole poi presunte vessatorie nel comma 2, la nozione di clausola e’ riferita ad un contenuto del contratto, che se non fosse previsto, non toglierebbe la possibilita’ di concluderlo senza di esso.
Nel contratto autonomo di garanzia, la c.d. clausola a prima richiesta e senza eccezioni, se non sussistesse, non consentirebbe la stipula di una pattuizione riconducibile a detto contratto, ma assegnerebbe all’eventuale accordo inter partes un profilo causale diverso, nel senso che non sarebbe possibile assegnare all’accordo il profilo atipico del detto contratto.
Da quanto osservato potrebbe allora derivare una duplice opzione ermeneutica.
4.3. Secondo una prima opzione si potrebbe ritenere che la previsione della garanzia a prima richiesta e senza eccezioni non si debba considerare come clausola presuntivamente vessatoria ai sensi dell’articolo 33, comma 2, lettera t) Codice del Consumo e che, dunque, non sia riconducibile alla previsione contenuta in tale lettera delle “limitazioni della facolta’ di opporre eccezioni”, mentre nulla osterebbe all’applicazione alla garanzia a prima richiesta di previsioni di altre lettere dell’articolo 33, in quanto alle loro previsioni possano essere ricondotte clausole del contratto di garanzia a prima richiesta: si pensi ad una clausola come quella di cui alle lettera b), c), f), g), etc., ed anche gli stessi altri contenuti della clausola di cui alla lettera t) (come quelli concernenti decadenze, competenza, etc.).
Peraltro, l’applicabilita’ dell’articolo 33, lettera t) si potrebbe predicare comunque per la clausola che limitasse la facolta’ di opporre eccezioni concernenti non gia’ il rapporto garantito (salvo l’exceptio doli generalis, naturalmente, che resterebbe comunque proponibile), bensi’ lo stesso contratto autonomo di garanzia: si pensi ad un’eccezione relativa all’inadempimento di un obbligo di informazione assunto dal creditore in ordine allo svolgimento di tale rapporto.
A giustificazione dell’assunto per cui l’articolo 33, lettera t) non dovrebbe operare per l’esclusione della proponibilita’ di eccezioni relative al rapporto garantito, si potrebbe addurre che una diversa soluzione, cioe’ quella di considerare la “clausola” a prima richiesta e senza eccezioni come clausola presuntivamente vessatoria ai sensi della detta lettera, determinerebbe, una volta applicata, conseguenze del tutto eccentriche rispetto a quelle che il Codice ricollega all’accertamento in senso positivo della c.d. vessatorieta’ di una clausola presunta tale.
Com’e’ noto, di fronte a clausole presuntivamente ritenute vessatorie ai sensi dell’articolo 33, comma 2 ai fini dell’accertamento in concreto del carattere della vessatorieta’, l’articolo 34, comma 4 prevede in via generale, con le sole eccezioni indicate dall’articolo 36, comma 2 che la vessatorieta’ rimanga esclusa e, dunque, la clausola sia valida ed efficace, se la stipulazione della clausola sia stato “oggetto di trattativa individuale” (prova di cui e’ notoriamente onerato il professionista), mentre, qualora non risulti dimostrata l’esistenza di tale trattativa lo stesso articolo 36, comma 1 dispone che la clausola debba considerarsi nulla ed il contratto valido senza di essa.
Ora, e’ evidente che il meccanismo di tutela previsto in questo secondo caso, se si applicasse alla clausola a prima richiesta e senza eccezioni, comporterebbe non gia’ la conseguenza che, una volta considerata nulla la clausola de qua, conservi validita’ lo stesso contratto, bensi’ la conseguenza della permanenza di un regolamento contrattuale che non sarebbe corrispondente alla figura contrattuale scelta dalle parti, ma si connoterebbe come un contratto diverso da quella atipico della garanzia autonoma. Alla causa contrattuale atipica voluta dalle parti si sostituirebbe una causa del tutto diversa, sostanzialmente corrispondente al profilo del contratto tipico di fideiussione oppure – eventualmente – ad un profilo di atipicita’ comunque causalmente del tutto diverso. E’ palese che il meccanismo di tutela del consumatore che verrebbe ad operare si risolverebbe nella sostituzione al regolamento contrattuale voluto dalle parti di un diverso regolamento contrattuale e cio’ si porrebbe del tutto al di fuori della logica della tutela consumeristica.
D’altro canto, si deve rilevare che, una volta considerata la previsione della clausola a prima richiesta e senza eccezioni come espressiva ed individuatrice della stessa atipicita’ delle figura contrattuale della garanzia autonoma e, quindi, di una tipicita’ derivante dall’esercizio dell’autonomia privata delle parti, essendo il relativo accordo delle parti espressione di una loro scelta necessariamente libera circa la stessa conclusione del contratto, l’applicazione dell’efficacia salvifica della trattativa quale ragione di esclusione della tutela consumeristica potrebbe essere impraticabile: se “trattare” significa raggiungere un accordo dopo una ponderazione del contenuto dell’oggetto della trattativa e, dunque, all’esito di una scelta che consideri tale contenuto, si potrebbe pensare che la conclusione della garanzia autonoma sarebbe sempre espressione di una trattativa, in quanto inerente alla stessa scelta della figura contrattuale e non di sue clausole. Poiche’ la conclusione del contratto esprime, salvo che sia dovuta all’intervento di una patologia sulla volonta’ della parte, una scelta dello schema contrattuale che, implicando la necessaria considerazione dello stesso, appunto necessariamente si sceglie di far divenire accordo contrattuale, non si vede come potrebbe non dirsi oggetto di “trattativa” appunto la scelta dello schema atipico di cui trattasi. In altri termini, venendo in considerazione la conclusione di un contratto con un certo contenuto estraneo ai tipi contrattuali previsti dalla legge, la scelta di darvi corso, supponendo necessariamente la manifestazione di volonta’ delle parti in tal senso, non si vede come potrebbe non considerarsi frutto di “trattativa”.
La situazione potrebbe sembrare del tutto diversa da quella della conclusione di un contratto tipico, previsto dall’ordinamento, nel quale, al di la’ di quanto previsto dalla disciplina dello stesso tipo contrattuale, risultino inserite ai sensi dell’articolo 1322 c.c., comma 1 clausole vessatorie alla stregua del comma 1 o clausole presuntivamente tali secondo il comma 2. In questo caso si potrebbe opinare che, trattandosi di clausole che si aggiungono al minimum previsto dalla disciplina legale del tipo contrattuale prescelto ed aggiungono impegni a carico dello stipulante consumatore sebbene compatibili con la causa del contratto tipico che si e’ scelto di stipulare, effettivamente l’inserimento delle clausole possa o non possa essere frutto di trattativa, mentre la scelta del tipo contrattuale rimanga sempre espressione di una trattativa.
La conclusione che si potrebbe enunciare sarebbe allora che, ferma la soggezione in generale del contratto di prestazione di garanzia autonoma (c.d. garanzia a prima richiesta e senza eccezioni) alla disciplina consumeristica, ad esso si dovrebbe ritenere inapplicabile la previsione dell’articolo 33, comma 2, lettera t) quanto alle limitazioni alla facolta’ di opporre eccezioni non gia’ con riguardo allo stesso contratto di garanzia autonoma, bensi’ con riferimento alle eccezioni relative alle ragioni dell’inadempimento del garante che giustifica l’escussione della garanzia, in quanto il presupposto del verificarsi dell’inadempimento come giustificazione giustificazione sufficiente dell’obbligo di garanzia e’ espressione ed opera sul piano stesso della causa del negozio atipico di cui trattasi.
La norma dell’articolo 33, comma 2, lettera t), oltre a trovare applicazione per il resto, e’ invece applicabile, proprio per la soggezione del contratto alla disciplina di tutela del consumatore, con riferimento a clausole di limitazione della opponibilita’ di eccezioni relative allo stesso contenuto del contratto atipico riguardo a profili estranei alla previsione della garanzia a prima richiesta e senza eccezioni relative al rapporto garantito e cio’ in quanto esse non ineriscono alla causa del negozio si configurano come clausole previste dalle parti a valle della scelta stessa della figura atipica.
La soggezione in generale del contratto autonomo di garanzia alla disciplina consumeristica comporta, altresi’, la conseguenza che in relazione ad esso, ove il garante sia un consumatore, troveranno applicazione le altre ipotesi di clausole presuntivamente vessatorie previste dall’articolo 33: la ragione e’ che queste altre clausole sono estranee al profilo causale dell’atipicita’ del contratto e, dunque, in relazione ad esse non vi e’ alcun ostacolo all’applicazione della disciplina degli articoli 33 e segg. del Codice, che puo’ avvenire secondo la logica che la regola.
I principi di diritto che andrebbero affermati dovrebbero, dunque, essere i seguenti: in relazione al contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni l’accertamento dell’eventuale posizione di consumatore del garante deve avvenire con riferimento ad esso e non sulla base del contratto garantito. Nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore e’ applicabile a sua tutela la disciplina degli articoli 33, 34, 35 e 36 Codice del Consumo, ma la previsione dell’articolo 33, lettera t), quanto alla clausola di limitazione della proponibilita’ di eccezioni e’ applicabile solo riguardo alle limitazioni inerenti ad eventuali eccezioni relative allo stesso contratto di garanzia e non quanto all’esclusione della proponibilita’ di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore garantito, atteso che tale esclusione appartiene al profilo causale atipico del contratto di garanzia a prima richiesta.
Sulla base dell’applicazione di tali principi il terzo motivo si dovrebbe ritenere fondato quanto all’affermazione dell’apprezzamento della posizione consumeristica del garante qui ricorrente secondo il criterio del c.d. professionista di riflesso o di rimbalzo, essendo erronea l’affermazione della corte lagunare che il ricorrente mutuerebbe la posizione di professionista del figlio (pilota) e dovendo, invece, affermarsi che la sua posizione di consumatore doveva essere apprezzata con riferimento alla stipulazione del contratto di garanzia stesso.
La fondatezza sotto tale profilo del terzo motivo, tuttavia, non giustificherebbe la cassazione della sentenza.
La negazione dell’applicazione della tutela consumeristica risulterebbe in concreto giustificata da altra ragione, la quale, non occorrendo accertamenti di fatto, e’ individuabile in questa sede: la clausola di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni, per quanto si e’ detto, essendo espressione dello stesso profilo causale del contratto, non sarebbe riconducibile all’articolo 33, lettera t per cui, se anche si apprezzasse la posizione del ricorrente come consumatore, siccome lui sostiene, la clausola non potrebbe essere sottoposta alla valutazione circa l’esistenza o meno della trattativa ai sensi dell’articolo 34, comma 4 Codice di Consumo.
Dunque, la cassazione della sentenza per essere stata negata erroneamente la qualita’ di consumatore del ricorrente sulla base dell’erroneo principio del “professionista di riflesso” o “di rimbalzo”, risulterebbe inutile.
La negazione della tutela consumeristica, una volta che la posizione di consumatore fosse riconosciuta al ricorrente sulla base della valutazione del contratto autonomo di garanzia, risulterebbe irrilevante, per quanto si e’ sopra osservato, a proposito della pretesa mancata applicazione della norma di cui all’articolo 33, comma 2, lettera f, posto che la clausola penale concerneva il contratto garantito.
E, peraltro, il Collegio dovrebbe rilevare che la questione dell’applicabilita’ della tutela consumeristica rispetto a tale previsione risulterebbe anche preclusa in questa sede dalla formazione della cosa giudicata interna per quello che si rileva dalla stessa prospettazione fatta dal ricorrente dello svolgimento processuale.
Risulta, infatti, dall’esposizione del fatto – pag. 7, punto v. – che il ricorrente si dolse con l’appello della mancata applicazione della disciplina consumeristica solo con riferimento alla clausola limitativa della facolta’ di opporre eccezioni inerenti al rapporto garantito (e, fra l’altro, la lettura dell’atto di citazione in appello, prodotto dal ricorrente lo conferma).
4.4. Il Collegio ritiene, tuttavia, che si debba privilegiare una seconda opzione interpretativa, la quale, ferma la generale applicabilita’ della tutela consumeristica alla garanzia autonoma o a prima richiesta, porta a giustificare l’applicabilita’ dell’articolo 33, lettera t) anche al divieto di proposizione di eccezioni relative al rapporto garantito, cioe’ alla clausola stessa che connota ed individua l’atipicita’ di detto contratto.
Induce a tale conclusione, in primo luogo l’esatta lettura della fonte comunitaria in adempimento della quale e’ stato emesso il c.d. Codice del Consumo.
Essa evidenzia nei considerando precisazioni circa lo scopo della direttiva, le quali assumono rilievo decisivo per escludere che la disciplina consumeristica non debba trovare applicazione alla c.d. clausola di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni per il fatto che essa connota la stessa atipicita’ della figura contrattuale.
Invero, si deve osservare considerare che la Direttiva CE 93/13/CEE del 5 aprile 2005:
a) nel decimo Considerando assume che le regole uniformi in merito alle clausole abusive da adottarsi dagli Stati membri “devono applicarsi a qualsiasi contratto stipulato fra un professionista ed un consumatore” e di seguito indica i contratti esclusi dall’applicazione della direttiva nei contratti di lavoro, nei contratti relativi ai diritti di successione, nei contratti relativi allo statuto familiare e nei contratti relativi alla costituzione ed allo statuto delle societa’;
b) nel tredicesimo considerando, dopo avere registrato nel dodicesimo “che per le legislazioni nazionali nella loro forma attuale e’ concepibile solo un’armonizzazione parziale” e ribadito “che, in particolare, sono oggetto della presente direttiva soltanto le clausole non negoziate individualmente” e “che pertanto occorre lasciare agli Stati membri la possibilita’ di garantire, nel rispetto del trattato, un piu’ elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali piu’ severe di quelle della presente direttiva”, assume espressamente “che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive” e “che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonche’ principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o la Comunita’ sono parte”.
Ebbene, il contenuto del decimo Considerando palesa che l’ambito di applicazione della direttiva e’ stato indicato dal legislatore con l’espressa precisazione che le regole uniformi sulle clausole abusive da dettarsi dagli Stati membri debbano trovare applicazione a tutti i contratti, esclusi quelli espressamente indicati. Tale contenuto induce a dovere interpretare la disciplina di diritto interno necessariamente nel senso che essa, dovendosi applicare a tutti i contratti, esclusi quelli indicati, debba trovare applicazione sia ai contratti tipici sia ai contratti atipici contenenti clausole abusive e tanto implica una prima ragione per ritenere che la direttiva abbia imposto l’applicazione della tutela consumeristica sulle clausole abusive anche ai contratti atipici in cui la clausola presuntivamente abusiva esprima proprio l’atipicita’ della figura contrattuale.
Il contenuto del tredicesimo Considerando, la’ dove ha supposto “che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive” ed ha soggiunto “che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonche’ principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o la Comunita’ sono parte”, ha inteso implicitamente confermare che la direttiva deve trovare applicazione anche ai contratti atipici, giacche’ con la prima affermazione si e’ voluto dire che gli schemi contrattuali tipici, cioe’ quelli regolati dalle legislazioni nazionali, non contengono clausole abusive o sospette di abusivita’, e, dunque, oltre ad individuare come ambito di applicazione della direttiva tali contratti in quanto contenenti clausole abusive o presuntivamente tali, aggiuntive allo schema regolato dalla legge, anche a maggior ragione ed a contrario i contratti atipici, in quanto il loro schema non e’ individuato dalla legge nazionale.
In altri termini, se il legislatore comunitario ha espresso il convincimento che i contratti disciplinati dalle legislazioni nazionali non contengono clausola abusive o presumibili tali, cosi’ sottraendo all’applicazione della direttiva le clausole che identificano il singolo tipo contrattuale nelle leggi nazionali, ha inteso a fortiori, tenuto conto della proclamazione generalista del decimo Considerando, sancire che alla direttiva invece soggiacciono gli schemi contrattuali atipici, qualora contenenti clausole abusivi o presunte tali e cio’ ancorche’ si tratti di clausole che, per cosi’ dire, esprimano proprio l’atipicita’ della figura contrattuale.
Ne segue allora che la legislazione italiana di attuazione della direttiva, la’ dove al Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 36, comma 1, sancisce che, nel caso di nullita’ di clausole abusive, il contratto rimane valido per il resto, non puo’ essere inteso nel senso ipotizzato in precedenza, cioe’ come escludente dall’a’mbito della sua applicazione l’ipotesi in cui la clausola presuntivamente considerata vessatoria dall’articolo 33 rappresenti l’espressione della atipicita’ di un contratto.
L’applicazione in tale ipotesi dell’articolo 36, comma 1 ancorche’ conduca alla conservazione del contratto senza il profilo che ne scolpiva l’atipicita’ non realizza un risultato incongruo rispetto allo scopo della direttiva, ma del tutto coerente con esso.
Inoltre, la stessa disposizione dell’articolo 36, comma 1 dicendo che il contratto “rimane valido per il resto” risulta di tale genericita’ da dovesi escludere che questa validita’ “per il resto” si presti a comprendere soltanto il profilo di un contratto atipico, cosi’ dovendosi reputare che il nostro legislatore nazionale non abbia affatto inteso esigere che la permanenza del contratto si debba intendere come permanenza del contratto tipico voluto dalle parti.
Tale esegesi e’ anche adeguata al fatto che nel ventunesimo Considerando il legislatore comunitario, dopo avere detto che le clausole abusive “non vincoleranno il consumatore”, ha detto che “il contratto resta vincolante per le parti secondo le stesse condizioni, qualora possa sussistere anche senza le clausole abusive”, il che evidenzia solo la necessita’ che, eliminata la clausola abusiva, il contratto possa comunque esprimere una sua funzione regolatrice dell’assetto di interessi. Il che e’ stato poi espresso chiaramente nell’articolo 6 della Direttiva, secondo cui, riconosciuta la no vincolativita’ delle clausole abusive, il contratto deve restare “vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive”.
Dunque, con un riferimento al contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, l’eventuale eliminazione da esso per abusivita’, in assenza di dimostrazione dell’esistenza della trattativa sul punto, della clausola a prima richiesta e senza eccezioni, se e’ vero che comporta il venir meno della funzione contrattuale che ne esprime l’atipicita’, non toglie che il contratto di garanzia possa sussistere fra le parti appunto come tale ma con la possibilita’ del garante di opporre le eccezioni relative al rapporto garantito che la clausola “a prima richiesta” impediva di opporre.
Si deve ancora osservare che la soluzione indicata non potrebbe ritenersi esclusa dalla Direttiva, sulla base del diciannovesimo Considerando, la’ dove prevede che “ai fini della presente direttiva, la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l’oggetto principale del contratto”, nonche’ dell’articolo 4, comma 2, della stessa, che i coerenza dispone che “La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte (…) sulla definizione dell’oggetto principale del contratto”.
Va detto anzi che il riferimento all’oggetto principale del contratto, applicato con riguardo al contratto autonomo di garanzia o a prima richiesta, impone proprio la soluzione che si esposta, atteso che detta clausola non sottende l’oggetto principale del contratto, che si deve identificare nella funzione di garanzia.
E’ appena il caso di rilevare che il rilievo che si e’ assegnato ai Considerando della Direttiva appare giustificato secondo la giurisprudenza della CGUE, la quale ancora di recente (Sentenza 11 novembre 2021 in C-315/20, paragrafo 28), che “secondo una giurisprudenza costante, anche se i considerando di un atto dell’Unione non hanno alcun valore giuridico vincolante e non possono essere fatti valere ne’ per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione, ne’ per interpretare tali disposizioni in un senso contrario al loro tenore letterale, essi sono tuttavia idonei a precisare il contenuto delle disposizioni di detto atto e forniscono elementi di interpretazione tali da chiarire la volonta’ dell’autore dell’atto medesimo (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Balgarska Narodna Banka, C-501/18, EU:C:2021:249, punto 90 e giurisprudenza ivi citata).”.
Le svolte considerazioni inducono, dunque, ad affermare i seguenti principi di diritto: “La disciplina degli articoli 33, 34, 35 e 36 Codice del Consumo trova applicazione anche ai contratti atipici e cio’, quanto alla previsione dell’articolo 36, comma 1, anche la’ dove la clausola accertata come abusiva esprima il profilo di atipicita’ del contratto. In relazione al contratto atipico di garanzia a prima richiesta e senza eccezioni, l’accertamento dell’eventuale posizione di consumatore del garante deve avvenire con riferimento ad esso e non sulla base del contratto garantito e nel caso di riconoscimento al garante della posizione di consumatore e’ applicabile a sua tutela la disciplina degli articoli 33, 34, 35 e 36 Codice del Consumo ed in particolare la previsione dell’articolo 33, lettera t) e cio’, quanto alla clausola di limitazione della proponibilita’ di eccezioni, sia con riferimento alle limitazioni inerenti ad eventuali eccezioni relative allo stesso contratto di garanzia, sia con riferimento all’esclusione della proponibilita’ di eccezioni relative all’inadempimento del rapporto garantito da parte del debitore garantito, con la conseguenza che in quest’ultimo caso, ove la clausola venga riconosciuta abusiva, il contratto conservera’ validita’ ai sensi del citato articolo 36, comma 1 ed il garante potra’ opporre dette eccezioni.”.
Applicando tali principi il terzo motivo dev’essere ritenuto parzialmente fondato e la sentenza va cassata con rinvio affinche’ il giudice del rinvio accerti, sulla base delle allegazioni effettuate dalle parti e imputandosi il relativo onere probatorio alla resistente, se la stipulazione della clausola 4.7. del contratto, che, giusta le complessive considerazioni di cui sopra si deve ritenere presuntivamente vessatoria, sia stata oggetto di trattativa individuale ai sensi del Decreto Legislativo n. 206 del 2005, articolo 34, comma 4.
5. Con il quarto motivo si deduce “violazione/falsa applicazione dell’articolo 1957 c.c. ai sensi dell’articolo 3660 c.p.c., comma 1, n. 3” e ci si duole della motivazione con cui la corte territoriale ha rigettato il settimo motivo di appello evocando il principio di diritto, enunciato da Cass. n. 7883 del 2017, secondo cui “Il contratto autonomo di garanzia reca come connotato fondamentale l’assenza di accessorieta’ dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante, essendo la prima qualitativamente diversa dalla seconda, oltre che rivolta non al pagamento del debito principale, bensi’ ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore; ne consegue, pertanto, una generale inapplicabilita’ a tale contratto del disposto dell’articolo 1957 c.c., salvo diversa specifica pattuizione intercorsa tra le parti, purche’ compatibile con le restanti clausole contrattuali.”.
Il motivo si limita ad argomentare evocando il principio di diritto affermato da Cass. n. 16825 del 2016, secondo cui secondo cui ” La deroga all’articolo 1957 c.c. non puo’ ritenersi implicita laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente, non solo perche’ la disposizione e’ espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorieta’ tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, puo’ essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perche’ una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorieta’, piu’ o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia e’ finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato articolo 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria. Ne consegue che, non essendo la clausola di pagamento “a prima richiesta” incompatibile con l’applicazione dell’articolo 1957 c.c., spetta al giudice di merito accertare la volonta’ in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione.”.
Il motivo non offre elementi per indurre a superare l’orientamento evocato dalla corte territoriale, il quale, gia’ affermato Da Cass. n. 22233 del 2014, risulta ribadito da Cass. (ordd.) nn. 18572 del 2018 30181 del 2018; Cass. n. 15091 del 2021, Cass., (ord.) n. 27438 del 2019, Cass. n. 25914 del 2019 (gia’ citata). Peraltro, tale orientamento ha dato continuita’ agli insegnamenti della gia’ evocata Cass., Sez. Un., n. 3947 del 2010.
Il motivo deve ritenersi inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1.
6. Conclusivamente e’ accolto parzialmente il terzo motivo di ricorso nei sensi sopra indicati ed il ricorso e’, per il resto rigettato. La sentenza e’ cassata in relazione al motivo parzialmente accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie parzialmente il terzo motivo di ricorso e rigetta per il resto il ricorso. Cassa la sentenza in relazione al motivo parzialmente accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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